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Vincenzo Tiberio: un uomo del Sannio nella storia degli antibiotici

Posted by on Ott 26, 2023

Vincenzo Tiberio: un uomo del Sannio nella storia degli antibiotici

Anni or sono, il 6 novembre del 2008, nel convegno «Militari del Matese in guerra e in pace nel XX secolo», tenuto in Piedimonte Matese, feci riferimento alle colonizzazioni in Africa, alla guerra del 1915 e del ’43, ai soldati vittime del dovere e agli ufficiali Giovanni e Giuseppe Petella, da Piedimonte e Alessandro Vessella, da Alife i quali s’erano distinti, in pace, per le loro attività in larga misura utili nel sociale. Accennai anche ad un altro figlio del Matese, Vincenzo Tiberio, ma nato sul versante opposto del massiccio montuoso; per questa ragione e in attesa, di darne alle stampe maggiori notizie, di recente ne ho offerto almeno un breve scritto.1 

   Qui, da medico e con qualche considerazione personale, ripropongo quanto, procedendo nell’indagine, a tutt’oggi ho rinvenuto, principalmente in biografie a cura di medici. Questa breve storia, insomma, ha inizio e prosegue insieme al concetto di antibiosi; intanto, al fine soprattutto di contribuire a tenerne desto il ricordo tra le genti del Sannio e non soltanto, come non poco merita, considera Vincenzo Tiberio uomo di cultura, ufficiale di marina e medico, impegnato nell’assistenza, nella ricerca scientifica e nella divulgazione, in particolare lungo il percorso verso l’adozione dell’antibioticoterapia.
A proposito, conviene rammentare che il termine antibiosi venne coniato nel 1889, da Antoine Vuillemin, ma già nel 1885, Arnaldo Cantani – un italiano, si badi bene– e Victor Babes avevano dimostrato l’antagonismo dei microbi base dell’antibioticoterapia.2
Più in particolare, ancor prima, nel 1819, Bartolomeo Bizio, un italiano, aveva scoperto l’attività antibiotica di una muffa. Nel ‘70, J. Burdon-Sanderson annotò che la muffa Penicillium –risulterà poi essere il glaucum– impediva lo sviluppo batterico. Un anno dopo, Joseph Lister confermò e aggiunse, anzi, che entrando in competizione per l’ossigeno coi batteri, la muffa li rendeva “immobili e languidi”. Nel 1888, Max Bierfreud notò che le muffe ostacolavano lo sviluppo dei germi della putrefazione e Salmon A. Weksman comunicò che proprietà antibiotiche erano presenti oltre che nei batteri anche nelle muffe. Nel ‘94, Teodor Billroth riferì sull’antagonismo tra alcuni ceppi di Penicillium.3
Di un altro italiano, distintosi nella sperimentazione e per le importanti acquisizioni in questo campo, verrà scritto: “…le sue ricerche vanno ben oltre la semplice intuizione teorica del concetto di antibiosi espresso da Lister e Vuillemin”.4 E non è tutto: negli esperimenti aveva fatto uso di un suo particolare terreno di cultura che sarà riutilizzato, a distanza di circa tre decenni da Alexander Fleming, nella scoperta della Penicillina, il primo farmaco impiegato in larga misura nell’antibioticoterapia.5
Egli era Vincenzo Tiberio, “nato dai Sig. coniugi Domenicant.o Tiberio e Filumena Guacci”, a Sepino – in provincia di Campobasso –, il 1° maggio 1869.6  Il padre era notaio, la famiglia agiata, il paese  povero, la regione poverissima.7 Per giunta, anche in Molise, quello fu l’anno in cui il lungo, estenuante periodo del brigantaggio post unitario volgeva al termine, stemperandosi nel flusso migratorio per mezzo del quale gente abbandonata a se stessa, silenziosa, ma tenace, inseguiva, verso i lontani orizzonti d’America, il miraggio di un avvenire migliore.8 

