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RELAZIONI ISTORICHE DE’ POPOLI CICOLANI IN PROVINCIA DELL’AQUILA 1799

Posted by on Nov 3, 2022

RELAZIONI ISTORICHE DE’ POPOLI CICOLANI IN PROVINCIA DELL’AQUILA 1799

Concernenti le loro imprese col nemico sotto il comando in Capo Del Generale delle Masse

D. GIOVANNI SALOMONE e sotto la condotta del Sig. Abate Curato di S. Nicola del Sambuco D. VINCENZO MICARELLI

[3 Pagine e forse la premessa mancanti – inizio a pag.4] …seoli, Vazia, Corbione, e Vola, che gl’Istorici la chiamavano col nome di Città grande, quale idea non ci fanno concepire della cultura, e possanza di queste Popolazioni!

Molti tempi qua, e là dispersi, la cui esistenza ancora combatte colla voracità del tempo, caratterizzano la lor dottrina, e saviezza. S.Angelo in Aquilone sopra Fiamignano. S.Gio.Laterano nel Borgo Collefecato, S.Elpidio nella Torre di Taglia, S.Mauro in Castel Manardo, e gli antichi muri passato il Colle Mazzolino, non sono essi residui di quell’antica costruzion di pietre, a cui la degenerazione dell’Arti non essendo potuta più giungere, forma l’origine di un’Era anteriore all’epoca de’ tempi a noi conosciuti; ma siccome questo non è per ora il nostro assunto, e ci riserbiamo di produrne un Saggio in un’opera più completa, così ci ristringiamo al solo oggetto di dare una breve contezza del presente Stato di Cicoli ristretto nel solo partaggio, che abbraccia l’esistenti Università, che qui appresso si descrivono.

Sebbene sotto il nome di Cicoli vengan comprese le sole Terre soggette ai Signori Principi Barberini, sono nondimeno con tale denominazione anche chiamate le Università de’ Stati vicini. È d’uopo perciò di produrre la nomenclatura di esse. Cominciando dunque dalla parte dell’Antica Via Salaria, che dalla Valle Cotilia (oggi di Città Ducale) diverge passato il piano a destra, si ascende nella Vallata di Cicoli. Le sue Terre principali sono Pendenza, Capradosso, Staffoli, Petrella, Mareri, Poggio Poponesso, Gamagna, Sambuco, Poggio Viano, Torre di Taglia, Castel Manardo, Borgo Collefecato, Turano, Corvaro, e S.Anatolia: il Fiume Salto interseca da queste Gergenti, e Peschio Rocchiano, che sono parimenti della medesima pertinenza: Ecco tutto il comprensorio, che si chiama Cicoli, essendo questo nome di Regione, e non di Paese come si è confuso in tutte le Carte Geografiche. Questi Stati, che fanno tutti frontiera colle Terre del dominio Pontificio, erano anticamente della Famiglia de’ Conti Mareri, che traeva la sua origine da Duota Contessa de’ Marsi de’ Principi Longobardi, e da un ramo de’ Reali di Francia. Estinta questa razza, Peschiorocchiano passò ai Principi Savelli, quindi ai Baldinotti, Carpegni, ed in ultimo al Barone Arnone, che ne è utile Signore. Gli stati di Corvaro furono degli Orsini, e quindi de’ Colonnesi, a cui son rimasti, Borgocollefegato, e sue Ville è de’ Signori Ciampella. Castelmenardo che fu de’ Cesarini è oggi del Sig. Duca Gurgo. Torre di Taglia de’ Signori Falconj, e Torano de’ Signori Antonini. Tutto il resto è de’ Signori Principi Barberini di Sciarra Colonna, eccettuatone Capradosso, che è soggetto agli Abbati di S.Salvatore Maggiore, e che si amministra a nome del Re. Tutta questa comarca ha all’oriente i Marsi, a mezzogiorno i Sabini, ad occidente i Reatini, e a Tramontana la catena de’ Monti Appennini, che lega coi Vestini. Questi abitanti per natura feroci, aspri, e guerrieri hanno docilizzato la loro indole col continuo commercio, che fanno collo Stato Romano. Fin nei primi tempi di Roma se ne fa menzione. Da questi Anco Marcio fece apprendere ai Sacerdoti il dritto Feciale, per poter ritologicamente, e con ragione far le guerre. Il Supplemento delle XII Tavole fu parimente presi da questi, e perciò Servio, dice, che furon chiamati Aequi, cioè giusti. Tarquinio Superbo volendo consolidare il suo regno, e temendo degli Equicoli antica gente valorosa, al dir di Livio, vi formò alleanza, ed amicizia. Virgilio ce li descrive per Montuosi, e che armati esercitassero la terra, e che traessero sempre nove prede da’ vicini nemici paesi. Le lor guerre secolari hanno costato sangue, e travagli all’antica Roma; or vinti, or vincitori; ora respinti, ed ora alle porte di detta Città, non si potevano né abbattere, né sottomettere: finché Cincinnato nell’ingrandimento della sua Repubblica li distrusse fino all’eccidio. Questo genio guerriero, questo spirito marziale, che li ha sempre animati, ora nelle presenti guerre si è di nuovo sviluppato, ed ha riacquistata l’antica energia. In fatti nella invasion de’ Francesi le Masse di questa popolazione sono state le più valide, e numerose per reprimere la baldanza de’ nemici, che minacciavan di distruggere tutti i fedeli de’ reali dominj. Ad onta delle minacce di un vincitore superbo, e feroce, e al sentirlo già possessore di quasi tutta l’Italia; questi popoli invece di sottomettersi, raddoppiavano le loro azioni, e sebbene soggetti allo sbocco immediato del nemico, quello, che non poteva avvenire agli altri paesi dell’interno, non vollero cedere alla forza, né alla superiorità.

