CERVANTES, DON CHISCIOTTE A NAPOLI
Miguel Cervantes ebbe avventure pari, se non superiori, al suo eroe Don Chisciotte de la Mancha. Fu marinaio e esattore delle tasse. Fuggì dalla Spagna per evitare il taglio della mano destra a cui era stato condannato per il ferimento di un giovane. Andò in prigione per peculato. Fu accusato di aver ucciso un cavaliere, ma fu prosciolto dall’accusa.
Miguel de Cervantes di ritorno dalla vittoriosa battaglia di Lepanto fu ricoverato a Messina, dove la sua nave, la “Marquisa”, aveva fatto scalo durante il viaggio di ritorno a Napoli, a causa delle ferite riportate in battaglia. Rimase ricoverato diversi mesi. Le gravi ferite al fianco e alla mano sinistra causate da tre colpi di archibugio, guarirono. Lo scrittore comunque perse l’uso della mano, fortunatamente non di quella destra poiché forse non avremmo goduto delle sue opere letterarie.
Miguel de Cervantes Saavedra era nato ad Alcalà de Henares, una cittadina poco distante da Madrid, il 29 settembre 1547. Era membro di una famiglia che si trasferiva frequentemente da una città all’altra della Spagna per permettere al padre Rodrigo, che esercitava la professione di barbiere-chirurgo, di guadagnare il necessario per la sopravvivenza della sua famiglia. Una ben strana famiglia, numerosa di suo, ma integrata volta per volta da altre persone, parenti o estranei, che vivevano tutti insieme in una comune ante-litteram, una carovana che si spostava di città in città. Era una famiglia che aveva radici nell’alta borghesia poiché il nonno era un affermato avvocato e lo zio era stato Alcalde (sindaco) di Cabra. La madre, Leonor de Cortinas, era la terzogenita di una nobile famiglia economicamente decaduta. Il secondo cognome, Saavedra, non era il cognome della madre, come previsto dalla normativa spagnola, bensì un appellativo che Cervantes scelse da adulto.
Miguel fece i suoi studi a Madrid, come discepolo di Juan Lopez de Hoyos, uno scrittore spagnolo che ebbe l’incarico di dirigere “El Studio”, il liceo umanistico pubblico di Madrid. Poi frequentò l’università di Salamanca senza concludere il ciclo di studi. In quegli anni scrisse le sue prime poesie, alcune delle quali furono pubblicate da Juan Lopez de Hoyos nella sua opera del 1569 dedicata alla regina Isabel de Valois.
Per una disputa relativa a una donna, Miguel sfidò a duello un certo Antonio de Segura. Il giovane de Segura fu ferito gravemente durante il duello. Per questo motivo Miguel fu perseguito penalmente. Fu emesso un mandato di arresto a suo nome. Alcuni storici ritengono che Cervantes fu vittima di un caso di omonimia con il vero duellante. Nel 1570 Miguel fu costretto a espatriare in tutta fretta per evitare il taglio della mano destra a cui era stato condannato. Si trasferì a Roma, al seguito del cardinale Giulio Acquaviva d’Aragona, un nobile napoletano, che si era recato a Madrid per incarico del papa Pio V. A Roma conobbe la poesia di Ludovico Ariosto. Lo stile cavalleresco di Ariosto ebbe una grande influenza nelle opere di Cervantes.
Al seguito del cardinale Acquaviva ebbe modo di visitare molte città italiane. Lasciato il lavoro di segretario del cardinale venne a Napoli dove si arruolò nella compagnia guidata da Diego de Urbina, che era al servizio del famoso condottiero spagnolo Miguel de Moncada. Quando fu formata la flotta della “Lega Santa” che si doveva contrapporre alla flotta turca che spadroneggiava nel Mediterrano, Miguel Cervantes si imbarcò come soldato sulla galea spagnola-napoletana “La Marquisa” comandata da Juan de Machado. Il 7 ottobre del 1571, durante la famosa battaglia di Lepanto, la galea su cui era imbarcato Miguel fu destinata alla retroguardia e alla riserva. Cervantes quel giorno era febbricitante ed era stato esonerato dalla battaglia, ma volle comunque salire in coperta per combattere.
Il capitano della nave Juan de Machado, a metà dello battaglia, fu invitato a intervenire con la sua nave. Durante gli scontri Miguel Cervantes fu gravemente ferito da tre colpi di archibugio. A mezzogiorno la battaglia navale di Lepanto terminò con la vittoria della flotta della Lega Santa. Miguel fu soccorso. Nel viaggio di ritorno a Napoli la galea si fermò a Messina per sbarcare i feriti che furono curati presso l’ospedale di quella città. Ci vollero ben sei mesi di ricovero per ottenere la guarigione dello scrittore spagnolo, che a seguito delle ferite perse l’uso della mano sinistra.