Dopo aver frequentato le scuole inferiori a Sepino e portato a termine il liceo a Campobasso, Vincenzo si iscrisse alla Facoltà di medicina nell’Università di Napoli e andò ad abitare dagli zii Graniero – alla via Giuseppe Zanardelli – nel comune di Arzano.9
Un singolare fenomeno colpì, in quei giorni, l’attenzione dello studente: l’acqua di casa Graniero provocava disturbi intestinali tutte le volte che il pozzo veniva pulito; ridiventava potabile a mano a mano che si riformavano le muffe, nei giorni che seguivano alla pulizia.10 Gli sarà venuto da  pensare, pertanto, che queste, esercitando una qualche azione, benefica dopotutto, preservassero o il pozzo da una contaminazione batterica o, quantomeno, l’intestino dalle infezioni. Cosa, peraltro, tutta da dimostrare.
In ogni caso, circa il curriculum universitario, v’è da ricordare che il Tiberio, laureatosi nel 1892, diventò assistente, prima nell’Istituto di patologia medica diretto proprio dal prof. Cantani, quindi nell’Istituto d’igiene medica diretto dal prof. De Giaxa.11
Sembrava sorridergli una carriera brillante quando, il 26 dicembre del 1893, si arruolò in marina. Qualche autore scriverà: “per una delusione amorosa” e altri: “per il suo grande amore per la Patria e per la Regia Marina Militare”, nonché, come è stato dedotto dai suoi Diari, per “il desiderio di conoscere il mondo e di allargare la propria cultura e le proprie esperienze”.12 Il certo, in proposito, è che, da uomo colto, alluderà nei suoi ricordi, di frequente e con espressioni ammirate, alle rovine di antiche città visitate.13
E tanto perché a formarne carattere e cultura umanistica, sulla quale, oltretutto, poggiava pure la medicina di quegli anni, avevano contribuito, fin dall’età in cui ogni cosa colpisce e si imprime nell’animo, l’educazione ricevuta in famiglia e a scuola; l’essere nato e vissuto a Sepino, paese quanto mai suggestivo per vestigia e storia, al pari di Boiano, Telese e Alife, antiche, rinomate città sannitiche alle falde del Matese; gli scritti di autori dell’Evo Antico e contemporanei quali ad esempio, G. Ciarlante, arciprete di Isernia, L. Arcari, arciprete di Sepino, G.M. Galanti, storico molisano, L. Mucci, parroco di Sepino, A. Carraba, scrittore molisano.14
Ma torniamo alla carriera.
Nel 1895, il Tiberio vinse  il concorso di medico di seconda classe del Corpo Sanitario Marittimo e prestò servizio a Napoli, al quartiere Piedigrotta, nell’Ospedale della Marina Militare con annesso Laboratorio d’igiene.15 Intanto, s’era occupato di muffe e proprio in quell’anno rese noti i risultati dell’indagine.16
Per più chiaramente mostrarne l’importanza negli studi sull’antibiosi e sull’antibioticoterapia, l’una e l’altra, si può dire, a quel tempo ancora allo stato embrionario, pare necessario soffermarsi su  brani di un suo articolo, molto chiari, per quanto tecnici, e alla portata del lettore comune.
“Nei processi di evoluzione della materia”, egli esordisce, “parte importantissima è rappresentata dal molto diffuso ed interessante gruppo degli schizomiceti” – cioè batteri – e “non meno importanti sono, sotto questi riguardi, i funghi” i quali – cosa quanto mai ragguardevole – “a volte pare che ostacolino, nella lotta per la vita, lo sviluppo degli schizomiceti”. Poi si domanda: “Quali rapporti esistono nella concorrenza vitale tra questi diversi gruppi ?” e replica: “Nell’attuale stato della scienza rispondere a questi problemi è ben difficile. Vicino alla ricca sugli schizomiceti che, per il numero di specie patogene per l’uomo, richiamano più l’attenzione degli osservatori, quasi nulla è quella dei funghi che vanno comunemente sotto il nome generico di ifomiceti o, più semplicemente di muffe”. In merito, “le osservazioni sul potere patogeno di alcune specie” allo stato “sono più numerose, rare invece sono quelle sulla loro vita in rapporto a quelle degli schizomiceti”.17
Pertanto, “ponendo a banda altre questioni”, lo studioso, primo fra altri, ha “voluto osservare quale azione hanno sugli schizomiceti i prodotti cellulari, solubili nell’ acqua, di alcuni comunissimi ifomiceti” ossia “il Mucor mucedo, ed il Penicillium glaucum, non patogeni, e l’Aspergillusflavescens, patogeno per l’uomo e per gli animali”.18
Per prima cosa, ha allestito un suo terreno di cultura –del quale riporta componenti e modo di preparazione– vi ha seminato le muffe e dopo l’attecchimento, ne ha asportato vasti lembi, li ha triturati in mortaio, li ha ridotti in poltiglia e ne ha estratto il liquido. Quindi, per studiare “il potere battericida dei liquidi ottenuti nel modo innanzi detto”, ha effettuato dei saggi, tanto nelle provette quanto a goccia pendente, contro ben quattordici tipi dei “batteri più importanti”.19
Con quali esiti?
Le conclusioni si rivelano a dir poco sorprendenti: “Risulta chiaro […] che nella sostanza cellulare delle muffe esaminate son contenuti”, dove in maggiore e dove in minor misura, “dei principi solubili in acqua , forniti di azione battericida”, ragion per cui, “le muffe sarebbero di forte ostacolo alla vita e alle propagazione dei batteri patogeni”, in generale e, in particolare, almeno di quelli presi in esame.20