Ingresso de’ Francesi nel Regno.

Sbandato il Reggimento Real Italiano a Papigno s’inoltrarono i Francesi dopo alcuni giorni in Città Ducale, gonfi de’ lor trionfi. Al primo di Dicembre s’intese l’infausta nuova. Tutta la truppa reale, che stava in questa Città di frontiera si ritirò nell’Aquila; le Masse del Cicolano co’ loro rispettivi Capi per impedire gli ulteriori avanzamenti nemici, pensarono di coalizzarsi, e farli fronte ne’ luoghi angusti fra le gole di Due Monti, dove si dovevano effettuare il loro passaggio nella via Salaria sul Ponte del Velino. L’Abate D, Vincenzo Micarelli Curato di S.Nicola del Sambuco in Cicoli, medianti le sue buone insinuazioni, col foco del zelo in trasporto della Religione, e coll’entusiasmo dell’amore, e rispetto verso del Sovrano animò talmente que’ Popoli, che da timidi, ed imbelli, riacquistando l’energia del lor carattere subito se ne vide intorno adunate più migliaja: con esse s’inoltrò verso Capradosso, e Pendenza, e per tutta la strada crescendo la moltitudine la divise in varie colonne, la postò ne’ luoghi più vantaggiosi pel favore del sito, e tutto dispose per vendere a caro prezzo il suo sangue, e quello de’ suoi seguaci. Varie voci però sparse o dal timore, e dalla malizia non accertavano per colà il passo de’ nemici; sicché essendo tutta la frontiera esposta alla irruzion de’ medesimi, né sapendosi dove potessero sbucare, distrasse parte delle Masse per guarnire que’ posti scoperti, dove si poteva più temere per la invasione anche del Cicolano. Con queste providenze, sebene s’impedisse al nemico una desolante scorreria, non si poté però impedire, che non isboccasse dalla parte di Borghetto, e di Antrodoco, dove essendovi i volontarj Cacciatori di Frontiera, furon dispersi, e fugati, e si aprirono la libera via per la Città dell’Aquila dopo essersi trattenuti per più giorni in Città Ducale. Il Micarelli cogli altri Capimassa di Cicoli, inteso che i Francesi eran di già Padroni di que’ siti, che le angustie del luogo, e ‘l favor della natura, se fosse stato unito al coraggio, ed alla bravura, si sarebbero potuti rendere insuperabili, pensò di tagliarli ai fianchi la via, ascese perciò co’ suoi nelle vette de’ Monti: Varcò i sentieri più dirupati, e scoscesi: penetrò in seno delle foreste, ma non giunse in tempo. Le acque dirotte, la oscurità della notte, le strade incerte, e rovinose, che se falliva un piede, guidavano ad un precipizio interminabile, non gli produssero altro che disaggio, e disperazione. Non si sgomentò però. Fece un fervoroso discorso, che animò le Masse a seguirlo, e col suo Coadjutore D.Felice Colasi per le alture de’ Monti si portò a Rojo, paese dirimpetto all’Aquila. I Francesi ad onta del vivo foco, che il Comandante delle Masse degli Amitermini D.Giovanni Salomone faceva dalla parte di S.Giuliano, la Città dell’Aquila, ed il Castello senza difesa, e senza forza fu presa, saccheggiata, e tassata della imposizione di trentaseimila ducati ai 17 Dicembre 1798.

Dopo pochi giorni avendovi lasciata competente Guarnigione sotto gli ordini del Comandante Nollent partì il General di Divisione Lemoine con tutta la Colonna. Il Micarelli a cui eran mancate le proviste da bocca per non dare aggravio a Rojo, tornò in Cicoli; quivi s’impiegò assiduamente a predicare la difesa della Religione, adunò gente, si diede moto per la buona causa, e pensò di allearsi con altri Capi delle vicinanze dell’Aquila, co’ quali unite le sue forze avesse potuto discacciare il nemico.

Come della prima resistenza, che fece il General
Salomone ai Francesi ne venisse l’universale
Armamento della Provincia.

