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“1799: Le tre giornate di Napoli” intervento di Fernando Di Mieri

Posted by on Ago 5, 2023

“1799: Le tre giornate di Napoli” intervento di Fernando Di Mieri

Dopo aver pubblicato il video integrale del Convegno del 10 di giugno 2023 sulle “Tre Giornate di Napoli” e il primo intervento del Prof. Erminio De Biase, organizzatore del convegno, oggi è il turno dell’intervento del Prof. Fernando Di Mieri che ha messo a fuoco il tema teologico e religioso legato a quel periodo storico che nonostante è di fondamentale importanza poco viene trattato quando si parla del 1799.

Da segnalare che all’inizio del convegno quattro agenti della Digos son venuti a controllare cosa stessimo facendo cosa che accade sempre a Napoli quando si organizzano incontri identitari napolitani, ma entrare nel bel mezzo di convegno a me personalmente non è mai accaduto e soprattutto con tono inquisitorio è la prima volta ma siccome era tutto in regola e c’erano persone di altissimo profilo umano e professionale a conferire e ad ascoltare sono andati via pur essendo invitati dal Prof. De Biase ad ascoltare. Di seguito il testo dell’intervento del Prof. Fernando Di Mieri e il video

1799: LE TRE GIORNATE DI NAPOLI

10 giugno 2023

Organizzato da Erminio De Biase

Relatori

Erminio De Biase

Fernando di Mieri

Gianandrea de Antonellis

Mariolina Spadaro

Moderatore

Claudio Saltarelli


Impossibile comprendere in essenza il moto rivoluzionario del 1799 nel nostro Sud continentale senza riconoscere l’importanza dell’attacco da esso lanciato alla tradizione cattolica, maestra dell’anima più vera del Regno, antica creatura dei Papi.

Non per caso, l’impostazione che i protagonisti della vicenda repubblicana intendono dare alla neonata formazione politica, peraltro da nessuno pienamente riconosciuta sul piano internazionale, appare fortemente caratterizzata dalla volontà di eliminare la visione tradizionale della religione dei padri, per offrirne altre versioni fortemente disciplinate, anch’esse peraltro minacciate soprattutto da forme spurie di una religione civile (molto incoraggiata), che si fa forte di essere parto diretto delle “istituzioni” medesime.

Va da sé che un’analisi scientifica delle repubblicane motivazioni (anti-)religiose/teologiche non preclude altre prospettive di indagine, atte ad illuminare quei fatidici cinque mesi (o giù di lì), ad esempio mostrandoli all’interno di più generali equilibri geopolitici o indagandone i rapporti tra ceti e classi, o tra mondo della città e mondo della campagna o ancora tanto altro.

*****

Tra i miei punti di riferimento, non posso non richiamare almeno l’opera di Francesco Colangelo, scrittore controrivoluzionario e legittimista che tanta parte avrà poi nelle vicende del Regno. Egli pubblica a caldo, già nel mese di settembre, le sue Riflessioni storico-politiche su la Rivoluzione accaduta in Napoli nel 1799, che non vogliono limitarsi ad uno sguardo sostanzialmente cronachistico (alla maniera di altre opere, come quella di Domenico Petromasi, Storia della spedizione dell’eminentissimo cardinale D. Fabrizio Ruffo), ma ambiscono ad essere innanzitutto rigorosa messa in evidenza (che in più punti arriva a diventare una vera filosofia della storia) di quei principi fondamentali dell’esperimento repubblicano non sempre proclamati o riconosciuti con la dovuta chiarezza.

Colangelo scrive, mettendo a fuoco taluni caratteri centrali della Repubblica quali sono rinvenibili nella sua volontà distruttiva, nell’uso del linguaggio, nell’inversione di principi e valori:

