RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (II)
I Gigli
Come si sa, a Nola è tradizione fare i gigli che sono molto interessanti ma non da meno sono quelli del quartiere Barra, non lontano da S. Giovanni.
Nel nostro vicoletto, dove c’era un bel gruppo di coetanei tra i 12 e 13 anni, quando si avvicinava il momento della festa dei gigli a Barra, si attivava per andare ad osservarli durante la costruzione, per imitarne poi la realizzazione di uno piccolo che comunque aveva un’altezza intorno ai 5m.
Per prima cosa si faceva una colletta con i risparmi di ognuno, per acquistare i materiali, costituiti per lo più da correnti di legno e chiodi.
Quando arrivava la domenica della festa dei gigli, nella mattinata veniva portato in giro nel vicinato, ricevendo encomi molti gratificanti. Con il cambiamento dei tempi, le nuove generazioni hanno abbandonato quelle iniziative per dare più spazio agli studi, infatti molti ragazzi incominciavano a frequentare anche le scuole superiori.
12/01/2023
Successivamente alla chiusura delle scuole, i miei genitori per tenermi impegnato, mi mandarono a fare il garzone di barbiere in un salone il cui proprietario era un conoscente di mio padre, e abitava nei pressi di casa nostra. In quei pochi mesi, prima che iniziasse il nuovo anno scolastico, imparai ad insaponare le barbe, preparando il lavoro a quelli più esperti che facevano la rasatura.
In quel periodo, i genitori mandarono mio fratello più piccolo (Tonino) in un nuovo collegio inaugurato a Bagnoli. Le visite si facevano nel pomeriggio di tutte le domeniche, e spesso ero io ad andarci, portandogli le leccornie che mia madre preparava per lui. L’anno successivo, Ciro il secondo fratello, andò per tre mesi in una colonia estiva ad Agerola, per arrivarci si prendeva il treno fino a Castellammare di Stabia e si proseguiva con un pullman che arrivava direttamente ad Agerola nei pressi della colonia. Al ritorno, i genitori acquistavano latticini e carne locale, tutto molto genuino e saporito. Anche Rita, la più grande delle due sorelle fu mandata alla colonia estiva di Mercatello, negli anni successivi ci andò anche Maria e quando andavamo a trovarle, ne approfittavo per fare anche un bagno in quel mare bello e pulito. Negli anni che seguirono, sempre insieme andarono per un paio di anni di seguito alla colonia montana di Roccaraso. L’unico figlio al quale fu risparmiato collegio o colonia fui io.
Sempre in quell’epoca, durante un lavoro con mio padre, mi entrò nell’occhio destro la punta di un filo di ferro che lacerò la cornea, provocando la perdita della vista da quell’occhio. Mio padre, con un’auto a noleggio mi portò prontamente da un oculista conosciuto, con ambulatorio a via dei Guantai Nuovi, il quale praticò alcune iniezioni intorno all’occhio per prevenire un’infezione, e per la gravità del caso mi mandò alla clinica oculistica di Sant’Aniello a Caponapoli, preannunciando il mio arrivo telefonicamente. Mi operarono subito e mi salvarono l’occhio. Quella clinica all’epoca era tra le più importanti del meridione e vi arrivavano pazienti anche da altre regioni. Era molto specializzata per problemi alla retina e infatti nella mia stanza del postoperatorio c’era una persona giovane di Taranto, arrivato per il distacco della retina. Era una persona simpatica e gli piaceva corteggiare una giovane infermiera quando arrivava nella stanza. La mia guarigione fu veloce e nelle successive visite di controllo, il medico che mi aveva operato disse che la vista non aveva subito alterazioni, e che quando arrivai, sul mio occhio non avrebbe scommesso una moneta falsa.
Negli anni successivi, avendo migliorato la mia manualità, nelle ore libere dagli impegni scolastici, mi dedicavo sempre di più a smontare tutti i macchinari comprati per la rottamazione. Capitava di smontare di tutto, anche motori di aeroplani. Tutto questo fino all’età di 17 anni quando presi il diplomino di elettromeccanico all’istituto professionale. Fu più tardi, durante il lavoro all’Enel, che compresi che il diplomino valeva poco per un eventuale concorso interno e decisi di prendere il diploma di perito elettrotecnico, che conseguii con buoni voti nel 1969, studiando di sera dopo il lavoro (ero ambizioso e avevo voglia di far carriera).
Dopo alcuni anni ci trasferimmo a via Bernardino Martirano in un appartamento più grande e moderno.
Assunzione all’ENEL
Nel 1960 la SEDAC, società elettrica della Campania del gruppo SME, acquisita successivamente dall’ENEL, organizzò un corso di addestramento della durata di 6 mesi, che superai brillantemente. Il corso fu fatto nel 1960 a Torre Annunziata dove già vi lavorava Giovanni Medugno, che era bravissimo nei lavori di alta tensione: saliva e scendeva dai tralicci di corsa e sostituiva le parti danneggiate impiegando la metà del tempo degli altri colleghi. Sarà citato ancora parlando della rete radiomobile.
