Superare le barriere geografiche e
culturali attraverso forme di coesione in specifici settori è un obiettivo che nel
passato ben pochi di noi, che abitiamo il mondo, hanno avuto la lungimiranza di
immaginare e tantomeno di perseguire. Alcuni si sono mossi nel proprio campo in
anticipo sugli altri, sostenendo con vigore scelte coraggiose. D’altro canto un
tempo di gestazione non breve è stato necessario ai governi nazionali per
attuare un progetto comunitario credibile così da costruire progressivamente
una situazione di fatto che parlasse di integrazione tra i Paesi europei.
Michele Rosa si considera cittadino del
mondo da quando l’unificazione europea era una mera utopia. La
sua pittura presto si nutre di molteplici esperienze creative metabolizzate
mediante tecniche, tematiche e stili in continua evoluzione sperimentale.
Artisticamente egli nasce come pittore di indirizzo figurativo di ispirazione
espressionista, per giungere ad una personale quanto singolare proposta che si
avvale del ricco trascorso di esperienze e di contaminazioni culturali. L’esordio
avvenne negli USA dove si era sagacemente trasferito per completare la
preparazione accademica e seguire i corsi di Fine Art presso l’Università di Champaign nello
stato dell’Illinois.
Al ritorno dagli Stati Uniti nel 1956
ove ha assimilato nuovi canoni estetici, ha percorso le strade del ”vecchio
continente” con lunghe esperienze di viaggio che lo proiettavano oltre i limiti
nazionali e dalle quali ha continuato ad attingere stimoli culturali finché il
vigore fisico gli lo ha consentito.
Con un lungo percorso di visita percorre l’intera Europa, per
arricchirsi delle nascenti realtà artistico-espressive e delle stratificate
preziosità stipate nei tanti musei. Si ferma definitivamente in Italia dopo
lunghi mesi di nuovi apporti intellettuali dove si dedica totalmente
all’attività pittorica e di insegnante di Disegno e storia dell’arte.
Forte della straordinaria capacità
comunicativa libera da frontiere e da fattori pregiudiziali, egli ha instancabilmente
continuato la ricerca di contatti intellettuali di confronto. L’Europa
cosiddetta occidentale è stata per lui luogo di stimoli conoscitivi dai quali
si è ispirato per illustrare scorci e paesaggi del nord: inglesi, scozzesi,
francesi, tedeschi. Negli anni a seguire, ha visitato gli stati “oltre
cortina”: la Romania, la Iugoslavia e l’Ungheria del blocco sovietico.
Luoghi da lui percepiti ugualmente
intrisi umanità che hanno suscitato una notevole produzione pittorica (alcune
tematiche marine, paesaggi della costa croata e dell’Istria). Fondamentali le
tappe artistiche nelle quali ha rielaborato reperti archeologici e prodotti
artistici di remoti luoghi come i blocchi lapidei dell’Ara di Pergamo del Pergamonmuseum
di Berlino o le sculture e i totem in pietra presso il parco di Formaviva
a Portorose oppure al Forma Viva Open Air Wood Sculpture di Kostanjevica na
Krki, entrambe in Slovenia dai primi anni sessanta del Novecento.
Dall’aprile del 1966 aveva avviato scambi
culturali in ambito artistico con vari paesi dell’Europa orientale (Jugoslavia,
Romania, Cecoslovacchia) ma anche dell’estremo oriente (Cina, Corea del Sud,
ecc.), convinto del valore unificante dell’arte come strumento di dialogo e di
pace, nonostante le difficoltà derivanti dai rigidi regimi dittatoriali dell’epoca
che sorprendentemente diedero ampio risalto e visibilità alla sua attività
sulle radio e TV nazionali.
Segno che il messaggio di apertura
dell’arte può raggiungere chiunque nelle periferie del mondo ed aprire le porte
dell’indifferenza.
Inizia le esperienze in paesi del blocco sovietico di oltre cortina con
i quali stabilisce contatti e scambi con artisti ed intellettuali in contesti
all’epoca considerati impenetrabili perché ideologicamente troppo lontani e
diffidenti. I carri armati russi invasero Praga proprio
mentre esponeva nuovamente i suoi quadri oltre cortina a Spalato e a Zagabria[1].