Una volta guarito Miguel riprese la vita militare. Ebbe il grado di capitano. Operò come fante di marina sulle navi spagnole dislocate a Napoli, partecipando a numerosi scontri navali: Navarrino, Corfù e Bizerta. Di questi cinque anni, nei quali lo scrittore ebbe la sua residenza a Napoli, non si hanno molte notizie. Probabilmente abitava, come tutti i militari spagnoli distaccati a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, a monte della nuova strada voluta dal viceré Pedro de Toledo, che oggi è chiamata via Toledo. Non essendo propriamente uno stinco di santo, quasi sicuramente ebbe conoscenza di donne della media e piccola borghesia napoletana. Lo stesso Cervantes racconta in un suo poema che a Napoli incontrò una donna, Silena, con la quale intrattenne rapporti amorosi e dalla quale ebbe un figlio chiamato Promontorio.
Nel settembre del 1575 volle tornare in Spagna, imbarcandosi sulla galea Sol diretta a Barcellona. Giunti all’altezza della Costa Brava, la galea spagnola fu attaccata da navi turche comandate da Mami Arnaute, un rinnegato albanese che, dopo la sconfitta nella battaglia di Lepanto, si era dato alla pirateria. Miguel fu catturato insieme al fratello Rodrigo, che lo accompagnava, e tratto prigioniero ad Algeri. Fu assegnato come schiavo al greco rinnegato Dali Mamì.
Cervantes tentò diverse volte di evadere da Algeri. Il primo tentativo di evasione fu particolarmente sfortunato poiché l’arabo che aveva corrotto per poter raggiungere Orano e da lì imbarcarsi per la Spagna, lo tradì immediatamente abbandonandolo al suo destino. Fu ripreso dalle guardie more e riportato ad Algeri, dove la sua prigionia diventò più dura. Nel frattempo il fratello Rodrigo fu liberato dalla madre che pagò un riscatto ai rapitori. La somma non fu sufficiente per liberare anche Miguel.
Il secondo tentativo di fuga di Cervantes fu organizzato con la complicità del fratello Rodrigo. Rodrigo procurò un battello spagnolo che doveva raccogliere il fratello in un certo punto della costa di Algeri. Miguel era evaso insieme ad alcuni compagni di prigionia ed era in attesa del battello, nascosto in una grotta vicino ad una spiaggia. Il battello tentò più volte l’approdo ma, poiché il mare era mosso, non riuscì ad avvicinarsi alla spiaggia. Purtroppo i malcapitati furono avvistati dalle guardie è riportati prigionieri ad Algeri.
Il terzo tentativo abortì sul nascere poiché il moro che Cervantes aveva corrotto, che doveva recare un messaggio al governatore di Orano, che era una base navale sotto il controllo spagnolo, fu subito catturato. Il Bey di Algeri voleva punire Miguel Cervantes facendolo bastonare a morte, ma ci furono diverse intercessioni in suo favore e la punizione non fu eseguita. Evidentemente Cervantes godeva di appoggio e rispetto ad Algeri.
L’ultimo tentativo di fuga riguardò un gruppo di sessanta cristiani prigionieri. Uno di questi tradì. Il bey decise allora di trasferire Miguel Cervantes a Costantinopoli dove la fuga era impossibile. A questo punto ci fu l’intervento di due frati spagnoli che si trovavano ad Algeri per tentare di riscattare prigionieri cristiani. Saputo della vicenda di Cervantes e della sua imminente partenza per Costantinopoli i due frati, che non disponevano della somma necessaria per il suo riscatto, si rivolsero ai mercanti spagnoli della città riuscendo a mettere insieme i soldi necessari. Cervantes, che già era stato imbarcato su una galea pronta a partire, fu liberato. Il 24 ottobre del 1580 fece ritorno in Spagna.
