San Francesco “alternativo” ?
La figura di San Francesco è stata oggetto nell’ultimo secolo delle più svariate interpretazioni decattolicizzanti quali per esempio quella di nazionalista-crociato durante il fascismo o quella di operaio-cattocomunista nel dopoguerra, poi ancora di rivoluzionario-ribelle nel sessantotto, emblema del pacifismo “arcobaleno” negli anni 80, neo-romantico, obiettore di coscienza, ecologista o animalista, solo per citare i più diffusi. In merito a quest’ultima basti ciò che disse papa Pio XI: <Francesco volle che gli uomini si conformassero alla santità evangelica e all’amore della Croce, non già che si trasformassero in sdolcinati amanti di fiori, uccelli, agnelli, pesci e lepri>.
E l’augurio francescano “Pax et bonum”, divenuto un motto, si riferiva alla pace dello Spirito portata da Cristo, una riconciliazione col Padre, non certo una pace politica o militare. Ma non vi è qui modo di approfondire tutte queste mode passeggere frutto dei tempi, mentre si preferisce considerare esclusivamente la molteplice strumentalizzazione che San Francesco ha subito dalla cultura esoterico-occultista, che, in qualità di piattaforma privilegiata per tutte le ideologie moderne, ha la pericolosa capacità di creare veri e propri falsi storici persistenti ed auto-legittimanti. Dove sarebbero quindi i punti su cui la figura del Poverello di Assisi si presterebbe a tale revisionismo esoterico-occultista?
TESI ROSICRUCIANA-AMORE DIVINO
San Francesco è da tempo oggetto di interesse da parte di tutto l’esoterismo (prima ancora che si trasformasse in occultismo), ma in particolare dall’affermazione dei Rosacroce, cioè dal momento in cui il concetto di Dio=Amore era da loro considerato come una prerogativa di questa corrente culturale antagonista della Chiesa romana. San Francesco era diventato per i rosacroce un’icona perfetta di questo amore puro e divino, visto in contrasto con i materialistici interessi secolari clericali, che secondo loro contraddistinguevano l’intero operato della Chiesa di Roma. Dicotomia questa che i rosacroce hanno sempre cercato di rimarcare in tutti i modi, anche se lo stesso santo in vita ha sempre fatto di tutto per evitare contrasti con la Chiesa.
Questo ennesimo tentativo di appropriazione indebita di parti della tradizione cristiana, cominciato sin dai primi secoli cristiani da parte dello gnosticismo, ha portato persino all’utilizzo del Cantico delle Creature come testo per il rituale iniziatico dell’Agape, ancora in uso nella massoneria moderna, uno dei più antichi di questo tipo di tradizioni in quanto anch’esso di origine gnostica.
Occorre precisare però che la concezione dell’Amore massonico-rosicruciana non si limita al solo aspetto caritatevole e altruista dell’Agape che pone l’individuo in sottomissione al prossimo (che è il solo significato di Amore ammesso nel cristianesimo), ma vi sovrappone anche quello tipicamente massonico di amicizia ed uguaglianza del “Filia”, dove l’individuo viene posto invece su un piano identico del prossimo, e soprattutto quello fisico-sessuale-pulsionale-passionale dell’Eros, dove quindi prende il sopravvento l’egoismo puro. Quest’ultimo è ben poco compatibile non solo con il cristianesimo, ma anche con il principio fondamentale di castità francescana, anche se la fantasia massonica come vedremo ha cercato di ovviare anche a questo. Sempre secondo i liberi muratori solo la vista della “luce massonica” potrebbe inoltre giustificare l’elevazione spirituale di San Francesco e il suo abbandono delle cose materiali, che distraggono l’uomo dal suo cammino con le tentazioni. Per questo motivo l’esperienza francescana è per loro equivalente al compimento dei primi gradi massonici, che implicano analogamente l’acquisizione della piena coscienza di sé e il compimento completo dell’essere umano con il raggiungimento dell’armonia con il cosmo, lasciando intendere, seguendo questo sillogismo, che il santo sia stato implicitamente un massone. Trascurando il fatto banale che se bastasse il superamento dei primi gradi della massoneria per diventare come San Francesco il mondo dovrebbe esserne pieno, non esiste comunque, è bene ribadirlo, alcuna fonte storica che potrebbe minimamente confermare un avvicinamento del santo a questo tipo di cultura e questa interpretazione è basata su semplici sillogismi, che però hanno sempre un certo fascino nell’immaginario massonico, sempre alla ricerca di illustri radici storiche.
