Victor-Marie Hugo, lo splendore di un secolo di Alfredo Saccoccio
Nel 1805-1806, mentre un ragazzino piuttosto chiuso in se stesso contempla il piede nudo di Rosa, la figlia del maestro di scuola, o la pioggia che strasforma la strada Saint-Lazare in fiume, il cannone della vittoria tuona sui campi di battaglia di Ulm, di Austerlitz, di Iena. Bonaparte è divenuto Napoleone I. L’Europa piega la testa dinanzi all’aquila. Incaricato dal suo illustre fratello di conquistare il regno di Napoli, Joseph Bonaparte ha fatto venire Léopold Hugo in Italia, confidando nella sua fedeltà, nel suo talento di capo e nella sua esperienza di “pacificatore” acquisita in Bretannia. E’ per l’Hugo l’occasione tanto attessa di azioni strepitose. Egli entra effettivamente nella storia legando il suo nome alla cattura del più ardito dei “banditi” del Meridione d’Italia, Michele Pezza, alias “Fra’ Diavolo”. Banditi : diremmo oggi patrioti resistenti, di quegli uomini ribellatisi contro l’occupazione francese. I soldati dell’Impero, però, galvanizzati dall’ideale della conquista napoleonica, ammettendo il coraggio dei loro avversari, non vedevsano nella loro lotta che i sussulti di un vecchio mondo agonizzante, convinti di essere gli attori non di una guerra, ma di un’epopea. Essi non avevano torto di crederlo. In “La confession d’un enfant du siècle”, del 1836, che è la storia di un cuore, il racconto dei suoi amori, ma anche l’analisi del male della sua generazione, il poeta francese Alfred de Musset testimonia per noi il fascino che esercoitarono questi cavalieri dell’apocalisse-Libertà sulla generazione nata sotto l’Impero e con essi su tutto il secolo.
“ Di tempo in tempo i loro padri insanguinati apparivano, li sollevavano sui loro petti fregiati d’oro,,, poi li posavano a terra e rimontavano a cavallo…Non c’erano allora che cadaveri e semidei.”
Bilancio di questa vittoria : il comandante Hugo diviene colonnello, con la responsabilità della provincia di Avellino. L’avvenire era assicurato e sorridente, la situazione sufficientemente stabile per pensare di far venire presso di lui i figli che non aveva rivisti da più di due anni. La separazione gli sembrava tuttavia ormai definitiva. Fu Sophie che, alla fine del 1807, prese bruscamente, senza avvertirne il marito, la decisione di raggiungerlo : privata dell’appoggio del colonnello Lahorie, proscritto, quindi braccato, ammalato ed invisibile, la “calda Vandeana”, preoccupata di far beneficiare i suoi figli della felice posizione del loro padre e temendo forse un divorzio, si decise alla partenza, lei che non amava i viaggi, in Italia, lei che non amava che la verzura dei giardini.
Viaggio sinistro, freddo, rigato di pioggia, di cui Victor-Marie, che ha cinque anni, conserverà dei ricordi rari, ma profondamente inscritti nella sua memoria : l’alleanza del faceto e del grande (si mangia l’aquila), la scoperta che lo stesso segno, sconosciuto, della croce indica la forca e la superstizione. Alcune immagini sparse : un fantastico palazzo di marmo tutto screpolato, la miseria senza scarpe, il mare.
Furono quattro mesi di giochi al sole napoletano, interrotti dalla decisione materna di rientrare a Parigi, una volta provata l’impossibilità di ogni vita coniugale.
La madre trovò un alloggio nella strada Saint-Jacques, in un vecchio convento di suore soppresso al tempo della Rivoluzione francese. E’ qui, sulle ginocchia di Lahorie, che Victor-Marie Hugo, ad otto anni, scoprì, attraverso la lettura di Tacito, le violenze della storia, che spezzeranno presto e rigetteranno nel mito l’infanzia felice dei verdi Feuillantines.
Viaggio in Spagna nel 1811
In questo discorso spezzettato, dove alcun soggiorno durò mai più di due anni, l’immagine del padre subentra di nuovo alla presenza del padrino. Lahorie era stato arrestato nel dicembre del 1810. La signora Hugo che niente la tratteneva più a Parigi acconsentì, nel febbraio dell’1811, sulle istanze di Joseph, divenuto re di Spagna, a recarsi a Madrid, presso Léopold, da poco generale.
