Alta Terra di Lavoro

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“SAGRA DELLA CRESPELLA” A SANTA FRANCESCA DI VEROLI UNO SCHIAFFO ALLA CIOCIARIA 

Posted by on Mag 22, 2024

“SAGRA DELLA CRESPELLA” A SANTA FRANCESCA DI VEROLI UNO SCHIAFFO ALLA CIOCIARIA 

Da anni cercavo di assistere alla “Sagra della Crespella” che da oltre mezzo secolo viene organizzata in quel di Santa Francesca una contrada, che per numero di abitanti è più grande di tanti piccoli paesini della provincia di Frosinone, di Veroli con una storia importante fin dai tempi più antichi. La sua posizione geografica è sempre stata il suo punto di forza alle pendici dei Monti Ernici e sopra l’abbazia di Casamari, come l’esser stato luogo di confine tra quello papalino e regnicolo che, come tutti i luoghi di frontiera, le da un essenza originale e unica infatti è identitariamente papalina ma con forti contaminazioni regnicole che si notano chiaramente nella lingua, nella cucina e nella musica popolare che non è folkloristica ma colta.

Questa volta riesco ad andare e come mio solito arrivo in largo anticipo cercando di respirare il clima che c’era, inizialmente piatto e calmo che è diventato sempre più frizzante mano mano che ci si avvicinava all’orario di inizio e ben posizionato riesco a vedere tutta l’esibizione con una intera comunità stretta ai propri rapprentanti che hanno sfilato con i propri carri simulando temi di vita antica e mestieri che sono stati protagonisti di un mondo che non esiste più. Ogni “paranza”, uso un termine in uso in terra di lavoro, rappresentava una contrada di Santa Francesca ed ognuna ha messo in scena un piccolo teatro dove c’era chi simulava la lavorazione dei fagioli, chi invece ha simulato la lavorazione della legna, chi il falegname, chi il fabbro ed ecc. ecc. I partecipanti erano trasversali a tutte le fasce di età dai più piccoli ai più anziani, vestiti con abiti indentitari cercando di parlare la propria lingua nel modo più puro possibile, tutti sapevano cosa recitare e cosa fare, le tecniche di lavorazione di ogni mestiere erano tradizionali che ti facevano comprendere la complessità e la maestria che avevano i nostri avi quando lavoravano e vivevano il quotidiano, espressione di un mondo dove l’uomo, quello con la u minuscola, era assoluto protagonista della sua vita e non spettatore come lo è oggi nonostante l’Uomo si scrive con la U maiuscola. Nell’osservarli si percepiva come dietro c’era stato un lavoro enorme fatto di sofisticata ricerca e tanta applicazione, nulla è stato lasciato al caso anche dal punto di vista antropologico con scene dove lo sfottò e il doppio senso rispettavano in pieno la tradizione senza sfociare nella volgarità e con ogni paranza era accompagnata da musiche e ballate tradizionali, il tutto nella massima allegria che s’è appoggiata sul rigore e sul rispetto del canovaccio.

Per tutta la durata delle esibizioni c’era un alone di sacralità e di autentica cultura popolare che era vera, perché non calata dall’alto ma nasceva dal basso uscita dalla terra che grazie alle genti che la calpestano si rivolgeva al trascendente e guarda caso, come accade quando si parla di olio, ciambella, arte e cultura, non si è sentito mai parlare di ciociaria, nemmeno di ciociari e ciociare a dire il vero, che conferma quanto vado ripetendo da anni, scusate l’autocitazione, quando si parla di cultura, civiltà, identità e tradizione popolare la parola ciociaria di scioglie come neve al sole lasciandola solo per il mercimonio, per il folklore e per il turismo stile valtur.      

Purtroppo c’erano anche dei figuranti che la ciociaria ha inviato  in sua rappresentanza e che avevano il ruolo di giudici che dovevano decidere “la paranza” vincitrice e che per pura e strana coincidenza, senza prendere appunti, hanno fatto vincere quella che tutti noi presenti avevamo capito chi fosse dopo le parole dei presentatori, ripeto è stata solo una fortuita coincidenza. Non voglio aggiungere altro per non prendermi la scena attraverso questo evento, ma voglio sottolineare che viene messa in piedi una competizione tra le varie contrade in un clima di grande festa popolare e dove il numeroso pubblico presente ha dovuto assistere alle spalle delle esibizioni che erano rivolte verso il palco della giuria come noterete nel video da me girato, è un torto che si fa verso la componente più importate dell’evento dopo chi s’è esibito, il pubblico. Provate ad immaginare di andare a Teatro e gli attori recitano dandovi le spalle. Per fortuna la forza popolare e dell’identità ha preso il sopravvento rispolverando lo spirito antico di quando, da suddito, era autenticamente sovrano e non come oggi che come cittadino è autenticamente schiavo illudendosi di essere libero, nessuno ha ascoltato chi fosse stato il vincitore e personalmente l’ho saputo dopo tre ore per capire se il mio pronostico era stato rispettato, alla fine sono cadute le transenne e in una mescolanza colorata e gioiosa tra i protagonisti e il pubblico s’è suonato, ballato e mangiato con una allegria solare e contagiosa che solo un popolo aristocratico può offrire, come è quello di Santa Francesca, con i “piccoli borghesi” della ciociaria che si sono dissolti nell’aria senza lasciare traccia e nessuna ombra come era naturale attendersi perchè la tradizione non è un pezzo da osservare in un museo ma va vissuta per capirne la grande ricchezza che ha dentro di se.

Altre feste popolari in provincia di Frosinone ho visto ma posso affermare, per quanto mi riguarda, che la migliore è quella di Santa Francesca e non è un caso che esiste da oltre mezzo secolo dove c’è una comunità che esibisce la propria identità ed entità trasformata in tradizione perché la sta tramandando di generazione in generazione orgogliosa del suo passato che lo considera un faro e non un porto e che nulla vuole avere a che fare con “la ciociaria” che è simbolo di una cultura provinciale e subalterna studiata scientificamente a tavolino da chi vuole cancellare un’identità, una cultura e una civiltà ultra secolare, a Santa Francesca di Veroli voglio servire tutti, servire è l’arte suprema, contaminarsi con il mondo ma subalterni di nessuno. Questo è quello che ho visto quest’anno se poi in futuro le cose cambieranno ne prenderò atto e cambierò giudizio e spero che la smetteranno di fare una competizione e trasformarla in una rassegna dove ci si esibisce di fronte alla gente, al popolo, lasciandosi alle spalle il palco svuotato dai figuranti in veste di giudici e riempito solo da chi accompagna e spiega quello che accade, dal Sindaco di Veroli che da padrone di casa deve portare il saluto suo e della sua comunità, di qualche musicante o artista di genere tradizionale e di testimoni vocali di storie da loro vissute o raccontate da loro antenati che spezzano la lunga esibizione e completano lo spettacolo. Tanti cari amici si sono esibiti ma per correttezza non saluto e cito per rispetto della rassegna e per la comunità di Santa Francesca.   

Claudio Saltarelli   

     

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