TESI MASSONICO-ECUMENICA
Sempre alla massoneria dobbiamo l’affermazione dell’antica concezione gnostica sincretista in una nuova veste progressista ecumenica, che a tutti i costi si vuole far indossare anche a San Francesco, ormai diventato il paladino indiscusso del “dialogo interreligioso”. Per questi fautori di un’unica Chiesa Universale mondialista la figura ormai totalmente edulcorata del santo di Assisi è parsa evidentemente come l’icona migliore su cui incentrare la loro propaganda, anche se questo è in palese disaccordo con l’assoluta fermezza con cui San Francesco ha difeso i dogmi e la religione cattolica non solo dalle altre religioni, ma anche dalle interpretazioni non ortodosse dello stesso Vangelo.
Tra gli storici medievisti che più hanno posto le basi per queste rivisitazioni catto-progressiste c’è senza dubbio l’atea Chiara Frugoni, che è arrivata a sostenere tra l’altro che le stimmate di San Francesco siano una pura invenzione. Questo un esempio della sua opera demolitoria: <Francesco non era un asceta. Ammirava il creato. Amava il cibo, purché consumato con parsimonia. Quando sta per morire chiede a una matrona romana, sua amica spirituale: “Portami quei mostacciòli, che mi piacciono tanto!”>
Purtroppo oggigiorno tra quelli che tradiscono la memoria del santo aprendosi anche all’ecumenismo mondialista ci sono gli stessi francescani. Costoro sono gli organizzatori dei più svariati meeting interreligiosi in cui si può assistere per esempio a rituali propiziatori animisti con sgozzamenti di animali su altari cristiani o curiose concelebrazioni con statue del Buddha accanto alla tomba di San Francesco. Con lo stesso spirito sprovveduto molti religiosi aprono le braccia al pacifismo mondialista “arcobaleno” e non disdegnano gli appuntamenti mondani tentando di spacciare questo loro presenzialismo con evangelizzazione, con la scusa di avvicinarsi al mondo dei giovani, mentre per altro dovrebbero fare l’esatto contrario. Li ritroviamo infatti nei talk show, nei reality, o in imbarazzanti rock-band, tra cui non possiamo non ricordare il francescano heavy metal Cesare Bonizzi, alias “Frate Metallo” (vedi foto).
Oggi è totalmente scomparso lo spirito di penitenza francescano, per lasciare il posto al “divertimento puro” terreno (tanto caro per esempio anche alla Chiesa Evangelica del Ministero Sabaoth), dove per “puro” in questo caso si intende semplicemente “senza uso di stupefacenti”. Questo il proposito delle chiese gonfiabili estemporanee nei luoghi di villeggiatura o delle discoteche “cristiane” che in realtà non si differenziano in nulla da quelle atee, a meno che non ci sia in consolle il dj don Roberto Fiscer che propone pezzi come “shake the devil off” o “Fieste Fieste Alleluia”. <La Madonna ha detto che ci vuole felici sulla Terra!>, questo il sunto del suo pensiero che si può carpire in una messa celebrata in spiaggia, dove sono consentiti infradito e costume da bagno e vengono distribuiti “buoni per la confessione”. Chiudiamo questo curioso excursus sulla storica capacità sincretista (o labilità?) dei Frati Minori, citando l’esemplare esperienza di Fra Samuel Heimler, autore di un personale fusione tra cristianesimo e buddismo zen giapponese che attira circa 2000 persone all’anno ai suoi corsi di Qi Gong, Tai-Chi Ch’uan, Ikebana, danza sacra e soprattutto meditazione zen.
