Visita itinerante nella Itri medioevale con scolaresche di Formia
Si è tenuta, sabato scorso, da parte di tre scolaresche di Formia, una visita al centro storico di Itri, illustrato dallo storico Alfredo Saccoccio: eventi, personaggi, papi, condottieri, dame e contesse, chiese e campanili, come non li avete mai visti nel borgo medioevale di Itri, rivissuti attraverso le parole e la guida dello studioso aurunco, che al territorio ha dedicato corposi saggi.
L’evento è partito dal Piazzale Padre Pio da Pietrelcina, che già offre al visitatore un tessuto urbano interessantissimo, di grande suggestione. Già come colpo d’occhio, con il poderoso fortilizio in alto, il digradare dei merli a piombo verso la robusta torre cilindrica, inserita in una solida base scarpata, su cui scende, più a valle, un lungo camminamento di ronda e, intorno, l’aggrupparsi delle case, fa il suo effetto, come fa effetto la sua pittoresca ed imponente rocca, che, dalla sommità del colle di Sant’Angelo, sembra voglia avvinghiarsi al borgo con lunghi e poderosi tentacoli di muraglie.
I visitatori hanno ammirato il cinquecentesco convento dei frati Cappuccini, che avevano l’incarico di curare i malarici, dove venivano accolti i malati più gravi; Porta Mamurra, l’ingresso principale al nucleo medioevale, raggruppato a piramide su un poggio, dove sono scolpiti due serpenti e due ringhianti mastini, che sanno di vestigia secolari; il vico Giudea, ghetto della comunità ebraica; il Vico Papa, dove c’era la residenza dell’itrano Bartolomeo Prignano, che salì al soglio pontificio con il nome di Urbano VI; il duecentesco campanile di S. Maria Maggiore, trapezoidale, di gusto campano-orientale, insigne monumento, di gusto arabeggiante, da cui si scoprono inattesi orizzonti; la chiesa-madre di S. Michele Arcangelo, dalle forme architettoniche romanico-gotiche, cuore dell’Itri medioevale, dal pregevole campanile normanno, piantato sul portico della facciata, alto circa venti metri, che può vantare un prezioso affresco di Roberto d’Oderisio e due leoni stilofori, d’impronta romanica, con motivi zoomorfi; la casa di Michele Pezza, meglio conosciuto come “Fra’ Diavolo”, nemico giurato dei francesi, autore di temerarie e nobili gesta, che i soldati del Dombrowski, nel gennaio del 1799, misero a ferro e a fuoco, uno dei drammatici episodi della densa storia itrana, come le mire frustrate, nel 1534, del pirata algerino Ariadeno Barbarossa verso Giulia Gonzaga, una delle più celebrate donne del Rinascimento, ritenuta la più bella donna del Vecchio Continente, giovane vedova di Vespasiano Colonna, conte di Fondi, sfuggita alle grinfie dell’ammiraglio africano, che intendeva rapirla per l’harem di Solimano il Magnifico. Giulia Gonzaga era riuscita a salvarsi, vestita da notte, su un cavallo lanciato al gran galoppo e a riparare nella munitissima fortezza di Itri, per cui, dopo.la contessa offrì alla Madonna della Civita una collana di perle. Infuriati per averla persa, Ariadeno Barbarossa e i suoi uomini misero a ferro e a fuoco Fondi portando via donne e ragazzi per il mercato degli schiavi, a Costantinopoli. I turchi puntarono poi su Itri, ma furono respinti con gravi perdite.
Il borgo medioevale, posto alle falde dei monti Aurunci, sulla via Appia, diviso in due nuclei dal torrente Pontone, è caratterizzato da un pittoresco intrico di viuzze a spirale e a gradoni ripidi e da numerosi rigagnoli di vicoli, attraversati da rabbiose folate di vento. Le case dell’acropoli, dalle mille finestre fiorite di rossi gerani, che si affacciano su misteriosi scenari, sono rivestite di calce. Dinanzi alla porta di casa, su un gradino scavato quasi nella roccia, una donna, dal volto rugoso, senza tempo, ricama graffiti di seta; in alto, vicino ai lampioni, una magnifica icona della Madonna della Civita, patrona di Itri. Al di là delle ubertose colline, dove allignano l’ulivo, il carrubo, la quercia e il faggio, si respirano i profumi di arancio e di cedro. Nei campi i buoi aggiogati all’aratro tracciano solchi con il ritmico pigro del movimento della testa a destra e a sinistra. Le bestie si abbeverano alle fontane come nelle Georgiche virgiliane. In alcuni campi la terra viene rotta pazientemente e minuziosamente con la zappa. I cani dei pastori stanno sdraiati e un somarello filosofo bruca l’erba sulla costa del monte, coperto di ulivi plumbei, che, ad ogni soffio di vento, sono attraversati da un brivido d’argento. Intorno ai loro tronchi annosi e contorti, tra le biade mareggianti con un fruscio di seta, dai crepacci muschiosi delle rocce, dappertutto, è un rosseggiare sanguigno di papaveri fiammanti.