Una masnada infatti di briganti, (chi il crederebbe!) una masnada di briganti ha sovvertito ogni ordine, ha assalito l’altare, oltraggiato il trono, contristata la natura, stritolata l’umanità. Cambiata la forza e l’intrinseca natura de’ vocaboli, si è chiamata libertà una vera tirannia, in cui si cercava finanche estinguere la voce, e la coscienza de’ popoli desolati. Si è appellata eguaglianza il perpetuo ladroneggiare d’alcuni pochi, i quali altro merito non potevano avere, che d’essere i Primi, giusta la frase di Plutarco, in una città contaminata, e corrotta. Si è chiamato il fausto punto della ristaurazione de’ diritti dell’uomo quest’epoca infelice, in cui era presa di mira e nelle sostanze, e nella vita, e nella Religione tuttaquanta l’umanità. Si annunziava il rispetto sì, e la difesa della Cattolica Religione; ma si videro gli Unti, ed i Segregati del Signore, deposte l’Insule, e le Tiare, involatisi a’ sacri Chiostri, cingere usbergo, e trattar l’armi, e le spade, ma si videro le verginelle di Sionne unite coi depravati figli della Babilonia profana.

Così Colangelo, dimostrando piena ed immediata avvertenza delle ragioni profonde dei sommovimenti accaduti nel Sud continentale, può concludere:

si rileva quel che ho detto 1. Che questa è stata una guerra diretta contra la Religione, ed il Trono; e prima contra la Religione, come il più sicuro appoggio del Principato. 2. Che questa non è stata una persecuzione di spade, elmi, cataste d’un manifesto nemico; ma occulta d’insidiatore segreto, che mentre ti perseguita, e ti uccide, non si fa credere per tale, e si covre sotto le divise dell’amico. 3. Che questa guerra si è portata avanti nel suo progresso col mettere discordie, e far credere nemici fra loro il Sacerdozio e ‘l Principato. 4. Che questa congiura infame, per covrire i suoi attacchi, e per combattere senza aver nemici, gli divideva, e gli addormentava. Mentre infatti combatteva la Religione, facea mostrare di voler versare il sangue a favore del Principato, il cui impegno l’animava a sostenerne i diritti contra l’usurpazione de’ preti. Atterrata poi la Religione, si calò la visiera, e si fece conoscere quale era, nemica ancora del Trono, valendosi delle stesse armi per rovesciarlo, di cui erasi servita per atterrare la Religione

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Parole di fuoco, come si nota, ma utili a comprendere la verità: la Repubblica napoletana, ad onta di tante ragioni in contrario che vengono addotte, non sfugge alla lettura “teologica e religiosa”, se solo si pone la giusta e dovuta attenzione ai documenti di peso, ai diversi fatti significativi, nonché alle dichiarazioni formali, integralmente prese, dei protagonisti. Ovvio che ogni realizzazione di ampio respiro, e certamente la Repubblica lo è stata, contempla sempre le situazioni più varie: c’è sempre chi si schiera da una parte o dall’altra non per intimo convincimento, bensì per contrapposizioni familistiche o interessi del momento; ci sono sempre volontà, pacificatrici o bellicose, che si schierano dove possono esprimersi al meglio, etc. C’è altresì sempre la volontà di mantenere qualche equilibrio precedente o di sconvolgerlo. Tanti vescovi, giusto per fare un esempio, aderiscono alla Repubblica per le ragioni più varie: la necessità di tutelarsi; la motivazione biblica, presa (per convenienza?) alla lettera, di rispettare il detentore del potere, poiché “non est potestas nisi a Deo” (Rom. XIII,1); la necessità di evitare ulteriore spargimento di sangue; gli effetti di una martellante propaganda giansenista anche nel Sud continentale; o altro ancora.

Tante dunque le motivazioni, ma nel groviglio dei fatti e delle loro possibili letture, è imprescindibile riconoscere il “peso” storiografico delle diverse fonti: testi scritti, decisioni militari etc. Il tutto per rispondere all’esigenza di non lasciarsi sviare.

Si pensi ad un personaggio come Championnet, che, una volta conquistata la città, riesce a conquistare anche le simpatie di tanti, a partire da colui che sarà aiutante reale di Ruffo nell’epopea sanfedista, il marchese Malaspina. Questi lo descriverà in termini elogiativi:

Chi da vicino trattò Championnet, dice che il suo contegno, e de’ suoi seguaci uffiziali, fu decente e decoroso. O finzione! o natural carattere! Championnet era dottato dalla natura di esteriori attraenti requisiti; o ostentava nel suo discorso e nelle sue maniere un carattere di affabilità e di dolcezza che manifestava un’educazione, ed infine acquistò l’affetto generale. Si portò subito alla cappella di San Gennaro, e lasciò al santo una collana, e la fascia tricolorata anche all’arcivescovo. Si fece dire che il sangue che si espose anche si liquefacesse in quell’occasione (corsivo mio. NdS); ma la combinazione singolare si fu, che il Vesuvio fece fuoco all’entrata de’ Francesi in Napoli.