TESI CATARA
Dopo questa breve digressione sulla decadenza progressista francescana, riprendiamo il viaggio tra le reinterpretazioni esoterico-occultiste di San Francesco. Passiamo quindi ad un’altra controversa tesi che riguarda questa volta la questione catara, che in quest’epoca di reminescenze neo-catariste ha sempre un certo appeal. Tutto ciò nonostante siano ampiamente storicizzate le pessime considerazioni del santo su questa eresia e non vi sia realmente alcun elemento cataro nella sua dottrina.
Ma andiamo per gradi. San Francesco è vissuto proprio all’epoca dell’apice della diffusione del catarismo, che è terminato con la crociata contro gli “albigesi” (1209-1229), o meglio catari, e con questi si sono voluti accentuare a posteriori i possibili punti in comune. Prima di tutto si considera che all’epoca anche nell’Italia centrale e del nord ci sono numerosi focolai catari. Questi non sono oggetto della suddetta crociata, ma in Italia le loro tensioni ideologiche si manifestano difformemente dissimulandosi nelle molteplici faide tra guelfi e ghibellini. Come detto anche San Francesco prende parte ad una di queste e proprio nella fazione “anti-papalina”. Inoltre vi è il fatto innegabile che sua madre è una nobile francese, per qualcuno originaria proprio della Provenza patria dei catari, e la famiglia ha imposto al figlio lo studio della lingua e della letteratura provenzale, che in quel tempo è dominata dalla cultura trobadorista anch’essa intimamente catara. In realtà è già dubbio il fatto che la madre fosse originaria dal sud della Francia cataro (mentre è probabile che provenisse invece dal nord) e la lingua provenzale era sì d’obbligo in famiglia, ma solo perché in quella regione avevano la maggior parte dei profitti commerciali. Questi e altri aspetti hanno indotto i soliti noti a ricamare sulla figura di un San Francesco l’icona di ribelle di fede catara. L’aspetto che più di tutti è stato considerato come il fondamento di questa teoria è per esempio l’estremismo pauperista francescano, che ben si sposerebbe teoricamente con il radicale spirito anti-materialista cataro (ereditato dai pauliciani), ma da cui in realtà si differenzia totalmente per il fatto che i catari considerano il mondo terreno come l’inferno creato dal cattivo Demiurgo e luogo totalmente privo di grazia, il più lontano da Dio, motivo per cui occorre spogliarsi il più possibile da tutta la sua “materialità”. Mentre all’esatto contrario per San Francesco, sprovvisto del tipico pessimismo cataro, il mondo è una sorta di paradiso terrestre, esempio della perfetta, benefica e amorosa creazione divina, per cui non solo l’uomo ma ogni singola creatura è un riflesso divino e la sua spoliazione, mai fine a se stessa, è atta al solo scopo di rifiuto dei falsi valori ed entrare più facilmente in sintonia proprio con questa creazione. L’altra chiara differenza sostanziale è che mentre i catari non riconoscono l’autorità ecclesiale e in generale nessuna gerarchia terrestre, per San Francesco l’obbedienza alla Chiesa è invece una regola fondamentale, assoluta e inderogabile, nonostante abbia avuto evidentemente opinioni non convergenti con essa, per esempio sulle sorti del suo stesso Ordine dei frati minori. Per esempio nel caso in cui viene chiamato a giudicare un sacerdote noto per vivere nel peccato, San Francesco invece che redarguirlo si limita a baciargli quelle mani <che toccano il corpo di Gesù Cristo>. L’unico motivo per cui San Francesco non sia mai diventato sacerdote, come lui stesso ha sostenuto, è che non se ne riteneva abbastanza degno. A chiosa dell’analisi di questa tesi “catara” si riportano le parole di Rino Camilleri: <non aveva affatto amore zuccheroso per tutti ma detestava (sì, detestava) gli eretici catari che infestavano il Norditalia e quella Provenza da cui veniva la sua adorata mammà. Proprio contro i catari, che odiavano la creazione, scrisse il Cantico. E contro di loro mandò non a caso il suo uomo migliore, sant’Antonio di Padova>.