Nel periodo di corso, molto spensierato, conobbi parecchi amici torresi, con i quali si organizzavano frequenti festicciole e balletti. I ragazzi che arrivavano da Napoli (miei amici) erano sempre benvoluti. Ed erano contente soprattutto le ragazze.
Successivamente fui assunto con posto di lavoro a Caserta, dove rimasi per 3 anni.
Fu in quel periodo che mi chiamarono per la leva, e fui riformato per ridotte attitudini militari, a quell’età ero magrissimo e forse anche il torace non era ancora del tutto sviluppato. Dopo il primo anno di lavoro, con i risparmi messi da parte, con un collega che già lavorava da qualche anno ed aveva una Fiat Topolino, facemmo un viaggio in Spagna, dove ci guardavano incuriositi per quella piccola macchina arrivata dall’Italia. Arrivammo fino a Madrid, e visitammo i luoghi più importanti come il museo del Prado, i dintorni e altre località tra le quali la valle dei caduti. Era un’area molto estesa dove furono sepolti i morti della guerra civile. In quel periodo c’era un governo totalitario con a capo il “generalissimo” Franco.
Per il trasferimento al costruendo centro regionale di telecontrollo di Napoli, dovetti superare una rigida selezione, fatta dalla Siemens, fornitrice dell’impianto e molto interessata affinché la gestione fosse affidata a personale preparato e affidabile.
Fu in quel periodo che acquistai la mia prima auto. Era una Opel Kadett che tenni per 7 anni, e mi servì anche per il lavoro, fui autorizzato all’uso della mia autovettura per recarmi sugli impianti periferici telecontrollati e disseminati sull’intera regione. Ciò fece aumentare lo stipendio, e i risparmi, insieme a qualche aiuto dei genitori, servirono dopo alcuni anni ad acquistare un terreno a Marzano Appio dove costruimmo la casa alla frazione Macini.
Sempre in quel periodo, con la nuova macchina andammo a Verona dove era militare di leva mio fratello Ciro in un reparto NATO. I miei genitori furono molto contenti per quel viaggio e prima di ritornare acquistammo nello spaccio della NATO diverse cose tra cui un paio di bottiglie di liquore di un colore strano (celeste) era di un paese del nord Europa. I prezzi privi delle tasse italiane erano bassissimi.
In quell’epoca, l’Enel era organizzato in due grossi settori, la Produzione e Trasmissione, in cui confluivano tutte le centrali elettriche e le linee ad alta tensione, e la Distribuzione, che si occupava della gestione dell’utenza sul territorio tramite Zone e Agenzie.
Dopo il trasferimento al centro di telecontrollo, vi fu un susseguirsi di corsi di aggiornamento e apprendimento delle nuove tecnologie di teletrasmissioni portate dall’azienda tedesca, che realizzò il più grande centro di quel tipo in Italia e in quell’epoca anche d’Europa (era uno dei primi centri di telecontrollo di una intera regione). Quell’impianto fu progettato e in parte costruito in Germania, durante il montaggio e l’attivazione furono presenti in più occasioni funzionari della casa madre.
Con il nuovo lavoro al centro di telecontrollo, feci la conoscenza di tutto il territorio dell’intera regione, sulla quale erano disseminati tutti gli impianti telecontrollati con l’ausilio di ripetitori radio installati a Montevergine e Monte S. Angelo di Cava al valico di Chiunzi. In quegli anni le telecomunicazioni ebbero uno sviluppo notevole, e l’Enel colse appieno questo progresso, realizzando una rete regionale radiomobile, che migliorò notevolmente la qualità del servizio elettrico. I ripetitori utilizzati erano gli stessi impiegati dal telecontrollo.
La nostra rete era un fiore all’occhiello dell’azienda, e si rese utilissima nel catastrofico terremoto del 1980, che colpì soprattutto l’Irpinia, lasciando isolati molti comuni per i molteplici guasti alle infrastrutture. Le notizie che arrivavano da radio e tv, davano l’immagine di un territorio completamente distrutto. La mattina seguente lasciai Sibylle e i bambini, con Laura nel pancione della madre, che ancora dormivano in macchina (non dormimmo a casa per paura di repliche), per recarmi prima dell’ora solita in ufficio, intuendo che ce ne fosse un gran bisogno dopo quel brutto sisma.
Al centro di telecontrollo con mia sorpresa trovai il vicedirettore, molto preoccupato per tutti i guasti provocati dal terremoto. Dopo un veloce aggiornamento sugli impianti guasti, mi chiese di recarmi subito a S. Angelo dei Lombardi, che era una delle aree più colpite. E anche il telecontrollo non funzionava. Partii con un altro collega, portando materiale che poteva essere utile al personale locale.