Eppure, in quanto ad esosità o spirito di rapina il generale Championnet non si lasciava battere da alcuno. Nell’armistizio di Sparanise, ad esempio, si “prevedeva la cessione della fortezza di Capua e un contributo di due milioni e mezzo di ducati da pagare in due rate, la prima il 15, la seconda il 25 gennaio. Contributo pesantissimo, se si pensa che nel 1781 le entrate dello Stato ammontavano in tutto a meno di quattro milioni e mezzo di ducati” (A.M. Rao).

Bisogna perciò stare attenti ad apparenze che contribuiscono senz’altro a far nascere interpretazioni non adeguatamente fondate ed oppongono difficoltà nel distinguere tra l’essenziale e l’occasionale o il parziale (finalizzati però a raggiungere l’essenziale). A complicare ulteriormente le cose sta il fatto che ci troviamo dinanzi ad una nuova formazione politica, la quale prova a giocare abilmente su piani diversi per convincere che non vuole essere eversiva di alcunché di fondamentale, come la religione o la proprietà, ma vuole semplicemente portare giustizia, per esempio liberando il Sud dal Tiranno ovvero restituendo ciò che il Tiranno aveva ingiustamente tolto o su cui fondava il suo potere. Il tutto solo per dare al popolo (e.g., cfr. l’eversione della feudalità). Niente di più. Lungi dai capi rivoluzionari l’idea di sopprimere il cattolicesimo: bisogna solo far sì che diventi più vero etc. etc. I fatti però, che contano più d’ogni altra cosa, parlano in contrario, per cui è necessaria una decisa avvertenza critica, un esercizio costante del sospetto.

Insomma, occorre stare bene attenti a non lasciarsi sviare da aspetti diversi e diversamente motivati dell’impianto culturale, linguistico etc. e adoperarsi invece nella ricerca dell’essenziale o di nuclei di esso. Per quella parte su cui personalmente intendo soffermare la mia attenzione, vale a dire la politica rivoluzionaria in materia teologico-religiosa, proprio allo scopo di evitare il rischio appena enunciato, citerò solo pochissimi documenti, che però si impongono per la loro forza probante: il catechismo di Tataranni (che aveva di una sorta di ufficialità) nonché qualche atto della Commissione Ecclesiastica. Nella versione ampliata di questo intervento, che spero di licenziare alle stampe in tempi brevissimi, inserirò anche ulteriori sostegni alla mia tesi generale.

*****

Dunque, Tataranni e il suo Catechismo Nazionale pe’l cittadino, uno dei catechismi stampati a Napoli nella breve stagione rivoluzionaria allo scopo di educare (facilmente intuibile secondo quali criteri) il popolo. Già ad una prima lettura appare immediatamente che anche nei passaggi espliciti circa verità religiose o ecclesiologiche il discorso è costruito in termini che starebbero bene ad un qualsiasi cultore di una religione illuministica, che quindi ha ben poco (per non dire nulla) della ricchezza cattolica e che soprattutto perde la centralità dell’incontro con Gesù Cristo.

Gli Ecclesiastici, questo il pensiero di Tataranni, ovviamente non dovranno possedere beni che possano distrarli dalle loro preoccupazioni (chissà perché tutti i nemici della Chiesa tengono molto a privarla di ogni forza materiale!). Essi hanno degli obblighi verso la società. Obblighi prevalentemente morali (ancora il primato della morale sulla dogmatica, tanto gradito a massoni e illuministi! È appena il caso di aggiungere che contestare questo primato non vuol dire giustificare la dissolutezza dei costumi):

Eglino [i.e., gli Ecclesiastici] si devono richiamare la pubblica stima colla purità e colla semplicità de’ loro costumi. Costoro debbono procurare al Popolo l’istruzione e la conoscenza di tutt’i doveri verso Iddio, e verso gli Uomini.