Questa corrente interpretativa neo-catara, che sarebbe sempre meglio definire neo-gnostica, non poteva anche per San Francesco (come già fatto precedentemente con lo stesso Gesù) non arricchirsi dell’insinuazione che anche lui abbia avuto necessariamente la sua “Sophia” e che questa sia stata niente meno che Santa Chiara (così come per Gesù era stata designata Santa Maddalena). Questo con tutte le derivazioni del caso, incluso un presunto rapporto carnale tra i due santi necessario per il compimento del ricongiungimento dei due complementi secondo la concezione gnostica (parte in particolare desunta dall’induismo attraverso il sufismo). Illazione ovviamente anche questa priva di alcuna base storica e per di più contraria proprio ad un’altra delle tre regole fondamentali francescane, cioè la castità. Per l’evidente natura speculativa di questa tesi non la si ritiene degna di ulteriore approfondimento.
TESI DRUIDICA
Il luogo di origine della madre, secondo alcuni la Piccardia da cui avrebbe preso il soprannome (Pica), provincia del nord della Francia, unito al cognome paterno di origine germanica (da “Bernhard”), oltre all’alta statura e ai capelli e la barba rossicci di San Francesco, sono stati invece ritenuti elementi sufficienti come base per altre speculazioni in merito alla presunta origine “celtica” del santo. Premesso che anche se ciò fosse plausibile non ci sarebbe in realtà nulla di rivoluzionario in questo, se non che partendo da questo presupposto si è preteso di poter sostenere l’azzardo che San Francesco fosse addirittura un “druido”. A sostegno di questa tesi, ancora più bizzarra di quella catara, ci sarebbe il solo aspetto che San Francesco predicava alla natura e praticava rituali all’aperto come appunto i druidi. A parte il fatto che questa semplice similitudine non è di certo sufficiente a sostenere un simile argomento, in realtà San Francesco non officiava alcun rito religioso poiché era un diacono e non un sacerdote, ruolo di cui non si riteneva degno, ma partecipava ai riti solo per quanto riguarda la predica e la compartecipazione all’eucarestia. Inoltre ha contribuito per tutta la vita alla costruzione e al mantenimento di veri e propri edifici religiosi, in primis la Porziuncola e San Damiano. San Francesco comunque non è in alcun modo intendibile come “animista” come i druidi, poiché per lui Dio è sempre unico e trascendente e la natura intesa solo come una sua “creazione” attraverso la quale, indirettamente, lodarlo, ma non ha mai attribuito alcuna anima a entità materiali come facevano i druidi.
TESI GNOSTICA-REPUBBLICA VENEZIANA
Secondo un’ulteriore tesi ancora più azzardata su San Francesco avviene una incredibile sovrapposizione (o meglio sostituzione) tra la figura del santo e quella del doge della Repubblica di Venezia Marino Morosini (1181?-1253). Questo ricamando solo sul fatto che quest’ultimo non ha origini famigliari certe, la sua storia sia poco nota, che sia più o meno coetaneo del santo e che si sia contraddistinto, nel suo breve regno, per un insolito spirito pacifico, in contrasto con quello del suo bellicoso predecessore Jacopo Tiepolo. Aggiungendo a queste scarne basi diversi falsi storici abbastanza eclatanti tipo che il Morosini sia stato il primo doge cristiano, che abbia introdotto il culto cristiano nella repubblica veneziana, che sia stato il primo a redigere un accordo con la chiesa romana, che questo fosse di natura commerciale e che in definitiva fosse in stretti rapporti con i papi (mentre in realtà si stavano deteriorando ed ha pure rifiutato di partecipare alla sesta crociata), si pongono così le basi per un impianto narrativo a dire il vero molto dettagliato, seppur frutto di fantasia.
