Alta Terra di Lavoro

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BRONTE DI ANTONIO CIANO

Posted by on Ago 11, 2018

BRONTE DI ANTONIO CIANO

Garibaldi, in Sicilia, deve la sua fortunata vicenda alla credenza popolare che lo voleva condottiero invincibile a difesa dei poveri e della giustizia. …La massoneria aveva lavorato non poco a spargere questo alone attorno al generale nizzardo.

A Bronte successe qualcosa che smascherò definitivamente la sua indole di pirata ed assassino a difesa dei ricchi e dei suoi padroni inglesi. A Bronte venne perpetrato il primo eccidio dello Stato non ancora unitario, in nome dei Savoia. Nel 1860, i contadini siciliani, ai quali era stato fatto credere che la rivoluzione liberale significasse divisione delle terre comunali e baronali, come nel 1848 assaltarono i latifondi dei galantuomini e non. A Bronte arrivarono notizie di rivolte in tutti i paesi della provincia di Catania. Divisione di terre si stavano effettuando ad Adrano, a Biancavilla, a Regalbuto e dividere le ricchezze significava comunismo.
PICCHI’ NON SI LEVA STA PEZZA LORDA?
A Bronte “… il partito dei comunisti organizzò per domenica 5 agosto una manifestazione pacifica di protesta, per sollecitare la divisione dei beni demaniali… serpeggiava già tra i villici la volontà di farsi giustizia da sé e il desiderio del saccheggio per le troppe angherie subite…nell’aria si addensavano foschi presagi…la convinzione di essere scampati a quella falsa rivoluzione garibaldina che li avevano lasciati padroni come prima, accecava i galantuomini, rendendoli vieppiù arroganti…il notaio Cannata aveva anche insultato dei dimostranti che inalberavano una bandiera tricolore: “ Picchì non si leva sta pezza
lorda?”( Salvatore Scalia, Processo a Bixio, Giuseppe Maimone Editore, Catania, 1991, pag. 38)
Il notaio Cannata aveva capito che Garibaldi stava dalla parte dei galantuomini e che rivoluzione liberale significava liberismo economico, quello di cui i galantuomini erano portatori. I contadini, convinti del contrario, convinti che era giunta l’ora del giudizio, guidati da un certo Gasparozzo e dal muratore Rosario Aidala occuparono Bronte. Volevano solo la divisione delle terre e al grido di “ Viva l’Italia, viva Garibaldi” si scatenò l’inferno. Così Scalia ci racconta quella rivolta: “ …Il notaio Cannata è torturato ed evirato, del suo corpo viene fatto scempio. Un malettese affonda il coltello nella sua carne e lecca il sangue dalla lama. Altri dodici galantuomini saranno trucidati, tra cui un chierico. Non fu stuprata né uccisa nessuna donna…”( Salvatore Scalia, Ibidem, pag. 39) E cominciò così la caccia ai terreni della Ducea di Nelson.
“…Garibaldi, tempestato dai telegrammi del console inglese che lo pregava di intervenire perché fossero preservate le proprietà della Ducea di Nelson, inviò Bixio a domare una rivolta già sedata, ma che rischiava di contagiare i paesi di Linguaglossa, Randazzo, Centuripe e Castiglione. Bixio nel suo diario appare maggiormente consapevole della reale consistenza degli avvenimenti:” Secondo il presidente del consiglio del comune di Bronte la causa è la divisione voluta dei beni comunali, la stessa opinione hanno il delegato e il presidente del consiglio comunale. Secondo il delegato di Catania il presidente del Consiglio municipale Sig. Nicolò Lombardo sarebbe il capo della rivoluzione comunista” (Salvatore Scalia, Ibidem, pag. 44)
Lombardo non era un comunista, era un vecchio liberale che aveva combattuto in nome di Pio IX e della Rivoluzione Liberale nel 1848 contro i Borbone a Catania e aveva cercato di moderare la rivolta di Bronte. Ma i rivoltosi comunisti miravano ai possedimenti inglesi della Ducea di Nelson, cosa gravissima. Gli inglesi, fomentatori di rivolte in tutto il mondo, patrocinatori di Carlo Marx, non potevano far realizzare la rivoluzione comunista proprio a danno di un suddito di Sua Maestà Britannica. Bixio doveva dare l’esempio e pur sapendo che gli insorti erano tutti fuggiti, come dimostra una sua lettera al maggiore Dezza, mette le mani sul Lombardo, ritenuto dal generale garibaldino uno dei capi della rivolta comunista. Fatto grave! Bixio già sapeva quale ideologia doveva colpire. E dopo un processo sommario fece fucilare, oltre al Lombardo anche lo scemo del paese Nunzio Ciraldo Fraiunco, Samperi Spiridione, Nunzio Longhitano Longi e Nunzio Spitaleri Nunno. Dopo quella esecuzione Bixio fece affiggere un manifesto nei comuni di Francavilla, Castiglione, Linguaglossa, Randazzo, Maletto, Bronte, Cesarò, Centuripe e Regalbuto: “ La Corte di Napoli ha educato una parte di voi al delitto e oggi vi spinge a commetterlo; una mano satanica vi dirige all’assassinio, all’incendio, al furto per poi mostrarvi all’Europa inorridita e dire: ecco la Sicilia in libertà. Come! Voi volete esser segnati a dito dai vostri stessi nemici messi al bando della civiltà? Volete voi che il Dittatore sia costretto a scrivere: Stritolate quei malvagi? Con noi poche parole: o voi rimanete tranquilli, o noi come amici della patria vi distruggiamo come nemici dell’umanità”.
Nino Bixio mise a ferro e fuoco non solo la Sicilia ma anche la parte continentale del Reame. Da solo eseguì 700 fucilazioni e sempre in nome di Garibaldi, dei Savoia e della sua patria. Per il rimorso fuggì dall’Italia e morì coleroso.

ANTONIO CIANO

 

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