Alta Terra di Lavoro

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Vuoi vedere che anche la Monna Lisa, la Gioconda, è Napoletana?

Posted by on Dic 24, 2016

Vuoi vedere che anche la Monna Lisa, la Gioconda, è Napoletana?

La Monna Lisa è Napoletana? questa è la notizia che da qualche giorno va in giro e di seguito riporto due articoli di due testate giornalistiche diverse.

Isabella d’Aragona era Monna Lisa?

 

Fa ancora discutere la tesi di una studiosa tedesca la quale ritiene che la misteriosa donna ritratta da Leonardo altri non sia che la famosa duchessa di Bari

Riporta il Vasari che la donna ritratta ne La Gioconda sarebbe stata Lisa Gherardini (1479 – 1542) e che l’opera fu commissionata da suo marito, Francesco del Giocondo ; secondo altri studiosi, invece, a commissionare il quadro fu Giuliano de’ Medici. In precedenza, si era ipotizzato che il soggetto dell’opera fosse Costanza d’Avalos (1460 – 1541) o Bianca Giovanna Sforza (1482 – 1496). Ad accomunare le tre donne è la frequentazione a vario titolo della corte sforzesca nello stesso periodo (1482 – 1500) della permanenza di Leonardo a Milano. Ma nello stesso lasso di tempo per la dimora degli Sforza passò pure un’altra celebre gentildonna, quella Isabella d’Aragona, figlia di Ippolita Maria Sforza, che più avanti sarebbe divenuta duchessa di Bari. E’ su quest’ultima figura che qualche anno fa si è concentrata l’attenzione di una studiosa tedesca, Maike Vogt-Luerssen, che ha ritenuto di identificare in essa la più misteriosa donna della storia della pittura. Cosa ha indirizzato la Luerssen verso questa strada? Non tanto l’evidente somiglianza tra la Monna Lisa e l’Isabella d’Aragona ritratta da Raffaello, quanto un ricamo dell’abito che richiama i simboli del casato milanese. Che il vestito de La Gioconda sia un abito da lutto in uso tra le donne della famiglia Sforza e che una fonte dell’epoca descrive di colore “verde scuro, con le maniche in velluto nero e un velo sulla testa” ? La Luerssen lo afferma con convinzione, specificando che la Monna Lisa di Leonardo è Isabella d’Aragona ritratta a lutto dopo la morte della madre Ippolita, avvenuta nel 1488. E ci sarebbe poi l’impossibilità che Lisa Gherardini fosse davvero la signora Giocondo, essendo in uso all’epoca che le donne maritate continuassero a portare il nome di famiglia senza assumere quello dei mariti. Osserviamo di sfuggita che al museo del Prado è conservata una coeva copia della Gioconda eseguita da anonimo e che si vuole ritragga Isabella d’Aragona. Restiamo comunque nel campo delle ipotesi. Dal canto nostro ci limitiamo ad osservare questo : quando rimasta vedova, Isabella fu costretta da Ludovico il Moro, zio del defunto marito e prepotente signore di Milano, a partire alla volta di Bari per prendere possesso di quel ducato, e con la prospettiva di non tornare più indietro, perché non si portò dietro il ‘suo’quadro? Vero è pure che tanto la Gherardinelli quanto Costanza d’Avalos o Bianca Giovanna Sforza mostrarono ciascuna a modo suo lo stesso ‘disinteresse’ verso il celebre dipinto. Concludiamo che donne di quel rango, essendo in grado di permettersi più di un dipinto, potevano  snobbare una tela che le riproducesse senza ostentata magnificenza, ovvero come nel caso della celeberrima tela leonardesca. Si osservi la differenza tra il fasto del ritratto di Raffaello e la sobria interpretazione di Leonardo.

Italo Interesse

quotidianodibari.it

 

In un articolo di Massimo Coppa, rilevato dal quotidiano ischitano, Il Dispari, si propone una seconda ipotesi d’identificazione della Gioconda successiva a quella su Costanza d’Avalos./LM

 

A semplice integrazione ed approfondimento del mirabile articolo che lo studioso ed amico Angelo Paratico ha voluto dedicare ai lettori del “Dispari” riguardo ai collegamenti tra Leonardo Da Vinci, la Gioconda ed Ischia, vorrei aggiungere qualche cosa.

