Storia di Napoli: Padre Rocco
Gregorio Maria Rocco è stato un frate domenicano che ha svolto un ruolo fondamentale nelle opere di carità a Napoli. Nato nel capoluogo campano il 4 ottobre 1700 e fu un uomo ben voluto da tutti: “Nel corso dell’anno 1782 morì a Napoli, in età di 82 anni, un monaco domenicano, più popolare, e più celebre pe’ suoi sermoni, di quel che non sono stati in Francia Flechier, Fenelon, Bossuet, ed anche il piccolo Padre Andrea di faceta memoria. Questo monaco si chiamava Padre Rocco. Egli era più potente a Napoli del Sindaco, dell’Arcivescovo, ed anche del Re”.
Fu, dunque, apprezzato dai nobili, nonché da Carlo III di Borbone e la consorte Maria Amalia di Sassonia, tanto da ispirare il sovrano a far costruire il Real Albergo dei Poveri, per mano dell’architetto Ferdinando Fuga, un ospizio che accoglieva i poveri diseredati. Un’opera di costruzione che, durata quasi ottant’anni, impedì all’umile frate di vederla compiuta; i lavori, infatti, iniziarono nel 1751 e si conclusero soltanto nel 1829, ben 47 anni dopo la morte di Padre Rocco. Fu promotore di importanti progetti, come la realizzazione di case di accoglienza e di istruzione, per sottrarre i giovani alla delinquenza.
Un’iniziativa notevolmente efficiente fu, tuttavia, quella di provvedere all’illuminazione delle strade, fino ad allora inesistente, per impedire ai malviventi di compiere atti di borseggio sui viandanti. All’epoca il pericolo era imminente soprattutto per i più disagiati; infatti, se i nobili potevano sentirsi al sicuro perché scortati dai servi con le lanterne, non era la stessa cosa per i più bisognosi, i quali al calar della sera si rintanavano in casa. Del resto, i disonesti se ne approfittavano liberamente: si appostavano al buio tendendo una corda nella quale, inciampandovi, il malcapitato si trovava vittima della sopraffazione. Per contrastare, dunque, tali soprusi si pensò semplicemente di illuminare i vicoli con le lampade a olio, ma venendo queste rimosse dai banditi, Padre Rocco adottò un’espediente molto funzionale: puntando sul cuore dei fedeli, fece apporre sui muri delle case le immagini sacre, sollecitando, in tal modo, il popolo religioso ad accendere ogni sera un lumino. Da quel momento, le lampade non furono più distrutte e Napoli ebbe la sua prima illuminazione. A Padre Rocco si deve anche la diffusione del presepe nelle case popolari. Questo amore profondo lo portava a prodigare nella costruzione di presepi sia nelle case private sia nelle chiese cittadine. Egli stesso si cimentava nei progetti di realizzazione coinvolgendo il popolo e non solo, perfino Carlo di Borbone, appassionato e provetto costruttore del presepe di Palazzo Reale, si compiaceva nell’aiutare il Padre in questa sua devota missione di voler riavvicinare la popolazione al culto di Dio, alla nascita di Gesù, santificando il Natale.
E per intensificare questa passione del re, Padre Rocco pensò bene di far realizzare, lungo la salita che portava al Palazzo di Capodimonte, nel cui bosco il sovrano si inoltrava per la caccia, un incavo nel costone di tufo immettendovi un piccolo presepe; in tal modo, Carlo, passandovi in carrozza, poteva ammirarlo. Il presepe rappresentò un simbolo di affezione che il monaco domenicano predilesse fin da bambino, realizzandone uno nella casa paterna; un’attività che condusse poi anche nei conventi in cui abitò alla Sanità e al Monte di Dio, e soprattutto in quello di S. Spirito a Palazzo, dove vi destinò metà dalla sua cella.
(Fonte foto e testo Associazione presepistica napoletana)
Fonte senzalinea.it