Fissata la Guarnigione nella Città dell’Aquila, cercava di mettere a contribuzione tutti i vicini villaggj; D.Giovanni Salomone Comandante le masse di Arischia Costante, e fedele suddito di S.M. non volle affatto ubbidire agli ordini Francesi: e resisté alle lor forze, le represse, e fu origine, che tutti i Popoli contermini animati dal suo esempio, in vece di deporre le armi, si accingessero alla difesa, e tenessero lontano un nemico imperioso che giornalmente li minacciava. Questo illustre difensore, a cui deve la Provincia la sua liberazione, questo acerrimo Realista, che per puro sentimento di fedeltà, e pel solo attaccamento al suo Sovrano misse tante volte a rischio la sua vita, questo fu il primo a formare un corpo di masse ben organizzato senza tirar profitto dall’altrui sostanze, ma solo per estirpare il Nemico, e ristabilire i dritti del Trono: il Micarelli informato di tutto ciò, che operava il Salomoni, e sapendo le brave disposizioni che aveva dato pensò di coalizzarsi col medesimo. Vendute perciò molte sue derrate, prodotti dell’Abbadia, comprò tutta quella quantità di polvere, che potesse esser necessaria per replicati attacchi; si accinse quindi a girare per tutte le Contrade del Cicolano, e con prediche, e con promesse le incoraggì a seguirlo. Eseguito felicemente tuttociò si conferì al Comandante Salomone, formò con esso varj piani, e si stabilì di porre uno stretto assedio intorno all’Aquila tanto per impedire le sortite al Nemico, quanto per costringerlo a rendersi per mancanza di provisioni. Furono spedite perciò delle Lettere circolari, che ordinavano a nome del Re l’armamento di tutte le Popolazioni: Ognuna fu fedele, ognuna fu pronta all’armi, ma in particolare il Cicolano mantenne sempre il suo Governo sotto l’ombre delle Sovrane Leggi; non si fece sedurre dalle false voci de’ Francesi, che gli ripromettevano il dono della Libertà, e la Sovranità del Popolo, e mercè la buona condootta dei loro Capi non cadde neppure nell’Anarchia, in cui si vide la maggior parte del Regno. I Nemici, chemal soffrivano la resistenza delle masse, facevano ogni sforzo per democratizzare la Provincia. Cominciarono perciò a fare delle continue sortite, ma essendo queste sempre di loro svantaggio, quei bravi Realisti appresero a non più temere al lampo delle Armi Repubblicane, che credevano prima invincibili, e si posero in ardenza per dar l’assalto alla Città.

Il Salomoni scrisse ai 23 Gennaro una lettera al Micarelli, acciò coi suoi bravi, e valorosi Cicolani si fosse portato al suo accampamento per meglio concertare la presa dell’Aquila; Questi non induggiò di servire alla buona causa, si trasferì subito colla sua gente al Paese di Rojo, e quivi formò quartiere; fu lodato del suo coraggio dal Salomone, e come così d’appresso si fosse postato incontro al Nemico. Fu invitato ad un abboccamento in Coppito, dove risiedeva il Comandante, e gli fu spedita Patente di Cappellano, acciò anche in questa qualità potesse doppiamente prestarsi al Real servizio. Si concertò in tale occasione di attaccare il Nemico dentro l’Aquila, e si pensò d’intimarli la resa. Il Micarelli diresse a tale oggetto una lettera al Comandante Francese, con cui li dipinse il valore delle masse, la loro intenzione di non deporre le armi, se non avessero prima veduto ristabilito in Trono il loro Re, e tutto l’ardore de’ combattenti, che non potean frenarsi di assalire con numerose forze la Città, ed il Castello, a costo di ssagrificare tutto il lor sangue, la lettera seguente, che si trascrive interamente fu la risposta, che si ebbe.

Libertà                                                                            
Eguaglianza
Armata di Roma. Divisione…
Aquila 16 Piovoso An.7 della Rep.Franc.una ind.
Nollent Comand. Della Piazza
A Micarelli Capo dell’Armata Sociale di Cicoli.

Fate capire una volta a cotesto Popolo traviato, che torni alla primiera libera tranquillità, e deponga quelle armi, che ha impugnate contro chi lo ha reso libero col proprio sangue. Voi come Ministro di Religione  non dovete far altro, che predicarli la tranquillità, e la pace, e deponete le armi, che vi rendono indegno, sacrilego, ed infame avanti le Popolazioni tranquille, e pacifiche. Voi vi fate difensore di un Re, che più non esiste, e che da Palermo è fuggito in Inghilterra. Voi mi parlate di Religione, i Francesi la professano, ed io ne sono il difensore. Voi mi minacciate? Il minacciare i Francesi è lo stesso, che rendersi indegno del lor perdono, e farsi vittima di lor armi vittoriose. Voin tornate all’Altare, e sarete tranquillo.

Nollent

Non si sgomentò il Micarelli alle minaccie. Non credé alle assertive, e molto meno si fece sedurre dalle false voci di libertà, pace, e tranquillità.

curato da Raimondo Rotondi

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