Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Arpino: situazione generale nel 1796

Posted by on Nov 12, 2023

Arpino: situazione generale nel 1796

Arpino (come, del resto: Sora, Pescosolido, Isola del Liri, Castelliri, Broccostella, Fontechiari, Santopadre, Casalvieri, Casalattico, Terelle, Fontana Liri, Arce, Rocca D’Arce, Aquino, Castrocielo, Colle San Magno, Roccasecca) fa ancora parte del ducato Boncompagni, fondato da oltre due secoli da Giacomo (Jacopo) Boncompagni, figlio di Papa Gregorio XIII. Giacomo ha comprato nel 1579 il ducato di Sora e nel 1583 lo Stato di Aquino e lo Stato di Arpino, fondendo poi i territori in un’unica unità amministrativa.

I Boncompagni non sono stati buoni amministratori. Le poche, ed ultime, migliorie apportate si devono a Giacomo Boncompagni. I discendenti hanno malgovernato al punto da provocare profonde crisi economiche e sociali, sfociate in vere e proprie rivolte di massa; come quella capeggiata da Domenico Colessa (detto “Papone”) nel 1647. Il capopopolo di Caprile (Roccasecca) è riuscito a conquistare l’intero ducato ed a tenerlo per oltre un anno. A causa della rivolta, e delle immaginabili rappresaglie, il ducato è stato abbandonato dalla popolazione, fino a rimanere quasi privo di abitanti. Il terremoto del 1654 e l’epidemia di peste del 1656/1657 hanno completato l’opera. Le terre del ducato sono rimaste abbandonate per decenni. I primi anni del 700 hanno visto una parziale rinascita, partita già durante l’amministrazione austriaca (1707-1734) e concretizzatasi con l’avvento sul trono napoletano di Carlo di Borbone. Quest’ultimo, frenando le pesanti manie feudali dei Boncompagni, ha dato nuovo impulso alle prerogative municipali ed alla vita economica.

I buoni effetti degli interventi di Carlo di Borbone hanno, però, suscitato il risentimento del duca Gaetano Boncompagni Ludovisi, che, dal 1747, si è definitivamente trasferito a Roma.

Nel 1796 il ducato versa, quindi, nell’abbandono. L’ultimo duca (Antonio II Boncompagni Ludovisi) risiede a Roma, come già il padre Gaetano, ed ha visto le sue terre soltanto in un paio di occasioni. Le gualcherie di Carnello, di sua proprietà, riescono a dare ancora una rendita annua di 14.000 ducati (circa 700.000 €uro), ma sono prive di manutenzione da decenni.

Nel 1794 il canonico di Castelluccio (Castelliri) Giacinto Pistilli, ispirato dall’inizio dei lavori per la costruzione della cosiddetta strada “consolare”, ha presentato a Ferdinando IV un piano per la ristrutturazione economico-industriale della media valle del Liri, favorevolmente accolto dal Re con regio dispaccio del 31 marzo 1795. Il “Piano Pistilli” prevede la realizzazione ad Isola Liri di una fabbrica di cannoni e di uno stabilimento metallurgico, nonché la realizzazione di una strada da Sora a Ceprano (Stato Pontificio), a completamento della “consolare”. Quest’ultima, iniziata nel 1794, deve unire Napoli ad Avezzano passando per i paesi della parte estrema della provincia di Terra di Lavoro, con un tracciato della larghezza di otto metri (enorme, dati i tempi). Il costo stimato è di 300.000 ducati (circa 15.000.000 di €uro). I comuni posti fino a 10 miglia dal tracciato sono stati tassati, per tre anni,  con una quota  concorso di 800 ducati (40.000

€uro) per ogni mille abitanti. Il progettista dell’opera è l’ingegnere Bartolomeo Grasso, mentre il soprintendente  dei lavori è il colonnello  Parisi,  comandante  della  Regia  Accademia  Militare. L’opera, causa vicende del 1799, sarà completata soltanto fino a Sora.

L’accettazione da parte del Re del “Piano Pistilli” è stato il primo passo verso la riconsegna del ducato Boncompagni al demanio regnicolo. Ferdinando IV, nemico dichiarato della feudalità, non vuole lasciare nell’abbandono territori tanto importanti. A sottolineare le sue intenzioni, nell’aprile del 1795 si è recato in visita nelle terre del ducato, accolto con entusiasmo dalla popolazione. É iniziata, quasi in contemporanea, una complessa trattativa fra i rappresentanti ducali e l’avvocato Don Nicola Vivenzio, incaricato della corte regia. Tutto è sembrato concludersi quando il Supremo Consiglio delle Finanze di Napoli, riunito in data 31/12/1795, ha dichiarato (con dispaccio trasmesso il 16/01/1796): “incorporato alla corona lo Stato di Sora ed Arpino, assegnando in compenso all’ex duca lo Stato della Riccia”. Si è trattato, però, di un falso allarme. La permuta con lo “Stato della Riccia” (presso Capua) non è realizzabile per vari motivi. Sono necessari altri mesi di trattative, prima che la reintegrazione effettiva venga annunciata con regio dispaccio del 12 agosto 1796, emanato da Arpino. Il demanio napoletano incorpora tutti i possedimenti dell’ex duca, che vengono divisi in quattro giurisdizioni, rette da un governatore di nomina regia. Antonio II Boncompagni Ludovisi si accontenta, in cambio, di una rendita annua di 30.000 ducati (1.500.000 di €uro). La rendita non sarà mai corrisposta con regolarità, causa vicende connesse al 1799. Antonio II cercherà, pertanto, di rientrare in possesso del feudo. Tutto cesserà, però, definitivamente, con la “legge di eversione della feudalità”, emanata da Giuseppe Bonaparte il 2 agosto del 1806.

Raimondo Rotondi

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