RIBELLI E BRIGANTI (XI)
NUOVE AGITAZIONI NELLA ZONA DEL POLLINO – LA RIVOLTA DEI PEDALI
Non mancano certo nuove rivolte e nuovi tentativi di ribellione. Dopo la resa di Maratea, l’ultima roccaforte borbonica in Basilicata costretta il 10 dicembre del 1806 a cedere con l’onore delle armi al generale Lamarque, nella zona del Pollino, a Pedali, un casale di Viggianello, un fatto occasionale provoca una rivolta contro i francesi.
Nel dicembre del 1806 a Viggianello, un piccolo centro a ridosso del Pollino, viene disposto l’arresto di Francesco Palazzo del casale di Pedali resosi responsabile di omicidio. Il Palazzo, un popolano meglio conosciuto come Muscariello, ha molto ascendente tra i contadini del casale: nel 1799 egli ha promosso una manifestazione popolare contro gli agenti del feudatario conclusasi con l’uccisione di un bargello del principe di Bisignano signore di Viggianallo. Attaccato al governo legittimo, dopo la caduta della Repubblica Napoletana ha esercitato notevole influenza nella vita del suo paese ed ha goduto di particolare protezione da parte delle autorità locali e, dopo la conquista francese, è stato agente del Rusciani. Arrestato ora per omicidio, i contadini di Pedali ne pretendono la scarcerazione perché ritengono che egli abbia ucciso un amico dei francesi. Accorrono i contadini del casale di Viggianello, invadono le carceri baronali e liberano colui che li ha sempre difesi contro il barone e i suoi agenti. Soldati polacchi accorsi da Rotonda non riescono ad occupare Pedali, dove è rientrato il Palazzo, e sono costretti a ritirarsi. Interviene ora da Francavilla sul Sinni il colonnello Grasson. Pedali sta per cedere. Ma, in aiuto degli insorti, giunge dalla valle del Mercure Giuseppe Necco. Battuto a Castrocucco dal generale Pignatelli di Cerchiara mentre, il 4 dicembre, si dirige verso Maratea, il Necco non riesce a raggiungere il Mandarini. Ora, dopo la resa di Maratea ai francesi, risponde all’appello dei contadini di Pedali e, dai boschi del Serramala e del Ciàgola, si dirige con i suoi uomini verso il casale che sta per cedere ai francesi. Sorpreso alle spalle, il Grasson si ritira a Viggianello. Inseguito dagli insorti, non riesce a difendere il paese: Viggianello è posto al sacco e un amico dei francesi, Crisostomo Mazzioli, viene massacrato.
Anche se un galantuomo amico dei francesi è caduto vittima dei contadini di Pedali, questi non sono certo insorti contro il nuovo regime per difendere la causa di Ferdinando
IV. Essi si sono ribellati al potere costituito per sottrarre all’arresto un popolano che li ha difesi nel 1799 contro gli agenti baronali e nel quale essi ravvisano il difensore di una plebe immiserita ed offesa, desiderosa di avere un capo che sia in grado di difenderla contro gli egoisti e gli avidi padroni di terra. Considerati ora brigants per avere resistito ai francesi, anche Francesco Palazzo e i contadini del casale di Viggianello hanno bisogno di una bandiera. Suggestionati da Giuseppe Necco, che indica loro nei ricchi galantuomini amici dei francesi i nemici dei paria e della povera gente, i ribelli di Pedali e il loro capo scelgono per propria bandiera quella portata dai calabresi accorsi al comando di Giuseppe Necco in difesa del villaggio lucano contro i soldati del colonnello Grasson: E’ questa la stessa bandiera di chi reagisce contro il modo duro, barbaro e insultante e la ferocia con cui dai soldati francesi vengono trattate le popolazioni dei paesi occupati, dove anche i fautori del nuovo regime, fino all’ultimo dei suoi subalterni credono che sia loro tutto consentito e permesso. Anche i contadini di Pedali, ritenuti briganti per essersi opposti all’arresto di Francesco Palazzo, scelgono quella stessa bandiera che, contro la spietata azione repressiva dei soldati francesi, unisce i diseredati delle terre più povere del Regno di Napoli nelle manifestazioni del loro atavico e profondo rancore contro coloro che, per difendere le loro sostanze, non hanno esitato a tradire il loro sovrano e porsi al servizio del nuovo regime che assicura loro posizione preminente ed antichi privilegi nella società che viene realizzata con l’eversione della feudalità.
Forti del successo ottenuto a Viggianello contro il colonnello Grasson ed i galantuomini schierati con i soldati francesi, i contadini di Pedali con la bianca bandiera borbonica muovono ora contro Terranova del Pollino per punire coloro che hanno tradito il Rusciani. Dopo il sacco di Terranova è la volta di Francavilla sul Sinni che il Grasson non riesce a difendere. Dal Sinni il Muscariello e il Necco si spingono in Calabria. Battono e disperdono reparti regolari e saccheggiano Oriolo e Alessandria del Carretto. Diretti ora verso la Piana di Sibari, informatori comunicano che da Cassano reparti francesi muovono contro di loro. Poiché scarso affidamento danno le popolazioni a sud di Oriolo atterrite dalla ferocia con cui nell’agosto i francesi hanno punito i ribelli, il Necco consiglia di ritirarsi sul versante tirrenico e di unirsi ai ribelli che ancora operano nella Valle del Mercure e nei boschi del Palanuda. Ed i ribelli di Pedali salgono sul Pollino e scendono sui Lao. Ma il loro destino è segnato: divisi dal Necco, che si ritira in Calabria, essi depongono presto le armi.
A Castelluccio il loro capo cade in un tranello tesogli da una spia. Gli uomini che hanno seguito Muscariello non sfuggono ora ai francesi e soltanto pochi riescono a raggiungere le loro case.