Nel suo personalissimo stile ha svolto
tematiche sociali, culturali e, infine, ambientali con ideale di impegno
inesauribile, ma che è diventato compito personale oltre ogni barriera politica
e/o intellettuale.
Non ha trascurato la partecipazione a
eventi internazionali come parte integrante dell’impegno di promozione
culturale locale, prendendo parte anche in Italia ad alcune delle rassegne
internazionali in calendario: nel 1963 al Concorso Internazionale di Pittura
Estemporanea, il 7° Premio al Concorso internazionale di pittura estemporanea
“Vincenzo Cardarelli” [2] di Tarquinia (VT) e alla
1ª Mostra internazionale di pittura estemporanea, Latina (LT). L’anno
successivo fu invitato al Premio Internazionale di pittura estemporanea “Città
di Tivoli”, a Tivoli ove fu premiato[3]. Nel 1965 partecipò alla
Mostra Internazionale di pittura estemporanea “Premio Mentana”, a Mentana. Nel
1966 prese parte alla 1^ Rassegna Internazionale d’arte contemporanea, galleria
“Il Gabbiano”, Ostia Lido (RM). Un particolare risalto va dato alla sua
significativa partecipazione al 4° premio internazionale estemporaneo di
pittura “Giovane Europa” di Milano Marittima (RA).
Una volta attuata e raggiunta
l’integrazione europea di cui oggi godiamo, seppur nei limiti della presente
configurazione istituzionale, l’attenzione di Michele Rosa si è spostata
prevalentemente sul contenuto del dipinto.
Così come è stato precursore
dell’utilizzo del canale transazionale, quanto alle tematiche oggetto del
messaggio di arte visiva, essendo essa stessa voce ed espressione dell’anima e
del sentimento personale, ha trasmesso i pensieri ivi contenuti. Vede prima di
noi l’invisibile[4].
Possiede particolare sensibilità
critica e percettiva che amplifica le normali sensazioni umane e, grazie ad
essa ci mostra su tela un lato del mondo che
altrimenti non avremmo potuto mai
osservare o vivere con ordinarie risorse sensoriali.
Egli è in grado di magnificare un reale che
abbiamo sempre guardato senza vedere.
Dal 1967 al 1971 furono lunghi e
frequenti i suoi soggiorni a Parigi, all’epoca insieme a Londra capitale del
teatro culturale europeo, per portare anche qui il suo contributo, intuendo le
trasformazioni sociali in anticipo sui tempi per fermarle sulla tela. Forme e
contenuti orientali sono tradotti in pittura (fine anni settanta e primi anni
ottanta del Novecento) per il forte richiamo che su di lui esercitavano lontani
popoli.
Per tutta la seconda metà del
Novecento, ma anche nei primi anni di questo nuovo secolo, descrivere il mondo
come una realtà sociale in continuo vorticoso cambiamento. Ha infine scritto
sulla stampa incoraggiando i giovani artisti per dare impulso all’arte ed alla
comunicazione transfrontaliera. Così facendo ha seguito il proprio temperamento
artistico e l’amore per l’arte come mezzo di elevazione umana e culturale,
strumento di promozione sociale, di sviluppo e di pace.
La ricerca di nuovi stimoli lo porta negli anni ’90 ad indagare e
trattenersi fra gli spazi dell’arte informale, sebbene in questo ambito avesse
già intrapreso sperimentazioni al suo ritorno in Europa. Adotta soluzioni di
arti visive personali ed originali, ove declinazioni astratte risultano
commiste ad antropomorfismi, in cui le esperienze figurative precedenti
riemergono fino al voluto sfaldamento di corpi e di ogni altro elemento reale
raffigurato. La negazione del modello figurativo ed accademico lo conduce alla
ricerca di nuove soluzioni cromatiche e materiche che suscitano forti stimoli
sensoriali e profonde esperienze meditative. L’oggetto della rappresentazione
perde la propria riconoscibilità mediante un processo distruttivo che sembra
rifiutare ogni accenno accademico e scuola di riferimento.