Non c’è solo l’ipotesi di Costanza D’Avalos, castellana d’Ischia, quale effettiva modella del celeberrimo dipinto oggi conservato al Louvre di Parigi e generalmente ritenuto raffigurante Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. Anzi, secondo alcuni autori questa suggestione, fatta propria a suo tempo dal filosofo Benedetto Croce e da Adolfo Venturi, fondatore italiano della disciplina di storia dell’arte, non sarebbe suffragata dai dati anagrafici della vedova di Federico del Balzo, rappresentante della corte aragonese di Napoli ed eroina a difesa dell’isola d’Ischia dall’assedio dei francesi del 1503. Pietro Cesare Marani rileva che, se si accetta la collocazione del dipinto nel 1503-1506, allora la D’Avalos – nata nel 1460 – risulterebbe troppo “anziana” per essere la giovane donna ritratta nella “Gioconda”. Questo è già uno dei problemi principali per quanto concerne questo famoso quadro: l’incertezza sull’epoca del suo inizio e del suo completamento. Leonardo, è notorio, aveva tempi lunghissimi di produzione: per cui è probabile che quest’opera sia stata sviluppata in anni di lavoro e molti siano stati i ripensamenti ed i ritocchi. Quindi, anticipando o posticipando le epoche di realizzazione abbiamo la presenza di Leonardo in varie zone d’Italia e, quindi, la supposizione che la modella ritratta fosse residente in una di queste. Addirittura si ipotizza che Leonardo possa essere stato anche a Napoli, ed essersi spinto ad Ischia, anche se non esiste alcuna prova storica certa di ciò. Però è vero che la città di Napoli e la Campania, almeno a livello concettuale, non gli erano sconosciute: tra i suoi discepoli c’era un certo Francesco Galli, detto “di Napoli”, mentre un altro era Cesare de Sesto, che lavorò e visse a Cava dei Tirreni ed a Baiano. Nota lo studioso Marco Versiero che nel famoso “Codice Atlantico” c’è il cosiddetto “Memorandum Ligny” nel quale Leonardo, dovendo lasciare Milano a causa dell’invasione francese, scrive in senso inverso, nel suo caratteristico stile, che ha intenzione di spostarsi a Napoli insieme al conte di Lussemburgo; e sempre nel Codice Atlantico, in un’altra grafia ma con lo stile di Leonardo (che forse ha dettato il testo ad un collaboratore), si può leggere un brano nel quale la regione Campania viene glorificata “come opera dell’allegrezza della Natura”. Del resto, ancora oggi, la vita del Maestro è ricca di periodi non sufficientemente illuminati: basterebbe ricordare che lo stesso studio della sua biografia e delle sue opere ha registrato trecento anni di vuoto assoluto, riprendendo seriamente solo nella metà dell’Ottocento. Questo, ovviamente, complica enormemente ogni ricostruzione. Un’altra ipotesi identificativa della Gioconda, alternativa a quella di Lisa Gherardini del Giocondo, proposta anticamente dal Vasari ed accettata ancora oggi a maggioranza, è quella che vedrebbe implicata una bellissima signora napoletana, Isabella Gualandi. Il poeta Enea Irpino (che, a dispetto del nome, era di Parma) scrisse in un suo “Canzoniere” di aver conosciuto ed amato ad Ischia una dama che era stata ritratta da Leonardo. Egli la chiama “Isabella”. In una biografia di Leonardo edita nel 1998, Carlo Vecce propende decisamente per questa ipotesi che anch’egli, però, come nota lo studioso Fiorenzo Laurelli, non dimostra completamente ed al di là di ogni ragionevole dubbio. Pare, insomma, che la definizione dell’identità della Gioconda sia ancora oggi incerta e che divida gli studiosi tra opposte fazioni. Il mainstream propende per la Monna Lisa Gherardini, ma non mancano – come si vede – autorevoli voci dissenzienti. La cosa sconcertante è che le tesi alternative individuano, comunque, una figura femminile che ha a che fare con Ischia! Tornando all’ipotesi del Vecce, dunque, ad essere ritratta nel dipinto del Louvre sarebbe Isabella Gualandi, figlia del pisano Ranieri Gualandi, maggiordomo di camera di Alfonso D’Aragona, nata a Napoli nel 1491. La madre è Bianca Gallerani, a sua volta cugina di Cecilia, la famosa “Dama dell’ermellino” ritratta sempre da Leonardo. Isabella Gualandi rimase orfana di padre ad un anno d’età e restò sempre presso la corte aragonese. Nel 1514 si trovava a Roma ed entrava nell’entourage di Vittoria Colonna, presumibilmente seguendola poi ovunque ed arrivando quindi anche ad Ischia. Il Vecce data la realizzazione della Gioconda all’anno 1514, ed allora la Gualandi era già madre e pure vedova: ma ancora, come si vede, giovanissima, avendo 23 anni. Se accettiamo questa ipotesi, dunque, abbiamo un’ulteriore fortissima suggestione sull’”ischitanità”, benché d’adozione, della modella oggi conosciuta come “Gioconda”: non nobildonna fiorentina, quindi, ma di nascita napoletana e di residenza, ad un certo punto, ischitana presso il Castello Aragonese. Nel 1521 mons. Antonio De Beatis completava l’“Itinerario”: il resoconto di un viaggio, avvenuto tra il 1517 ed il 1518, nel quale accompagnava il cardinale Luigi D’Aragona, di cui era il segretario. Nota il Laurelli che questo “Itinerario” viene considerato comunemente come la prima testimonianza dell’esistenza del quadro che oggi conosciamo come “la Gioconda”. Nel diario si legge che il 10 ottobre 1517 il card. D’Aragona visita il castello di Cloux, in Francia, nei pressi di Amboise. Qui c’è Leonardo, per quei tempi da considerarsi anziano (aveva 65 anni) e con la mano destra paralizzata (ma ricordiamo che egli era mancino). Il Maestro mostra agli ospiti alcune sue opere. Il giorno dopo la comitiva visita il castello di Blois e per questa tappa il segretario De Beatis annota: “Vi era ancho un quatro dove è pintata ad oglio una certa Signora di Lombardia di naturale assai bella: ma al mio iuditio no tanto come la Signora Gualanda”. Perché questo riferimento? La logica ci dice che De Beatis fa questo paragone perché, evidentemente, il giorno prima, da Leonardo, aveva visto un ritratto di Isabella Gualandi. Ma è solo un ragionamento a posteriori: non è una prova inconfutabile anche se, come ricordava Paratico, Giovan Paolo Lomazzo, nel 1590, scriveva di una “Monna Lisa napoletana” tra le opere di Leonardo conservate a Fontainebleau. Forse il ritratto della Gualandi e la Gioconda sono due opere diverse, delle quali la prima è andata perduta o la cui modella non è stata correttamente identificata. In ogni caso nessuno, ancora oggi, può dire una parola definitiva su un quadro che resta ancora misterioso e, per questo, ancor più affascinante. *** Questo articolo è enormemente debitore ad Angelo Paratico per il suggerimento della pista della Gualandi; agli scritti degli studiosi Fiorenzo Laurelli (“La prima Signora Elisa, o della committenza del ritratto di Monna Lisa Gherardini, detto ‘La Gioconda’)”, in “Rivista Storica del Sannio”, 2000, e Marco Versiero, “Leonardo & Ischia, una dama misteriosa e un ritratto perduto”, in “La Rassegna d’Ischia”, n. 1/2005. www.massimocoppa.it