E ancora, giusto per rimanere in ambito morale:

I buoni costumi formano la prima qualità d’un Ecclesiastico; la tolleranza, che si accorda così bene col Vangelo, colla ragione e coll’umanità, dee fare la base de’ suoi principi. […] Ma quanto sarebbe cosa pregevole per gli uomini che, rivestiti di questo santo ministerio, avessero ben anche praticamente delle nozioni precise sull’agricoltura, sulla medicina, sulla storia naturale, sulla chimica ec.! Con ciò, costoro tratterrebbero l’ordine e la pace, ed arricchirebbero nell’istesso tempo le campagne.

Il quadro è sufficientemente delineato. Gli Ecclesiastici, che dovrebbero essere mantenuti dalla “Società”, costituiscono un corpo dipendente dalla Repubblica, e quindi ad essa soggiacente. Dovrebbero muoversi in un ambito esclusivamente morale, giusto per non nascondere la volontà utilitaristica alla quale debbono sottostare (gli tocca pur guadagnarsi lo stipendio!), per cui quanto sarebbe bello se facessero anche dei bei mestieri pratici (agricoltura, etc.). Dico: è necessario insistere ancora per far comprendere quanta sia esiziale per la religione questa subordinazione totale del clero allo stato?

*****

Veniamo ora all’annunciato documento della Commissione ecclesiastica. Dall’inizio alla fine della sua storia la Repubblica fa capire con chiarezza che non ha certamente intenzione di limitarsi ad una legittima ricerca di autonomia nei confronti della Chiesa Cattolica. Si prenda, quale unico esempio riproponibile in questa sede, il messaggio di Conforti, presidente della citata Commissione, ai vescovi ed arcivescovi napoletani del 12 marzo. Ecco il testo, chiaro come più non si potrebbe:

Tra le diverse forme di amministrazione sociale la Democrazia è il più gran beneficio, che Dio faccia al genere umano. Felice è quella Nazione, che rott’i ferri del dispotismo, si organizza in Repubblica. La felicità dell’uomo  dipende dall’esercizio de’ suoi diritti imperscrittibili, che sono la Libertà, l’Eguaglianza, le Proprietà, e la Sicurezza […] Da Gesù Cristo fu comandata la Democrazia; perché nell’Evangelio gli uomini  vengono invitati alla Libertà, ed alla Eguaglianza […] Non tardate un momento, venerati Cittadini, di manifestare con vostre Lettere Pastorali queste verità a’ vostri fratelli […] È questo un indispensabile obbligo dell’Ecclesiastici, e perché cittadini, e perché Ministri di una Religione diretta alla felicità degli uomini, e perché funzionarj della Chiesa fondata nello Stato, e perché nudriti colle sostanze nazionali […] in avvenire le prelature, le parocchie, i canonicati, le partecipazioni, ed ogni altro titolo canonico non si conferiranno che a coloro, i quali al merito Ecclesiastico uniranno l’esercizio delle virtù patriottiche, avranno giovato alla pubblica tranquillità colle prediche e colle istruzioni, e di questo civismo ne avranno impetrato il documento dalle locali autorità costituite.

I vescovi dunque in soccorso forzato dei governi. Che strano! E la libertà religiosa? Scomparsa. C’è bisogno di illuminare ancora di più le volontà eversive della repubblica in materia ecclesiastica? Si dà per scontata una visione contrattualistica e la religione viene ridotta a instrumentum regni. La Chiesa è fondata nello stato: questa è l’idea di Conforti, che rappresenta un vero sconvolgimento dei rapporti tra sacerdozio/Chiesa da una parte e stato/Repubblica dall’altra. Dal passo citato si ricava agevolmente un primato dello Stato sulla Chiesa, che sarebbe da esso dipendente (da notare anche un’aggiunta “gustosa”: solo per amore di tolleranza, alla fine Conforti dice in breve: chi non ci sta, è di fatto escluso democraticamente da ogni carica).

*****

Molto ancora si potrebbe dire a sostegno dell’idea che l’attacco in ogni campo alla religione cattolica, nella sua dottrina e nella presenza pubblica, è motivo essenziale della Repubblica napoletana del 1799. Spero però che i pochissimi punti affrontati bastino ad argomentare tale idea.

Fernando di Mieri

1 Comment

  1. siamo dunque oggetto di inquisizione da parte del Potere. Triste realtà.

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