Questa recente speculazione storica diffusa sul web, più meramente complottista che esoterica, pretende quindi di dichiarare come totalmente falsa la storia conosciuta del santo, che sarebbe inventata di sana pianta dalla malevola (a prescindere) Chiesa di Roma, e di ricostruirne una artefatta all’occorrenza. Tutto questo per la gioia del medio internauta complottista per cui ogni versione alternativa a quella ufficiale è da considerare automaticamente “vera rivelazione” e in quanto tale non necessita di alcun contraddittorio, anche se, come in questo caso, totalmente destituita di ogni fondamento. Sui siti italiani gira una versione tradotta da un sito in lingua inglese (“One-Evil”) che, guarda caso, è uno dei baluardi della propaganda neo-gnostica. Per supportare questa insostenibile teoria si suppone quindi che il padre di San Francesco si sarebbe chiamato in realtà Pietro Bernardone “Moriconi” e, come da consolidato cliché complottista, sarebbe stato membro di una potente famiglia ebraica sefardita veneziana di ricchi commercianti e banchieri. Tra le molteplici implicazioni di tale fantasticheria, come sempre ovviamente priva di fonti storiche, c’è per esempio il fatto che il santo, ormai cieco e gravemente malato, non sarebbe quindi morto nel 1226 e i suoi resti conservati nella basilica a lui dedicata, poiché Marino Morosini è diventato doge solo nel 1249! Ma ogni incongruenza storica per questi complottisti non esiste, in quanto hanno dichiarato arbitrariamente come una favola la storia nota di San Francesco e tutte le relative testimonianze create ad arte. Per questo motivo non si capisce tra l’altro il motivo per cui sia stata necessaria l’artificiosa sovrapposizione di Marino Morosini con San Francesco, quando sarebbe bastato ignorarne la veridicità storica. Questo finché non si arriva al punto di questa storiella in cui il suddetto doge, intrattiene patti, ovviamente segreti, con papa Innocenzo III (arrivando persino a cadere nella goffa confusione tra il papa e l’antipapa che hanno portato questo stesso nome) e papa Onorio III per creare una “joint-venture” (sic) dei veneziani con il “Culto Romano”, qui inteso come una sorta di setta malefica che tiene in pugno le sorti dell’ignara “Chiesa Cattolica”. Questo fantomatico sodalizio avrebbe poi dato origine alla cosiddetta “Santa Sede”, intesa questa però come una sorta di antesignana delle moderne multinazionali che brama il monopolio dell’intero mondo. A sua volta l’Ordine Minoritico francescano viene descritto senza alcuna vergogna come un’accademia navale e finanziaria sita a Venezia e atta a formare sacerdoti-navigatori utili alla causa commerciale mondialista della malefica Santa Sede. Ritenendo così di aver dedicato fin troppe attenzioni a queste invenzioni neo-gnostiche sulla falsa riga dei romanzi di Dan Brown, passiamo ora a qualcosa di più concreto.
TESI VALDESE
Sempre dall’ambiente massonico, ma dal versante protestante, giunge invece la descrizione di un San Francesco “valdese”, cioè inteso come un seguace di Valdo di Lione (1140-1206), fondatore del movimento dei “Poveri di Lione” che ispirerà la Chiesa Evangelica Valdese. Anche Valdo è guarda caso come San Francesco un ricco commerciante di tessuti che, dopo un’improvvisa conversione, decide di donare tutti i suoi averi ai bisognosi, è votato all’evangelizzazione, predica richiamo ad uno stile di vita autenticamente evangelico, non materialista (quindi povero), non violento, non ambizioso e nel rispetto della natura ed infine anche lui ha fondato una confraternita su questi principi la cui regola è stata approvata dal papa. I punti in comune sono effettivamente molti e considerando che Valdo è della generazione precedente di Francesco i dubbi di influenza del primo sul secondo rimangono leciti. Il fervente studio personale dei testi sacri, fatti tradurre appositamente in gallico, hanno portato Valdo ad una notevole conoscenza mnemonica della Bibbia sufficiente per poter vedere realizzata la sua ambizione di un “ministero itinerante di predicazione” da parte di papa Alessandro III. Col passare del tempo però Valdo si è posto gradualmente al di fuori della Chiesa, che criticava sempre più fermamente (cosa per altro molto comune all’epoca nei paesi di influenza catara), ritenendo di dover obbedire prima a Dio che agli uomini. Valdo finisce quindi per passare dalla disubbidienza alla contumacia ed infine alla scomunica come eretico. E’ proprio questo uno dei punti fondamentali di incompatibilità del messaggio francescano con quello valdese, poiché per San Francesco l’obbedienza non è mai stata oggetto di discussione, ma parte della sua regola. Valdo era fondamentalmente un dissidente reazionario tra i cui nemici vi era in particolare la Chiesa stessa e proprio per questo sarà apprezzato dai protestanti. San Francesco invece non era un ribelle, se non alle volontà del suo padre terreno, ma un asceta puro che ha messo la parola di Dio davanti a tutto, ma mai contro la Chiesa e per di più, pur essendo estremamente intransigente dal punto di vista teologico, è riuscito comunque a considerare la possibilità di confronto anche con fedi diverse come i musulmani, pur non potendone condividere i contenuti.