Per lui l’arte non è contemplazione e
isolamento, è Media ed espressione personale per la diffusione dei moniti che
grida al mondo. Durante la maturazione artistica esplora temi e soggetti che spaziano
dal folcloristico alle problematiche sociali già insite nella cosiddetta “beat
generation“, dalla rappresentazione contemplativa dei caratteristici borghi
ciociari alle fabbriche e ai macchinari dei processi industriali. Fu tra i
primi a scrutare le performances degli ambienti underground, delle coreografie
e dei contenuti del teatro d’avanguardia. Si è soffermato sulle raffigurazioni
di nudo di impronta neobarocca, sui totem di Formaviava, sullo studio dei
reperti archeologi. Si è lasciato sedurre da introspezioni come “view of
interiors” e da più oniriche rappresentazioni atomiche e cosmiche sacre o
profane.
Per via della profondità dei temi toccati dall’artista, la sensazione per il fruitore non si ferma solamente all’immagine ottica. Il dipinto non è e non deve rimanere una statica opera contemplativa che risponde a esclusivi canoni estetici. Deve essere inclusivo pretesto di diffusione mediatica di un preciso messaggio legato a ciò che la sensibilità d’artista gli suggerisce. Senza confini di sorta.
A.Borghese
[1]Varone G. (a cura di), Scritti
di Michele Rosa, Sora, Arte Expo, 2010, pag. 95 SBN = IT\ICCU\RMS\2362124
[2]Concorso internazionale di pittura
estemporanea: 6° premio Tarquinia “Vincenzo Cardarelli”: 17-18 settembre,
Tarquinia, Giacchetti, 1963. Catalogo.
Su invito dell’Ambasciatore d’Italia a Lussemburgo, Rossella Franchini Sherifis, in collaborazione con il Borgomastro di Dudelange, Dan Biancalana, Michele Rosa esporrà 28 opere su tela della sua recente produzione al Palazzo municipale della Città di Dudelange in occasione della XIX edizione della “Settimana della lingua e della cultura Italiana nel mondo” che si terrà in Lussemburgo dal 21 al 26 ottobre 2019 sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica. L’evento dal titolo “Un frammento di vita” si svolgerà col patrocinio dell’Ambasciata Italiana di Lussemburgo a partire dal 21 ottobre e si chiuderà il giorno al 4 novembre quando le opere saranno trasferite nella sede dell’Ambasciata Italiana del Granducato di Lussemburgo ove saranno esposte in permanenza. Presenzieranno l’appuntamento culturale: • Rossella FRANCHINI SHERIFIS, Ambasciatore d’Italia in Lussemburgo; • Dan BIANCALANA, borgomastro della città di Dudelange.
Paola Latrofa: volto tondo, statura minuta ma solida, sorriso e sguardo
dolce, voce pacata. La incontro alla presentazione della sua mostra personale
di quadri presso il centro culturale dell’ex mattatoio a Frosinone curata da
Alfio Borghese. In questo spazio espositivo, tra parenti, amici, artisti,
ospiti in cerca di appagamento dello spirito, presenta ed illustra una
quindicina di pezzi della sua recente produzione.
È padrona della tecnica e la pittura, mai istintiva, appare meditata,
ponderata e pulita, costruita con estrema attenzione. Le opere si articolano,
in parte, su una ricerca di motivi puramente astratti attraverso le quali
l’artista ritrova personali equilibri tra forme maturate alla luce
dell’esperienza informale dei grandi maestri del ‘900.
I colori sono sovente di purissimo tono pastello la cui discrezione non
stride con i lineamenti delle tenui figurazioni. Quasi fantasie psichedeliche
riportate su tessuti e disgiunte da più ovvi colori fluo. Soluzioni
interessanti costruite con scie, veli trasparenti per ambientazioni a tratti
oniriche, visioni siderali di pianeti e nebulose evanescenti, mediante le quali
si attivano processi creativi per ipotetiche elaborazioni scenografiche che
fanno idealmente da contrappunto all’altra ricerca, quella dei gruppi di figure
astanti.
