Famiglia d’Auria, parte seconda
La pergamena
Riguardo alla genesi del cognome d’Auria di Lucera, si può, senza dubbio, affermare che detto cognome abbia avuto origine da una Auria di cui fa chiara menzione un documento citato nella raccolta di pergamene dell’archivio dei benedettini di Cava dei Tirreni. (“Italia Sacra” di Ughelli, Cap- 23).
Nel documento CCCCXXXIV A.D. 990, si legge infatti:
“In nome del Signore ecc.
Noi Giovanni Chierico e giudice e Truppoaldo, figli del fu giudice Pietro, residenti a Lucera, alla presenza del giudice Polcaro e di …… dichiariamo di possedere una pezza di terreno (la “pezza” era una misura di superficie pari a circa 1000 mqn.d.a.) lungo il torrente Salsola, nei confini di Lucera, ereditata da nostro padre. Essendo incolta, vogliamo venderla a voi, Mario Poterisi e Adone, figli del fu Garrempoto.
Io Auria, figlia del fu Azzaro, vedova del giudice Pietro, matrigna di Giovanni e di Truppoaldo, insieme con Optabiano mio figlio di primo letto, dichiaro che ho diritto alla quarta parte del predetto terreno datami in eredità dal giudice Pietro mio marito. Di comune accordo con Optabiano mio figlio e i miei figliastri Giovanni chierico e Truppoaldo, intendiamo vendere il terreno.
Lo strumento si chiude felicemente nella città di Lucera nel dì suddetto.
Io suddetto Polcaro giudice
Io Giovanni suddiacono
Io Falcone teste.”
Una Nobilissima Parentela – Sant’Alfonso Maria de’ Liguori:
I membri della famiglia d’Auria si imparentarono più volte con la casata de’ Liguori. Questa famiglia, nobile napoletana del sedile di Portanova, ebbe la ventura di annoverare, fra i suoi esponenti di maggior rilievo, un grandissimo Santo della Chiesa: Alfonso Maria de’ Liguori, (1696 † 1787).
Alfonso fu un Uomo straordinario. A soli dodici anni si iscrisse alla Università di Napoli laureandosi nel 1713, U.J.D. (utriusque doctrinae doctor, ovvero dottore nell’uno e nell’altro diritto: civile e canonico) dopo aver sostenuto l’esame col grande filosofo Giambattista Vico. Fu proclamato Santo nel 1839 e dottore della Chiesa nel 1871. Grazie ai tanti matrimoni dei d’Auria con i de Liguori, S. Alfonso è sempre stato considerato un Santo “di famiglia”. La sua Croce di Vescovo, con frammenti lignei della Santa Croce, era conservata, come reliquia, in casa d’Auria finché, negli anni settanta, Giovanni e Maria d’Auria, ora in Paradiso, la cui devozione era molto profonda, ne fecero dono ad una Chiesa perché fosse oggetto di venerazione da parte di tutti i fedeli.
Altra parentela: i Vallin
Giovanni d’Auria sposò in prime nozze Donna Carolina Vallin, dama di origini scozzesi, nata il 22 settembre 1812, figlia unica del Signor Don Angelo Conte di Siward e Barone di Stillbrat e di Donna Celeste Garigliano.
Il cognome Vallin ha antiche origini in Francia da dove giunse in Inghilterra con i normanni.
Dalla unione, il 5 giugno 1842, nacque Amilcare, Maria, Francesco Paolo, Vincenzo che, il 25 luglio 1842, passò alla gloria degli Angeli dopo soli 50 giorni di vita. I genitori, sconsolati, decisero di adottare, dalla Casa della Santissima Annunziata, in Napoli, una bambina di nome Maria Grazia Giovenale, la quale era stata lasciata nella ruota di detto Pio Istituto il 4 maggio 1842, apparentemente nata il giorno prima; di questa bambina si hanno poche notizie.
Ma alla coppia di sposi il destino non aveva riservato una vita facile e felice. Il giorno sei marzo 1844, quindi, all’età di trentadue anni, dopo ventisette giorni di malattia, anche Carolina passò a miglior vita per una Polmonite. In un testamento olografo, depositato presso il notar Gabriele Vallo di Napoli e di cui si ha copia fra le carte di Giovanni d’Auria, Carolina nomina il marito suo erede universale.