SORTES APOSTOLORUM
Veniamo dunque ad un’altra accusa esoterica abbastanza spinosa sempre sulla figura di San Francesco, cioè quella riguardante il suo ricorso alla cosiddetta “sortes apostolorum”, che era una pratica che consisteva semplicemente nell’aprire la Bibbia casualmente per poterne trarre dei segni della volontà di Dio. Secondo la storia canonica anche San Francesco è ricorso alla sortes apostolorum per lo meno nei momenti fondamentali della sua vita spirituale, come la sua vocazione o in occasione delle stimmate, il che ha dato adito a facili speculazioni.
Tecnicamente la sortes apostolorum rientra infatti nelle pratiche “divinatorie” pagane, generalmente tese alla presunta predizione del futuro, non dissimilmente da quanto praticato per esempio con l’aruspicina sui resti animali. Le pratiche divinatorie sono state accettate e diffuse da tutte le religioni antiche, induismo incluso (vedasi i “Vedānta”), tranne le grandi religioni monoteiste come l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, che però non hanno potuto far nulla per eradicare un tradizione così consolidata, soprattutto nel momento in cui si è manifestata nella semplice consultazione casuale di libri sacri. Di queste pratiche possiamo menzionare esempi anche nella cultura ebraica, come la Bath-Kol, cioè “Voce di Dio”, basata sulla consultazione della Torah, e in quella greco-romana la sortes homerica e la sortes virgilianae, basate sui testi classici pagani, l’ultima delle quali particolarmente diffusa proprio nel Medioevo a seguito dell’affermazione della (falsa) leggenda di Virgilio come proto-cristiano.
Nel caso di San Francesco però la sortes apostolorum non è necessariamente interpretabile solo come un rituale esoterico, in quanto questa pratica si è tramandata largamente attraverso la semplice tradizione popolare, cioè per definizione svuotata di ogni significato intrinseco. Infatti nel medioevo questa non era vietata ufficialmente dalla Chiesa, esclusivamente perché ormai troppo diffusa e radicata, anche se in realtà mal tollerata e ancora paragonata ad una sorta di pratica magica o pagana, fino ad essere considerata addirittura una minaccia al ruolo di intermediario tra Dio e l’uomo svolto dalla stessa Chiesa. Per questi motivi non vi sono quindi motivazioni sufficienti per mettere in dubbio la fede autenticamente cristiana di San Francesco solo sulla base del suo ricorso alla sortes apostolorum, magari per questo si può discutere lungamente solo sulla sua “ortodossia sui generis”, senza la quale comunque probabilmente non sarebbe San Francesco.
TAU
Un ultimo elemento su cui si potrebbe discutere di un’influenza dell’esoterismo o in generale di culture esogene alla tradizione cristiana nel credo francescano rimane il “Tau”. Questo simbolo viene considerato oggi comunemente come la “croce francescana”, ma nella simbologia esoterica ha significati molto differenti dalla croce latina cristiana, per cui bisogna capire se questa sovrapposizione possa essere opportuna o meno e se sia stata attuata dallo stesso San Francesco o solo posteriormente.
