ACUFENE E I DANNI ALL’UDITO
fonte centroufon
L’acufene, e i danni all’udito derivanti a lungo termine, è uno dei più comuni effetti negativi per i musicisti e chi lavora nell’industria della musica. Ma la prolungata esposizione a rumori a volume troppo alto inizia ad essere un problema sempre più frequente anche tra chi frequenta assiduamente clubs, discoteche o concerti. Lo stesso dicasi per le troppe persone, soprattutto giovani, che ascoltano abitualmente musica in cuffia a volume troppo alto.
L’organizzazione Mondiale per la Sanità (World Health Organization), sin dall’ano scorso, ha pubblicato proiezioni allarmanti su questo problema: più di un miliardo di persone su sette è a rischio di danni all’udito. L’Università del Texas, comunque, è alla continua ricerca di mezzi e strategie per combattere e ridurre efficacemente l’acufene. Stimolando il sistema nervoso di topi con deficienze uditive, hanno ottenuto risultati molto promettenti, che potrebbero un giorno mettere la parola fine a questa condizione olto debilitante.
La Guida alla Neurologia Clinica ha definito l’acufene come “sentire suoni quando nessun suono esterno è presente”. In molti casi l’cufene si presenta come un suono squillante, che può essere sintomo di molteplici cause, anche concatenate tra loro, nonostante la più comune sia l’esposizione prolungata a rumori ad alto volume. Per i frequentatori di discoteche e concerti è noto da tempo che non indossare protezioni auricolari sfocia facilmente in acufene e danni irreversibili all’udito. Nonostante quindi sia più che consigliato usare in tali ambienti protezioni come i tappi anti rumore, gli studi sull’acufene ci danno segnali positivi sulla possibilità di sviluppare in futuro delle cure.
I ricercatori Dr. Michael Kilgard e Dr. Navzer Engineer dell’Università del Texas a Dallas e la MicroTransponder, una società di biotecnologie associata alla Università texana afferma che dei suoni associati alla simolazione del nervo Vago elimina l’acufene nei ratti in laboratorio. Test clinici su esseri umani inizieranno entro pochi mesi.
Kilgard afferma che: “cambiamenti nel cervello in risposta a lesioni ai nervi o traumi cocleari causano attività cerebrali irregolari che a loro volta appaiono responsabili di diversi tipi di dolore cronico e acufene. Nei ratti esposti a rumore elevato, quando accoppiamo toni sonori a brevi impulsi stimolatori sul nervo vago, si eliminano i sintomi fisiologici e comportamentali dell’acufene.”
Essenzialmente, ciò che i ricercatori della UT Dallas stanno facendo è “ri-allenare” il cervello a ignorare i segnali provenienti dal sistema nervoso che simulano gli “squilli” che il cervello “crede” di sentire. Dopo settimane di monitoraggio delle cavie in laboratorio, sembra che il miglioramento sia persistente.
La MicroTransponder è attualmente impegnata nello sviluppo di apparecchi accessibili e periferiche wireless che stimolano in maniera efficace il nervo vago. Anche se non si è ancora sicuri che questa sia una terapia efficace per il problema dell’acufene, possiamo dire che la scienza è sempre più vicina alla soluzione definitiva.
Fonti: Wibnet | MicroTransponder | UTDallas | TinnitusTalk
CENTROEUFON