Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

“Voci Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro” nelle parole di Andrea Di Chiara

Posted by on Apr 29, 2024

“Voci Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro” nelle parole di Andrea Di Chiara

Assistere, anche se tramite video, a questa bella rappresentazione teatrale, è stato molto più soddisfacente che l’ora d’aria per il carcerato in cella di isolamento. Viene proprio da dire: era ora!
Tra un monologo e l’altro, i balli e i canti della tradizione popolare meridionale, inseriti nel giusto contesto simbolico che forniva significato all’esistenza quotidiana dei sudditi duosiciliani (basta col termine massonico di “popolo”!), forniscono l’occasione per alcune opportune riflessioni.

C’è un forte, stridente contrasto tra questi canti e questi balli, e quello che può osservarsi nelle frequenti manifestazioni, ormai di maniera, che ospitano soprattutto la pizzica.
Nei canti e balli di questa rappresentazione si osserva il giusto e coerente accostamento e richiamo alla tradizione che li ha partoriti, e alla specifica cultura da cui proviene questa tradizione. La cultura in oggetto è quella delle popolazioni meridionali, che si riconoscono e identificano, da un punto di vista terreno, nel re, che è contemporaneamente padre, simbolo e bandiera della comunità, e nella religione cristiana cattolica, che nutre la necessaria identificazione spirituale e legittima la preminenza del re.
Con la sconfitta dell’antica società, che permetteva l’identificazione dei sudditi nella rappresentanza terrena del trono, e in quella spirituale dell’altare, e con la sua sostituzione con i poteri dell’usura che si fanno chiamare democrazia, l’identificazione dell’individuo non è più possibile. Ecco che anche l’arte deve modificarsi, deve assumere quel carattere distintivo di “vuoto spinto” tipico dell’arte moderna, in cui non c’è niente da imparare, niente da capire, e meno che mai niente che indichi il rimando all’identificazione e alla legittimità. Tutto viene atomizzato e svuotato di significato, per assumerne uno nuovo, comodo, che rimanda ai nuovi padroni senza legittimità, senza sacralità, senza rispetto né rispettabilità. Ecco che anche il ballo popolare, modernamente inteso, quando viene avulso dal contesto legittimo e identificante che lo ha originariamente prodotto, viene fagocitato dal femminismo e dato in pasto alle quattro isteriche che ballano scompostamente nelle varie manifestazioni dei sinistri, che non conoscono, né vogliono conoscere quale cultura ci sia dietro quelle manifestazioni artistiche che hanno usurpato, per dare sfogo alla loro becera smania di protagonismo dissacrante e ateo.
Il risultato finale è tale da gridare vendetta al cospetto di Dio: non solo ci hanno tolto il riferimento terreno, cioè il re; non solo cercano di rimuovere quel tenue ricordo che rimane del nostro riferimento spirituale, cioè la tradizione cattolica; ma, dopo essersi sostituiti, senza vergogna, ai legittimi pastori della nostra comunità, ora si appropriano dei suoi simboli, come la musica e le danze, e li usano al fine di veicolare i loro valori contro natura, contro l’uomo e contro Dio, per mezzo di manifestazioni industriali, con tanto di marchio di fabbrica, che ogni anno invitano musicisti e cantanti di scuderia privi di ogni collegamento con la tradizione, che richiamano giovani radical chic dalle città, convinti che la pizzica sia stata partorita dallo stesso contesto socio-cultural-religioso che ha partorito bella ciao.
Il peggio non è tanto per coloro che vivono, turandosi parzialmente il naso, nei luoghi che hanno prodotto quei simboli, cioè le comunità non metropolitane del meridione italiano, perché costoro possono ancora scegliere di respirare, conoscere e nutrirsi dei significati che emanano da quei simboli.
Il peggio è per i giovani delle grandi città che, educati nei disvalori degli usurpatori, ne diventano complici inconsapevoli, a meno che qualcuno non li aiuti a conoscere e ricordare, come si è cercato mirabilmente ed utilmente di fare in questa rappresentazione teatrale, al servizio della verità storica e dell’identità della nostra gente.

1 Comment

  1. Vorrei ringraziarlo personalmente per il lavoro fatto. Molto molto bello! Condivido anche la recensione!

    maya tedesco

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