E già è tanto. Ma v’è dell’altro. Il Tiberio ha indagato per giunta su un possibile potere chemiotattico delle tre muffe ovvero sulle capacità che i loro liquidi hanno d’indurre una leucocitosi cioè un aumento dei globuli bianchi che, in definitiva, è “uno dei mezzi più potenti di difesa messi in atto dall’organismo verso gli agenti infettivi”. Ebbene, dopo aver inoculato dei conigli, per via sottocutanea, egli ha notato che soltanto il liquido dell’Aspergillus è dotato “di notevole potere chemiotattico” mentre gli altri manifestano scarsa attività, “ma sempre apprezzabile”. Effetti analoghi li ha ottenuti inoculando cavie, ma per via peritoneale.21Infine, dopo aver provocato nelle cavie infezioni di tifo e di colera, ha studiato una eventuale azione curativa delle dette muffe: al riguardo, ha registrato che soltanto il liquido dell‘ Aspergillus manifesta azione e preventiva e curativa contro le dette infezioni; attività preventiva e terapeutica che si realizzano “in parte per il potere battericida […] ma in massima parte per l’attiva leucocitosi” che le sostanze cellulari della muffa sono in grado di generare.22
Si assiste, dunque, ad un notevole passo avanti nello studio e nelle conoscenze sull’antibiosi e sull’antibioticoterapia sperimentale; ma a questo punto, l’indagine sulle muffe appare interrotta. Il 26 luglio del 1896, Vincenzo Tiberio pose mano ai Diari. Non molto dopo, ebbe inizio il periodo dei viaggi e delle missioni.  Nella primavera del ‘97, s’imbarcò sulla nave da guerra Sicilia che faceva parte di una squadra multinazionale diretta a Creta per evitare un conflitto tra Turchia e Grecia. Sbarcò a Canea, dove era di stanza il distaccamento italiano e, altresì, disinfestò gli alloggiamenti dai parassiti; diagnosticò e curò numerosi casi di tifo, paratifo ed enteriti; localizzò alcune infiltrazioni inquinanti nell’acquedotto, provvide alla decontaminazione e rese potabile l’acqua.23
Il 22 ottobre del ’98, ritornò in Italia; da metà novembre lavorò a Venezia, nell’Ospedale della Marina, prima nel reparto di malattie veneree, poi in chirurgia e quindi nel laboratorio analisi; diede alle stampe uno studio sulla Determinazione alimentare dei marinai a terra, in “Annali di medicina navale e coloniale”. Nel 1900 divulgò Due casi di anchilostomiasi intestinale, sempre in “Annali”.24
Non è improbabile che in quegli anni abbia ripensato all’antibiosi. A proposito, infatti, v’è da rilevare che, nel 1896, il  Penicillium glaucum aveva dato miglior prova di sé quando Bartolomeo Gosio, direttore dei Laboratori di Batteriologia dell’Istituto Superiore di Sanità, ne aveva isolato un principio attivo ad azione antibiotica: la penicillina? Senonché, per una serie di motivi, il Gosio non annesse importanza alcuna alla scoperta.25 E ancora: nel dicembre dell’anno successivo, Ernest Duchesne, medico militare, aveva sostenuto in una sua tesi, che se certi batteri impedivano lo sviluppo di alcuni ceppi di Penicillium, certi Penicillium, altre volte,  inibivano o rallentavano lo sviluppo di taluni germi patogeni, in vitro e, nella cavia, in vivo; comunque, il Glaucum proteggeva gli animali dall’azione di taluni germi.26
Fatto sta che dal dicembre 1900 Vincenzo Tiberio dovette svolgere altra missione, in Africa orientale. Imbarcato quale capo servizio sanitario sulla cannoniera Volturno, raggiunse Zanzibar, in Tanzania, e vi si impegnò nell’ assistenza clinica e nell’indagine su alcune malattie tropicali. Dopo di ché effettuate altre soste a Mogadiscio, ad Aden e a Massaua, raggiunse l’Italia. Pubblicò, sempre sulla stessa rivista, Il vitto dei militari della Regia Marina […],nel 1901 e Note sul vitto negli Ospedali della Regia Marina  nonché Alcuni casi di beri-beri osservati sulla R. Nave Volturno in Zanzibar, nel ‘903.27 Nel frattempo, essendosi comportato “da bravo soldato”, aveva ricevuto, nel 1902, la promozione a medico di prima classe.28
Quel tipo di vita ebbe una pausa, dedicata, diremmo oggi, al privato, allorquando, il 5 agosto 1905, Vincenzo sposò Amalia Graniero. Da lei avrà due figlie.29
Di lì a non molto, quale ufficiale medico riprese incarichi, viaggi e studi. In occasione dell’imbarco sulla nave ospedale Re d’Italia, pubblicò Ventilazione e riscaldamento sulle navi con termosifone (thermotank), in “Annali” di medicina navale e coloniale” del 1908.30  Non programmata fu, al contrario, la spedizione umanitaria a Messina dove il terremoto del 28 dicembre ‘908 aveva raso al suolo la città facendovi migliaia di morti;31 Vincenzo Tiberio, accorsovi, sulla nave Campania, con medici militari e civili e con un gruppo di infermieri, si prodigò nel mettere in salvo 2000 persone. Con R.D. del 5 giugno e del 7 luglio 1910, diventò oggetto di menzione d’onore “per essersi segnalato in operosità coraggio, filantropia e abnegazione”.32