Storicamente l’uso del Tau come lettera è presente in molti antichi alfabeti come il greco antico, l’armaico, il latino e in generale in tutte le lingue semitiche ed indoeuropee. Precedentemente si può ritrovare come geroglifico egizio, cioè l’anck (nella sua variante uncinata), che è inteso come la “croce della vita e della morte” donata all’uomo daThot, il dio della Conoscenza. Nella cultura cabalistica ebraica la lettera greca Tau corrisponde alla lettera ebraica ת [Tav], la cui pronuncia significa “Giosuè”, anche se poi è stato tradotto in greco come “Gesù”. Il Tav è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico per cui rappresenta anche il compimento dell’opera di Dio. In questo caso non ha corrispondenza con il Tau greco, ma con l’Omega, poiché nell’alfabeto greco questa è l’ultima lettera. Nella cultura cristiana quindi l’Alpha e l’Omega greci hanno l’analogo significato dell’Aleph e del Tav ebraici. E’ scritto infatti nell’Apocalisse: <“Io sono l’alfa e l’omega”, dice il Signore Dio, “colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente”> [Apocalisse 1,8]. <Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine> [Apocalisse 22,13].
Ma nella Bibbia c’è anche un riferimento esplicito al Tau in un famoso passo dell’Antico Testamento che riguarda lo sterminio dei sei messaggeri della distruzione: <Il Signore gli disse: “Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono” Agli altri disse, in modo che io sentissi: «Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il tau in fronte; cominciate dal mio santuario!»> [Ezechiele 9,4-6]. Proprio questo passo biblico è stato tradotto recentemente anche sostituendo il “tau” con la “croce”, errore sintomo di una sovrapposizione dei due simboli nella cultura cristiana. Per lo stesso motivo si è poi dato per scontato che il segno posto sulla fronte a Caino, in realtà non specificato nel testo biblico, fosse ancora il Tau: <Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato> [Genesi 4,15]. Analogo discorso per il misterioso segno di protezione e redenzione che ancora una volta viene posto sulla fronte dei prescelti sempre nell’Apocalisse: <Poi vidi un altro angelo che saliva dal sol levante, il quale aveva il sigillo del Dio vivente; e gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso di danneggiare la terra e il mare, dicendo: «Non danneggiate la terra, né il mare, né gli alberi, finché non abbiamo segnato sulla fronte, con il sigillo, i servi del nostro Dio»> [Apocalisse 7,2-3].
Partendo da queste basi quindi il Tau è diventato nella cultura cristiana sia come segno di protezione divina e redenzione, sia come segno della profezia dell’ultimo giorno e si è diffuso probabilmente prima ancora del crocefisso, come testimoniano per esempio i graffiti nelle catacombe romane. La parziale sovrapposizione che è effettivamente avvenuta nella cultura cristiana tra il Tau e la Croce non ha quindi giustificazione simbolica, o meglio di significato, ma è stata in parte avvallata nella consuetudine per buona approssimazione grafica del segno.
Per questo motivi non vi è in realtà assolutamente nulla di strano nel fatto che per San Francesco questo simbolo occupasse un posto così rilevante a tal punto da apporlo quasi come una sua firma, come si può notare molto bene per esempio nella “Benedizione a Frate Leone”. <Con tale sigillo, san Francesco si firmava ogniqualvolta o per necessità o per spirito di carità, inviava qualche sua lettera> [FF 980], <Con esso dava inizio alle sue azioni> [FF 1347].
Dalla “Legenda Maior” di San Bonaventura da Bagnoregio apprendiamo con più certezza il significato di questi simboli per San Francesco: <Ci spinge ad abbracciare, con fede e pietà, questa convinzione il fatto che egli ebbe dal cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau, sulla fronte di coloro che gemono e piangono. Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo crocifisso. Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità di un artefice, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo>.
Nonostante quindi la sovrapposizione tra Tau e Croce fosse ormai giustificabile (e ora data per scontata dagli attuali francescani) in quanto parte della cultura cristiana, per San Francesco al contrario rimaneva comunque una distinzione tra questi due simboli. Il Tau infatti era posto sulla fronte dei bisognosi e rappresentava semplicemente un’invocazione della protezione divina, ma non è mai stata oggetto di venerazione come il crocifisso. La Croce invece rappresentava più profondamente la piena accettazione della volontà di Dio e il vivere in estrema penitenza prendendo come esempio la vita di Gesù Cristo. In definitiva anche in questo caso ogni speculazione esoterica in merito a San Francesco rimane totalmente destituita da ogni fondamento.
fonte
https://actualproof.wixsite.com/appuntidiviaggio/single-post/2014/11/28/san-francesco-alternativo