Nella stazione elettrica individuammo facilmente il guasto, che riuscimmo a riparare per riattivare il telecontrollo. Nel frattempo i colleghi locali ci chiesero alcuni apparati radio portatili, indispensabili per accelerare la ripresa delle linee a media e alta tensione, che fornivano elettricità agli altri comuni del circondario. Furono contenti per gli apparati che consegnammo loro, e lo fummo anche noi. La nostra lungimiranza era stata utile.
In quegli anni la protezione civile ancora non esisteva e l’occasione di quel sisma ne evidenziò la necessità, tanto, che subito dopo fu istituito quel dipartimento con a capo Giuseppe Zamberletti.
Dopo il ripristino del telecontrollo di S. Angelo, ci recammo a ripristinare l’impianto di S. Mango sul Calore, in quella stessa zona. Lungo la strada d’accesso al paese, assistemmo a scene strazianti: estraevano cadaveri dalle macerie e, solo scrivendo queste cose, mi ritornano i ricordi degli odori di quei corpi che iniziavano a decomporsi.
Quando fu tutto finito e terminata l’emergenza terremoto, ricevetti anche un encomio per l’impegno profuso in quegli avvenimenti.
Dopo quelle esperienze nelle teletrasmissioni, ho continuato a lavorare in quel campo molto interessante, che richiedeva però continui aggiornamenti presso le aziende fornitrici ubicate in prevalenza a Milano. Vi partecipavo sempre con molto interesse.
A seguito di cambiamenti organizzativi, in quel periodo mi fu affidato il reparto telecomunicazioni che comprendeva la rete radiomobile e la telefonia degli uffici centrali (Stendhal e G. Ferraris) e periferici (Zone e Agenzie).
La manutenzione degli apparati radiomobili, veniva fatta nel laboratorio di Galileo Ferraris e successivamente anche ad Avellino e Salerno dove c’erano rispettivamente Giovanni Medugno ed Ernesto Carucci, quest’ultimo si occupava anche della manutenzione di apparati e rete della Zona Sala Consilina.
La manutenzione delle centrali telefoniche di via Stendhal e G.F. veniva eseguita dal nostro personale, mentre gli uffici periferici di Zone e Agenzie erano curati dalla Telecom. Fu in quel periodo che proposi ai miei dirigenti di sostituire tutte le centrali telefoniche di Zone e Agenzie con apparati Enel, estromettendo Telecom. Avuto il benestare ci impegnammo a fondo per portare avanti questo progetto, che fu possibile grazie ai tecnici bravi e volenterosi che c’erano nel reparto. Chi eccelleva era Arcangelo Di Maio, che possedeva una specifica e pregressa esperienza nel campo telefonico.
Un giorno recandomi ad Avellino, rincontrai Giovanni Medugno che nel frattempo era stato trasferito nella sua città e da alcuni anni per hobby faceva il radioamatore. Ci fu una immediata sintonia e non fu difficile farlo trasferire al mio reparto che aveva una buona attinenza con i suoi hobby. Poteva occuparsi della manutenzione degli apparati radio di tutti gli uffici della zona e delle Agenzie, ma anche dei veicolari e portatili in un laboratorio che allestimmo per lui negli stessi locali Enel.
La mia carriera, in un’attività specialistica di non primaria importanza per l’ente elettrico, non fu veloce ma grazie al forte impegno che avevo sempre speso, il livello di capo sezione regionale con tre reparti alle dipendenze, che coprivano l’intero territorio della regione.
L’auto sopra citata, la Opel Kadett, mi accompagnò in moltissimi viaggi che feci con zia Rosa (sorella di mio padre) e il suo compagno: un ex collega in pensione e anche ex colonnello dell’esercito. Era molto bravo a programmare i viaggi che venivano pianificati come solo un ex militare sa fare. Citerò solo alcuni dei viaggi più belli: quello in valle d’Aosta e sul monte bianco, dove arrivammo con una funivia fino al rifugio più in alto e un altro in Svizzera che girammo in lungo e largo, arrivando anche sulla Jungfrau, una montagna tra le più alte e belle, ci arrivammo con un trenino a cremagliera. In quel percorso, in una giornata di bel tempo e forse festiva, dal trenino si osservava una moltitudine di persone e di intere famiglie salire a piedi.
Il Colonnello era appassionato di trenini e in quei viaggi ne comprava alcuni originali della Marklin.
Ora loro, i genitori ed i nonni ci guardano da lassù continuando a darci la loro protezione.
I miei genitori: mio padre morì a 66 anni per un’asma cardiaca; era stato un gran fumatore e prima di morire consigliò a noi figli di smettere di fumare. Obbedii e credo che i suoi consigli mi abbiano allungato la vita. Oggi a 81 anni, non ho mai avuto bronchiti o polmoniti. Mia madre e nonna Maria, furono abbastanza longeve e vissero rispettivamente 93 anni mamma e 96 anni la nonna. Gli altri nonni non li ho conosciuti.
Aniello Gianni Morra