Volendo restituire la somma che sua madre aveva speso per il riscatto suo e del fratello, si recò in Portogallo, alla corte di Filippo II, che lo incaricò di effettuare alcune missioni ufficiali a Orano, vista la sua conoscenza del luogo. Dopo aver svolto l’incarico ritornò a Madrid dove maneggiò per ottenere un incarico pubblico. A Madrid divenne l’amante di una donna sposata, Ana Villafranca de Riojas,dalla quale ebbe nel 1584 una figlia chiamata Isabel de Saavedra. In quegli anni Cervantes scrisse il suo poema La Galatea. La Galatea appare ispirata ai poemi pastorali di Ludovico Ariosto le cui opere Cervantes aveva avuto la possibilità di leggere nella biblioteca del cardinale Giulio Acquaviva. Lasciata l’amante, Miguel si sposò con Catilina de Salazar Palacios, una donna di venti anni. Il matrimonio non fu particolarmente felice. I due non ebbero figli. Miguel iniziò i suoi viaggi in Estremadura, luoghi che poi descrisse nel suo capolavoro Don Chisciotte. Dopo due anni lasciò la moglie Ana.
Fu nominato commissario della “Invincibile armata” e con questo incarico prese a viaggiare attraverso l’Andalusia. Il suo compito era procurare provviste per le flotta spagnola. A causa di alcune derrate alimentari requisite nelle tenute agricole di proprietà della Chiesa di Siviglia ricevette una scomunica dal vescovo di quella città. Poi ebbe l’incarico pubblico di esattore della tasse. Il suo compito era di recarsi nelle case e reclamare il pagamento delle imposte. Nel 1597 fu accusato di essersi impossessato di somme di denaro di pertinenza dell’erario. Per questo reato fu condannato al carcere. Nel carcere iniziò a impostare la sua opera più conosciuta: Don Chisciotte de La Mancha.
Uscito dal carcere si trasferì a Valladolid dove abitò in una grande casa insieme a due sue sorelle, a sua figlia Isabel e altre persone. Si dedicò completamente alla letteratura, scrivendo opere teatrali in tre atti, formula che lui aveva inventato. Le sue opere teatrali parlavano delle sue esperienze di soldato e di schiavo in Algeria. Completò la sua opera massima, Don Chisciotte de la Mancha. Furono tempi felici per il poeta e il letterato. Era richiestissimo degli impresari teatrali e dagli editori.
Nel 1605 un altro episodio di cronaca nera lo vide protagonista. Una mattina venne rinvenuto morto il cavaliere Gaspar de Ezpeleta fuori la porta dell’abitazione di Cervantes. Lo scrittore fu accusato del delitto. Il sospetto degli inquirenti era che in quella casa si esercitasse la prostituzione e, per qualche motivo, il cavaliere fosse stato assassinato. Miguel Cervantes venne prosciolto dalle accuse.
Stanco dei sospetti che aleggiavano su di lui e sulla sua famiglia nella piccola città di Valladolid, si trasferì a Madrid dove continuò la sua produzione letteraria. Miguel de Cervantes Saavedra, che era sofferente di diabete, si spense all’età di 68 anni nella sua casa di Madrid, situata al numero 2 della Calle de Cervantes, all’angolo della Calle del Leon. Era il 22 aprile del 1616.
Benedetto Croce, nel suo articolo “Il viaggio immaginario di Miguel de Cervantes a Napoli” ricorda che nel suo poema “La Galatea” Cervantes utilizzò il nome di Nisida, l’isoletta che si trova all’estremità di Posillipo. Croce nota anche che nel “Don Chisciotte” Cervantes citò Napoli come “la più ricca e viziosa città di tutto l’universo mondo”. Nell’opera “El licenciado Vidriera” Cervantes descrisse così Napoli: “città che appare a tutti quelli che l’hanno conosciuta, la migliore d’Europa, e anche di tutto il mondo”.
Il ricordo del suo unico figlio maschio, Promontorio, avuto dalla bellissima napoletana Silena, che poco dopo il parto lo tradì per un altro uomo, lo legò per sempre a Napoli. Nel 1608, ormai anziano, cercò di tornare a Napoli per incontrare un’ultima volta suo figlio. Non riuscendo a organizzare il viaggio, trasformò lo stesso in un viaggio ideale, quello effettuato con il suo poema “Il viaggio nel Parnaso”, dove descrisse con parole piene di ricordi dolci e struggenti la città dove aveva trascorso i suoi migliori anni, e dove ricordò il figlio “di giovane età ma già gran soldato”.
fonte
napolihistory.com
Bibliografia:
El Quijote de Carlos III, Benedetto Croce, cvc.cervantes.es/actcult/quijote_carlos/croce.htm
es.wikipedia.org/wiki/Miguel_de_Cervantes
Fernando Arrabal, Uno schiavo chiamato Cervantes, Milano, Spirali, 1996
Jean Canavaggio, Cervantes, Roma, Lucarini, 1981