Gaetano Filangieri nacque a Cercola, in provincia di Napoli, il 18 agosto 1752 da nobile famiglia: il padre, Cesare, era il principe di Arianiello.
Terzogenito, fu avviato alla carriera militare secondo la tradizione dell’aristocrazia, ma in seguito preferì dedicarsi agli studi. A soli 19 anni scrisse la sua prima opera Pubblica e privata educazione.
Gaetano Filangieri nacque a Cercola, in
provincia di Napoli, il 18 agosto 1752 da nobile
famiglia: il padre, Cesare, era il principe di Arianiello.
Terzogenito, fu avviato alla carriera militare
secondo la tradizione dell’aristocrazia, ma in seguito preferì dedicarsi agli
studi. A soli 19 anni scrisse la sua prima opera Pubblica e privata educazione.
Nel
1774 si laureò in giurisprudenza presso l’Università di Napoli ed esercitò per
breve tempo l’avvocatura.
Mente illuminata, si adoperò brillantemente a favore del progetto di riforma
della giustizia, mettendosi così in luce a corte, dove ebbe incarichi fin dal
1777.
Nel 1783 sposò la contessa Carolina Fremdel di Presburgo e subito dopo si
trasferì a Cava de’ Tirreni dove elaborò la sua famosa “Scienza della
Legislazione.”
Nel 1787, rientrò a Napoli chiamato al Supremo
Consiglio delle Finanze, ma la tubercolosi lo stava stroncando. Si ritirò a
Vico Equense, dove morì il 21 luglio 1788, a nemmeno 36 anni di età.
ILLUMINIISMO NAPOLETANO
L’illuminismo di Filangieri è “napoletano”,
cioè non assimilato dall’esterno, ma prodotto in quella Napoli del ‘700 che si
era dimostrata un grande laboratorio di idee, ma dove sopravvivevano i
privilegi feudali ed il lusso sfrenato della nobiltà e del clero, mentre
l’enorme massa plebea viveva nell’ignoranza, in balia dei prepotenti. Il
tessuto sociale ridotto a brandelli era allora (come ora) l’essenza di quella
che sarebbe stata chiamata “questione meridionale”, in quanto impediva non solo
il progresso, ma metteva in forse la stessa esistenza di una civiltà a Napoli.
In tale contesto,
Gaetano Filangieri rappresentò la voce
riformatrice dell’Illuminismo napoletano, la cui efficacia fu limitata dalla
precoce morte, dalle vicende rivoluzionarie in Francia (che in campo sociale
stava peggio di Napoli all’epoca) e dalle conseguenze che esse ebbero o
indussero.
Per la Napoli borbonica il Filangieri aveva
pensato ad un modello di monarchia illuminata, in cui il re guidasse una
“rivoluzione pacifica”, da attuarsi attraverso la riforma della
legislazione. Ne dovevano scaturire riforme essenziali: uguaglianza civile e
pubblica istruzione per tutti i cittadini del Regno, libertà commerciale,
codificazione delle leggi, riforma della giustizia, ridistribuzione delle
proprietà terriere per creare un vasto ceto di piccoli proprietari, fiscalità
basata su di un’imposta unica sul reddito prodotto.
Proposte e intuizioni quasi “sovversive” per
l’epoca, ma sempre illuminate dal ragionamento e sorrette da concrete
argomentazioni giuridiche, tali da indurci allo sconcerto se confrontate con il
“nulla” delle generazioni di “paglietti” (così erano detti i tanti (troppi?)
avvocati napoletani dell’800 e del ‘900)che seguirono.
Poche delle riforme proposte dal Filangieri
trovarono applicazione: con maggior successo per la procedura penale, quasi
unicamente sulla carta per la pubblica istruzione. La rivoluzione francese, il
successivo periodo napoleonico e quello della restaurazione condannarono il
Regno a un progressivo decadimento.
L’opera del Filangieri, La Scienza della
Legislazione (La Scienza della Legislazione,progettata in sette volumi, fu
pubblicata a partire dal 1780: Norme Generali, Diritto e Procedura Penale
(1783), l’Educazione (1785).
Una parte, Legislazione, uscì postuma. I
manoscritti originali andarono persi durante i saccheggi della rivoluzione del
1799 ), per forza innovatrice illuministica e consistenza giuridica, fu
universalmente apprezzata, tranne (verrebbe da aggiungere un “ovviamente” o
“come al solito”!) dalla Chiesa cattolica che nel 1784 provvide a metterla
all’indice.
I padri costituenti degli Stati Uniti
d’America, invece, la presero a riferimento per la Costituzione americana ed
uno di essi, lo scienziato-pensatore Benjamin Franklin, si avvalse più volte
del parere del Filangieri.
L’opera fu tradotta in inglese, in francese, in
tedesco, in spagnolo.
L’atteggiamento ostile della Chiesa era, dal
punto di vista della curia, ampiamente motivato. Filangieri non aveva solo
criticato il parassitismo ed i troppi privilegi del clero, ma aveva messo in
campo proposte (giustizia sociale e giuridica, uguaglianza, pubblica
istruzione, restituzione delle terre ecclesiastiche, ecc.) miranti al
progresso. Il potere ecclesiastico puntava invece sul mantenimento dello status
quo, e poteva sperare di sopravvivere solo se permanevano le ingiustizie,
miserie ed ignoranze.
Gaetano Filangieri si attendeva il progresso attraverso una azione legislativa fondata sulla Ragione e concretamente rivolta allo sviluppo della realtà socio-economica del Regno siculo-partenopeo. Oggi di lui a Napoli resta una bella strada, ma in città c’è ancora traccia del suo lume?
Filangieri, Gaetano (Napoli 1752 – Vico Equense, Napoli 1788), filosofo e giurista italiano. Proveniente da una nobile famiglia napoletana, si dedicò agli studi di giurisprudenza e di economia, partecipando poi in prima persona alla breve stagione delle riforme del Regno di Napoli. Nella sua opera principale, La scienza della legislazione, pubblicata in parte dal 1780 al 1785, Filangieri mostrò una grande fiducia di origine illuminista verso l’azione razionalizzatrice della sistematica codificazione in campo amministrativo e legislativo.
Quando Antonio Genovesi inizia le sue lezioni dalla cattedra di economia nel 1754, Gaetano Filangieri ha appena un anno.
Nella sua pur breve vita – morirà nel 1788 – Filangieri, discendente dei nobili principi di Arianello, esprime una critica serrata e radicale al sistema feudale nell’opera a cui ha dedicato la vita intera: la “Scienza della legislazione”, divisa in sette tomi di cui cinque pubblicati.