Questi si articolano su intrecci di affollati figurini i cui insiemi evocano i fregi posti su timpani di antichi templi classici; aggregazioni umane come figuranti teatrali sul proscenio i cui elementi, elaborati con esperta sintesi, si intrecciano sinuosi in un complesso di aggregazioni poste in pose teatrali tra Art Noveau e Chinoiserie. Figure senza tempo dalle movenze coreografiche orchestrate con estrema eleganza che disegnano armoniosi spartiti. Elementi antropomorfi che si prestano alle diverse soluzioni interpretative ove l’elemento comune sono gli intrecci di infiniti panneggi che si combinano tra loro con forti contrasti cromatici per restituire emozioni di apprezzabile spessore.
Il sindaco di Sora, il 2 settembre 2019 alle ore 12;00 presso la sala Consiliare del Comune di Sora, conferirà l’attestazione di cittadino benemerito all’artista Michele ROSA quale riconoscimento pubblico per l’attività svolta in campo artistico e culturale, contribuendo al prestigio della municipalità e alla diffusione dell’arte nella città di Sora. “Michele Rosa infatti ha mostrato sempre un grande senso di attaccamento al territorio ed una particolare attenzione per la Città di Sora, riferimenti che sono stati costantemente anche al centro della sua laboriosa ricerca del bello ed interpretazione e traduzione della realtà mediante il linguaggio artistico. Giova ricordare che nel 1962 M.R. ha iniziato una fitta interlocuzione con gli uffici delle istituzioni locali e centrali per perorare la fondazione di un istituto artistico superiore a Sora che nel 1970 finalmente si concretizzò con l’istituzione dell’ “Istituto Statale d’Arte”. Inoltre si è impegnato ad incentivare le iniziative culturali nella nostra provincia, come l’importante concorso di “Pittura in Ciociaria” presso l’Abbazia di Casamari in occasione del quale affiancò una prestigiosa giuria presieduta da grandi nomi come Giorgio De Chirico, Eliano Fantuzzi, Felice Ludovisi, Franco Miele, Claudia Refice, Carlo Savini, Giuseppe Selvaggi, Gisberto Ceracchini. Negli anni 1965, 1967 e 1971 curò la “Biennale d’Arte Sacra” di Pittura e Scultura a Sora, con il patrocinio della Curia Vescovile della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo. A parigi n, dopo l’esposizione alla galleria “Montmartre” nel 1969 ricevette l’investitura dai suoi colleghi a Console onorario della “Repubblique de Montmartre”. A coronamento di una brillante e lunga carriera, nel 2013 gli è stato conferito il titolo onorifico di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica”.
Catallo,
pittore autodidatta, dipinge con il cuore e riesce ad interpretare largamente
il gusto popolare con una proposta ispirata a un realismo paesaggistico.
Cromatismi,
luminosità, sono quelli oggettivi e, nel bene o nel male, non lasciano che le
esasperazioni pittoriche suggeriscano chiavi di lettura alternative.
Una
pittura illustrativa che non impegna l’osservatore in interpretazioni
intellettuali farraginose ma semplicemente capace di evocare remote bellezze ed
antichi sapori attraverso l’uso della tecnica ad olio.
Una
pittura trasparente che trae vitalità da un reale che ancora esiste, ma si
nasconde e sopravvive per lo più nelle nostre campagne, nei nostri borghi
rurali. Case e borghi troppo spesso abbandonati, oltraggiati, offesi e, se va
bene semplicemente dimenticati, quasi sempre soffocati da un’antropizzazione
diffusa e distruttiva.
Questi
lavori fotografano scorci che evocano nostalgicamente la realtà verghiana che è
stata della nostra terra ed in particolare della sua adolescenza. Una realtà
cancellata dal recente e diffuso benessere economico, a cui non fa riscontro un
uguale benessere etico e morale.
Etica
e morale di cui l’uomo sembra non essere più degno interprete ma di cui Catallo
denuncia la drammatica assenza invocando un ritorno a valori primigeni.
Ecco
allora rappresentati scorci suggestivi privi di presenze umane che sembrano
emanare solamente l’eco dei rumori di un osservatore in silente meditazione.