Come riferiscono alcuni cronisti fra cui l’autorevole Carlo Corrado (1641 † 1725) e come si è sempre saputo dalla tradizione, in casa d’Auria fu ospitata e confortata Elena degli Angeli, la regina Elena Comneno, moglie di Re Manfredi, in fuga verso l’Epiro, sua patria, dopo la sconfitta e la morte di Manfredi suo sposo. La Regina proseguì poi la sua fuga recandosi a Trani dove fu tradita da alcuni ecclesiastici ligi al Papato e quindi a Carlo d’Angiò, e consegnata con i figli agli sgherri di Carlo I d’Angiò che la fece morire in carcere.
La casa dei d’Auria, successivamente modificata da altri proprietari, risale al XIII secolo essendo la battaglia di Benevento avvenuta nel 1266.
Napoli, lastra tombale e stemma della famiglia Auria, anno 1585
Napoli, Palazzo d’Auria appartenuto a Gennaro d’Auria (U.J.D), Vicario Capitolare Generale di Napoli (fine 1600) (1)
Un Console in Famiglia ?
E’ presente nel Cimitero di Napoliun monumento funebre con i busti dei coniugi Vincenzo d’Auria ed Erminia Ajello con il seguente epitaffio:
Non esiste certezza ma ci sono buoni motivi di pensare che detto Vincenzo sia figlio di Gennaro d’Auria e di Giuseppa Rho Confalone, vissuto negli anni dalla fine del settecento al 1868.
Un Rivoluzionario e Repubblicano
Il 23 gennaio 1799, a Napoli, alcuni nobili e notabili borghesi napoletani proclamarono la “Repubblica Napoletana” nominando un Governo Provvisorio, composto da 25 membri e presieduto inizialmente da Carlo Lauberg. Il Re Ferdinando IV di Borbone si trasferì a Palermo con l’aiuto della flotta inglese comandata da Horace Nelson. Dalle notizie che sono state riportate in famiglia, non v’è dubbio che Nicola d’Auria abbia partecipato, non si sa bene in che modo o ruolo, a questa rivoluzione repubblicana.
La Repubblica Napoletana visse solo pochi mesi. Le truppe francesi, per le vicende belliche dell’epoca, furono richiamate su altri teatri di guerra e lasciarono Napoli, che rimase sguarnita, mentre il Cardinale Ruffo andava organizzando la cosiddetta “Armata della Santa Fede” che, partendo dalla Calabria, con rapida risalita, raggiunse Napoli.
I popolani napoletani, i cosiddetti Lazzari, fedeli al Re, capeggiati da Michele Pezza, il leggendario “Fra Diavolo”, all’avvicinarsi dei Sanfedisti e della flotta di Nelson che li appoggiava dal mare, dettero vita a dei moti di ribellione che determinarono il crollo della Repubblica (7 maggio 1799).
Re Ferdinando si affrettò a nominare una giunta per dare inizio ai processi a cui seguirono condanne a morte, carcere, deportazioni, esilio. Horace Nelson in persona volle l’esecuzione dell’Ammiraglio della flotta Borbonica, passato ai Repubblicani, Francesco Caracciolo, impiccato ad un pennone della propria nave e, fra gli altri rivoluzionari, famosa la decapitazione di Luisa Sanfelice che fu la protagonista di un noto romanzo di Alexandre Dumas.
Molti, fra cui il nostro Nicola d’Auria, si sottrassero ai processi e alle sicure condanne a morte per alto tradimento, con la fuga. Nicola d’Auria riuscì a fuggire in Inghilterra “dove la moglie Antonia Cilenti non volle seguirlo per paura del lungo viaggio”.
Nicola fu forse agevolato dal fatto che a Tolve, paese della Basilicata abbastanza isolato e lontano da Napoli, la repressione arrivò con un certo ritardo dando agio a Nicola di mettersi in salvo.
Il motivo della scelta dell’Inghilterra da parte di Nicola quale nuova residenza, invece della Repubblicana Francia Napoleonica, non è dato sapere.
A Giovanni Francesco d’Auria, Cavaliere di Giustizia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, è affidata la continuità della tradizione perché la Storia del Casato mai cada nell’oblio.
Nota:
(1) – Giuseppe Lumaga, “Teatro della nobilta dell’Europa ovvero Notizie delle famiglie nobili, che in Europa vivono di presente, e che in lei vissero prima …”, Napoli 1725
fonte
http://www.nobili-napoletani.it/Auria-d-2.htm