Cominciato nel marzo, il viaggio doveva concludersi nel giugno del 1811. Si stenta ora ad immaginare il carattere strordinario, temibile, rischioso, di una tale impresa. E’ che non si trattava di turismo. Tre mesi sulle strade mentre gli Spagnoli erano in piena rivolta e mentre gruppi di partigiani (le guérillas) non davano tregua alle truppe francesi. Non ci si spostava che in convoglio scortato su strade tanto accidentate quanto poco sicure. Mentre il generale Hugo impreca, nel fondo della sua berlina, contro le cimici, il vino affumicato, il cibo esecrabile, la polvere, l’0stilità degli abitanti, Victor-Marie guarda e registra : immagini traumatizzanti di violenza. E’ la “terribile apparizione” di un corpo squartato e crocifisso a pezzi alle quattro estremità di un’immensa croce, all’ingresso di Vitoria, opera sinistra dei Francesi. E’, avanti Burgos, la visione “grottesca” degli sciancati rientranti in Francia: “una Corte dei Miracoli, una medicità di Callot, tutte le infermità e tutti i costumi”, di cui “Notre Dame de Paris” e “I Miserabili” si ricorderanno. E’ anche l’austera ed oscura bellezza delle case di Ernani, il rumore feroce e delizioso delle assi cigolanti sotto le ruote delle carrette del mese di giugno 1811, l’arrivo a Madrid e le “grandi camere dipinte del palazzo Massérano”.
Mentre la signora Hugo si installa ed attende il generale, assente da Madrid, i ragazzi si danno alle delizie della scoperta : dismisura delle stanze, opulenza di una decorazione insieme galante e religiosa, allineamenti dei ritratti di antenati, che, più tardi, risorgeranno negli scenarii di “Hernani” e di “Ruy Blas”. Come nelle Feuillantines, una ragazza-donna condivide i giochi dei ragazzi ed occupa il cuore di Victor-Marie.
Queste “scappatelle” furono brevi. Léopold, appena tornato, depone una richiesta di divorzio ed esige che i figli minori siano intrernati al “Collège des Nobles”. Abel, il primogenito, sfugge a questa triste sorte vestendo l’uniforme dei Paggi del re. Fu uno choc profondo per Victor-Marie. Come un padre così prestigioso può, dopo tante imprese compiute per raggiungerlo, respingerli, separarli dalla madre, e, peggio ancora, rinchiuderli – insomma punirli – in quella sinistra prigione ? Perché privarli, per la prima volta nella loro esistenza, della libertà ? Non solo della libertà di movimento, ma anche della libertà di coscienza : allevati da una madre dal monarchismo più volterriano che cattolico.Victor-Marie ed Eugène devono subire il disprezzo dei loro condiscepoli, felicissimi di poter far loro misurare l’odio spagnolo per “Napoladrone”.
Eugène e Victor non hanno anime da vittime.. Essi si battono con le loro armi : i pugni innanzitutto, una schiacciante superiorità scolastica poi. Stupiti e furiosi, gli oscuri “magistri” si videro obbligati a far sakltare in una settimana sei classi a questi due monelli e di scrivere in retorica (classe di prima) ragazzi che sapevano, ad otto e a dieci anni, tradurre Tacito a prima vista. Però questa vittoria non calmava che l’orgoglio. L’umidità dei muri, il freddo dell’inverno, i razionamenti, sarebbero venuti a capo della loro resistenza, se il re Joseph non avesse deciso di risolvere in favore di Sophie. Léopold conservò Abel ed accettà di rendere Eugène e Victor- Marie alla loro madre, a condizione che ella rientrasse immediatamente in Francia. Ciò che Sophia fece, con tanta più premura, nella primavera del 1812, in quanto aveva avuto notizie favorevoli da Lahorie.
La signora Hugo e i suoi figli lasciavano la Spagna in piena sconfitta : dietro di lei, gli eserciti napoleonici in rotta evacuavano le città, le une dopo le altre. L’Impero volgeva al termine. Sophia aveva, dunque, più di una ragione di rallegrarsi.
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