Appartiene al territorio itrano il secolare santuario della Madonna dela Civita, sorto come cappella nell’anno Mille, dove, nei dipinti del tempio, sono raffigurati Ferdinando II e la regina, protettori del luogo santo, e dove, in una Sala, sono esposti, dal 1997, numerosissimi ex voto donati dai fedeli per grazie ricevute, essendoci in Itri profondo culto per Maria. Sono dipinti ad olio, su tavola, o su tela. I più antichi, su cui sono raffigurati drammaticamente gli episodi nei quali gli offerenti sono scampati alla morte, grazie all’intervento miracoloso del santo invocato nel momento del pericolo, risalgono al Settecento. Eseguiti per lo più da artigiani locali. Gli ex-voto, oltre ad un interesse generale, come documenti di costume, rivestono talora significato estetico per la carica espressiva che gli anonimi autori, quasi sempre con modi “naifs”, hanno saputo conferire al tema trattato. Vi sono anche ex voto moderni come fotografie ed oggetti simbolici in argento, lasciati dai devoti che vi accorrono numerosi da tutto il Lazio e dall’Abruzzo, che attestano il perdurare del forte sentimento di religiosità popolare. Nel santuario, celebre per lo stupendo, ampio panorama, che spazia fino all’isola di Ponza, si conserva una miracolosa effigie della Vergine, di stile orientale, che la tradizione vuole dipinta addirittura da S. Luca Evangelista, pittore peritissimo, opinione consacrata da secoli intorno all’arte pittorica dell’ apostolo antiocheno. La Madonna, divinamente bruna ma bella, dal viso allungato, gli occhi pieni di un’espressione dolce, le braccia protese, è un’ Orante Madre assisa in trono, con il Bambino tra le braccia, sottratta alla persecuzione di Leone Isaurico da due Calogeri ; Gesù è benedicente, mentre posa l’altra mano sul globo, simbolo del dominio sul mondo.
Appartiene a Itri anche la via Appia di “Sant’Andrea”, che costituiva, fino al alcuni decenni fa, il passaggio obbligato per chi da Roma si recava verso il Sud. E’ un tratto dell’antico tracciato.
La strada, venendo da Fondi, serpeggia in salita ed attraversa una vallata costeggiata, a destra, dai monti Ceprei ed a sinistra dai Monti Aurunci, mentre in fondo si profila la meravigliosa sughereta di Monte Marano.Siamo nel tenimento di Itri. Nel principio della salita la strada si biforca: a destra abbiamo la vetusta Via Appia,poggiata sui vecchi muraglioni romani, che scendono giù fino al torrente vernotico; a sinistra, l’ottocentesca correzione stradale. Su un piccolo colle, a sinistra, si nota un esteso fabbricato, chiamato “Muraperiti”. Anticamente era un tempio dedicato a Mercurio, protettore dei viandanti, ed è naturale che qui fosse eretto , perché dopo si era costretti ad attraversare un tratto di strada pericoloso, qual era quello della salita di Sant’Andrea. Data l’estensione delle mura ormai diroccate, vi dovevano essere delle abitazioni annesse al tempio, per comodo dei passeggeri e dei sacerdoti che lo servivano. Molti ruderi vi sono nei dintorni e, poco più in là del ponte della vecchia strada, ve n’è uno di cui ancora esistono i sotterranei per le conserve d’acqua. Sopra orti pensili. Qua ancora doveva esistere una caserma per soldati ed un tempio dedicato ad Apollo, che, dopo la metà del sesto secolo, fu trasformato in chiesa cristiana, dedicata a Sant’Andrea Apostolo. Ora essa è chiamata “Fortino di Sant’Andrea”, perché nel 1798 Ferdinando IV la adattò a scopo di difesa e di controllo del luogo. Qui Michele Pezza, alias Fra’ Diavolo, con 800 itrani, tenne testa a 10.000 francesi, comandati dal generale Championnet, il quale fu costretto a fare un’altra strada per giungere ad Itri, aggirando il fortino borbonico.
Per tutti questi aspetti, la cittadina aurunca suscita un indubbio interesse nei turisti e negli amatori di antichità, oltre agli artisti, pittori specialmente, offrendo scorci caratteristici e attrazioni panoramiche. Si fa veramente fatica a staccarsi da questo incredibile quadro di natura.
Alfredo Saccoccio