Il sito di Angelo Paratico; http://www.lascarpublishing.com/leonardo

fonte

royalmonaco.net

gioconda-era-napoletana

 

1 Comment

  1. Come lo specchio magico della matrigna di Biancaneve ci indica il più bello del reame, così il volto della Gioconda ci rimanda a quello di Leonardo da Vinci. Il volto femminile del dipinto conservato al Louvre è sovrapponibile all’Autoritratto di Leonardo conservato a Torino. Ma ancora più inconsciamente per il professore Mario Alinei, richiama l’immagine del lutto, tramite la rappresentazione di una giovane donna morta con gli occhi aperti come se fosse viva, nascosta dalla bellezza ancora presente della persona raffigurata. Per ultimo, un rimando subliminale al volto sindonico, come apparve nel negativo fotografato nel 1898 per la prima volta. Anch’esso somigliante con quello dell’Autoritratto di Leonardo da Vinci conservato a Torino. Dove la Sindone di Torino è l’Autoritratto o il ritratto di un Uomo vivo ritratto come morto. Questa sarebbero le ragioni profonde del fascino del dipinto e dell’iconoclastia a cui è stato sottoposto nello scorso secolo. L’immagine della Gioconda è diventata un’icona, quasi un volto archetipo. Ma di volto archetipo ne esiste solo Uno. Cfr. ebook/kindle. La Gioconda: uno specchio magico.

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