Una
proposta che esclude dallo sguardo contemplativo il genere umano, per meglio
evocare gli antichi fantasmi che popolano la sua anima, le cui reminiscenze
vibrano ancora all’interno di queste mura e smuovono le nostre coscienze
impoverite da una società edonistica, troppo spesso dimentica di ciò che siamo
stati.
Rimane
quindi la rievocazione nostalgica di scorci scenografici sempre più rari ma
ancora patrimonio del nostro retaggio architettonico di cui egli coglie il
messaggio recondito e ne ripropone gli archetipi princìpi.
Catallo, poi, con lo studio occasionale del dettaglio, si immerge nella rappresentazione dei particolari per elevare eccezionalmente la bellezza materica della pietra, del legno e del ferro di cui ne è fiero testimone ed utilizzatore per altri processi creativi.
Alfio Borghese, ancora
instancabile organizzatore di eventi culturali, ha presentato sabato 20 maggio
a Boville Ernica la mostra d’arte sacra nell’ambito della manifestazione
“Pasqua con Giotto” promossa dall’amministrazione comunale
rappresentata dal sindaco Enzo Perciballi e dal consigliere Martina Bocconi con
delega al turismo e centro storico.
La kermesse ha visto esposte le
opere di 20 artisti nel suggestivo spazio espositivo allestito nella chiesa di
San Francesco dal meraviglioso soffitto ligneo a cassettoni. Qui artisti
contemporanei si sono inconsapevolmente misurati con maestri del passato che
hanno lasciato le loro tracce sulle pareti della chiesa sulle quali ancora
sopravvivono porzioni di affreschi che narrano il livello qualitativo, il
prestigio, le stratificazioni pittoriche ed architettoniche dell’edificio
chiesastico.
Alfio Borghese, nel suo prologo introduttivo,
nell’auspicare una prospettiva di successo della esordiente manifestazione, ha
anche ricordato come medesime iniziative del più recente passato – fra le quali
la biennale d’Arte Sacra di Sora ideata e curata per diverse edizioni da Michele
Rosa – abbiano attirato complessivamente migliaia di artisti anche dall’estero.
Dunque una “Pasqua con Giotto” che va continuata sulla scia di quella
storica esperienza che ha segnato un periodo particolarmente fecondo nel
territorio frusinate.
Alla mostra erano presenti anche
opere di artisti storici che hanno operato nel nostro territorio e che hanno
arricchito il ventaglio di proposte artistiche presenti come G. Filocamo, F. Rea
ed il già citato M. Rosa. A questi ultimi due Borghese ha inoltre tributato
ufficialmente il riconoscimento alla carriera artistica consegnando ad ognuno
una targa al merito.
Fuori questa sede – ma all’interno
di altri due àmbiti chiesastici, anch’essi a navata unica e sempre nel centro
storico, Elena Sevi e Marco Gizzi hanno allestito due diverse e
particolarissime istallazioni artistiche che hanno evidenziato la personalità
ed il percorso maturativo di ognuno di essi, proponendo ora suggestioni
teatrali, ora effetti scenografici e multisensoriali ove ombre e giochi di luci
hanno reso particolarmente coinvolgente l’interazione tra fruitore, istallazione
e “contenitore”.
La ricerca dei luoghi espositivi,
ha inoltre permesso di apprezzare il suggestivo contesto urbano d’impianto
medioevale e preziosa cornice all’iniziativa culturale.
Particolarmente apprezzata è stata
inoltre la proiezione di un audiovisivo illustrato da Umberto Messia sugli
affreschi di Giotto presenti nella cappella Scrovegni a Padova, con una
sequenza fotografica ad alta definizione alternata alla visione di spettacolari
immagini dallo spazio di galassie remote. La visione di nebulose dai colori
sgargianti e spettacolari quanto inquietanti buchi neri era sapientemente esaltata
dalle musiche di accompagnamento firmate da Ennio Morricone.
Ha chiuso piacevolmente la serata il
concerto di musica classica tenuto nella stessa chiesa di S. Francesco, dal
quartetto di maestri con musiche di Mozart ed altri, eseguite con strumenti ad
arco e clarinetto che hanno prodotto emozioni rievocative di forte intensità.