Dal marzo al novembre del 1912, diresse il laboratorio batteriologico dell’Ospedale militare a La Maddalena e, per giunta, affrontò il problema della malaria, quanto mai diffusa nella zona.33  Intanto, in Africa, era in pieno svolgimento, per l’Italia, la politica coloniale sancita nel 1912 con la conquista della Libia e con la Pace di Losanna.34

A gennaio dell’anno successivo, venne mandato proprio in Cirenaica, a dirigere l’Infermeria e il Gabinetto scientifico della Base navale di Tobruck.35 Anche in terra d’Africa associò, al solito, il servizio di clinico e di analista con la ricerca e con l’attività di pubblicista, tant’è che colse occasione per interessarsi ancora di tifo, di paratifo e di enteriti e per dare alle stampe, sugli  “Annali” del 1914, gli articoli circa La patologia della Costa cirenaica, e la Patologia clinica e vaccinazione antitifica alla base navale di Tobruck. Nel frattempo, a Tobruck, nell’agosto del ’13, aveva ricevuto la notizia della promozione a maggiore.36
Rientrato in patria, stette a Venezia come direttore del gabinetto di batteriologia e igiene nell’Ospedale della Marina. Tempo dopo, ottenne il trasferimento a Napoli nell’Ospedale di Piedigrotta. Vi rimase ucciso da un infarto, il 7 di gennaio del 1915.37 In quella breve parentesi napoletana, avrà avuto modo di andare ancora col pensiero all’antibiosi.

Dopo la morte del Tiberio trascorse altro tempo, da rammentare.
Nel primo quindicennio del nuovo secolo, numerose ricerche condotte, però su batteri,  diedero  risultati positivi sulle loro proprietà antibiotiche.38 Negli anni Venti, a Londra, Alexander Fleming – è verosimile dopo essersi documentato al riguardo – riprese le osservazioni sull’attività degli ifomiceti e utilizzò un terreno di cultura come quello impiegato dal Tiberio, ma una muffa diversa. Nel 1929 rese pubblica, in un articolo, la scoperta della Penicillina nel “succo” del Penicillium notatum. In seguito, a Oxford, Howard W. Florey ed Ernst B. Chain – dopo essersi documentati – purificarono il succo e utilizzarono l’antibiotico. Insomma, tutto era accaduto in Europa.39 Nel ’45, i tre scienziati furono insigniti del Premio Nobel, “per la scoperta della penicillina e dei suoi effetti curativi in certe malattie infettive”.40

“Fleming non mancherà, onestamente, di citare le ingegnose e fruttuose ricerche condotte, già alla fine dell’‘800, dall’italiano Vincenzo Tiberio”.41 

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[1] Cfr. R. Di Lello, Un figlio del Matese, l’utile Penicillina, un Premio Nobel, in  “Quattro passi nella storia”, Casertasera.it (22- 11- 2019)
[2] Cfr. M Castelli, L’era antibiotica, in AA.VV., Il Farmaco nei TempiLa nuova Frontiera, Parma, 1992, 4 voll., IV, p. 79-80.
[3] Cfr. G. Fraticelli, Storia curiosa dell’infettivologia, s.l., ma Milano, s.d., ma 1995, 3 voll.,  I, pp. 34-35; L. Sterpellone, Dagli dei al DNA, Roma, 1988-1994, 8 voll., V, 1992, p. 772; M. Castelli, cit., pp. 79-80; J Thèodoridés, Dai miasmi ai virus, Paris, 1991, Zambeletti, 1992, p. 67.
[4] L. Sterpellone, Un italiano prima di Fleming, in “Il giornale della Previdenza”, VIII, 7 (2006) pp. 15. 
[5] Cfr. V. Martines, Vincenzo Tiberio: l’uomo, il ricercatore, l’ufficiale, in “Giornale di medicina militare”, CLV, 4, Roma, Direzione generale sanità militare (1955), p. 517. 
[6] Cfr. Sepino, Archivio della Parrocchia di S. Cristina, Libro dei nati e battezzati […], 1858- 1869, p. 244)
[7] W. Fiorentino, Vincenzo Tiberio, Precursore delle ricerche sulle muffe, in “Scienza e Tecnica”, LXVI, 389, Roma, SIPS, (2003) pp. 15-18. Cfr. G. Fraticelli, cit., pp. 55-57.   
[8] Da Atti di P.S., in R. Di Lello, G. R. Palumbo, Brigantaggio sul Matese 1860-1880, Benevento, Museo del Sannio, 1983, p.57.  
[9] W. Fiorentino, cit., pp. 15-16. L. Sterpellone, 2006,  p. 14-15.
[10] W. Fiorentino, cit., pp. 15-16. L. Sterpellone, 2006, pp. 14-15.
[11] V. Martines, cit., pp. 515-516.   
[12] L. Sterpellone, 2006, p. 14. V. Martines, cit., pp. 516-518.  
[13] Cfr. W. Fiorentino, cit., pp. 15-17. 
[14] R. Di Lello (2019). Sulla visita a Sepino di  T. Momsen, nel 1845, ospite del Mucci e dei fratelli Giacchi, cfr. note, in CIL, IX, LII, p. 227. Sulla topografia redatta nel 1877 e sulla relazione di scavo del 1880, cfr. altresì AA.VV., Sepino, Campobasso 1979, pp. 52, 55, 90. 
[15] Cfr. V. Martines, cit., p. 517. L. Sterpellone, 2006,  pp. 14-15. 
[16] Lo fece pubblicando il suo articolo Sugli estratti di alcune muffe,in “Annali di Igiene Sperimentale”, Istituto di Igiene della R. Università di Napoli, n. 1 (1895) pp. 91-107.  
[17] Id., ibid., p. 91.  
[18] Ibid., p. 92. 
[19]Ibid., pp. 93- 95. 
[20] Ibid., p.  95. 
[21] Ibid., pp. 94, 96-97.  
[22] Ibid., p. 98. 
[23] Cfr. W. Fiorentino, cit., pp. 16-17.  
[24] Id., Ibid
[25] Cfr. E.H. Ackerknecht e A.H. Murken, Compendio di Storia della medicina, Torino, 2000, p. 271. G. Fraticelli, cit., pp. 56-58; M. Castelli, cit., pp. 80-81.     
[26] J. Thèodoridés, cit., pp. 68-69. L. Sterpellone, 1992, p. 773. 
[27] W. Fiorentino, cit., pp. 17-18. 
[28] L. Sterpellone, 2006, p. 15. 
[29] P. Palumbo, Il primo documento sul potere degli antibiotici […],  in “Scienzaonline”, I, 1, (2003), s.p. 
[30] W. Fiorentino, cit., pp. 17-18. 
[31] Cfr. AA. VV., Grande Dizionario Enciclopedico, UTET, 1970, XII, p. 421. 
[32] Cfr. V. Martines, cit., pp. 524-526. 
[33] Cfr. W. Fiorentino, cit., p. 18. 
[34] G. Spini, Disegno storico delle civiltà, Roma, 1963, 3 voll., III, pp. 316-317; 351-352. 
[35] L. Sterpellone, 2006, pp. 14-15.  
[36] Id., Ibid., pp. 14-15.. W. Fiorentino, cit., pp. 16-18. 
[37] L. Sterpellone, 2006,  p. 15. 
[38] M. Castelli, cit., pp. 82-83. 
[39] L. Sterpellone, I Nobel della Medicina, Milano, 1991, pp. 171-177. Id., 2006, p. 15. 
[40] Id., 1991, pp. 171-177. 
[41] Id., 2006, p. 15.

Rosario Di Lello

fonte

https://www.istitutostoricosanniotelesino.it/storia-della-medicina/vincenzo-tiberio-un-uomo-del-sannio-nella-storia-degli-antibiotici/

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