Generale Joaquín Murat. Mi chiamo Francisco Alcalá, e sono spagnolo! Sei pronto…
La storia del Murat, specialmente la parte finale: sbarco, cattura, fucilazione e sepoltura, è stata falsificata, cambiata ed omessa dai giacobini di ieri e di oggi. Un passaggio molto importante, quasi nessun libro in Italia lo riporta, mentre in Spagna si studia nelle scuole. Famosa in questo Nazione è la frase che pronuncia l’Alcalà prima che il Murat fosse giustiziato. Questo storico passaggio risulta nell’importante relazione che l’Alcalà ha inviato alla Casa d’ Aragona in Spagna.
Dopo il processo e la condanna alla pena capitale, spetta a Don Francisco Alcalá, rappresentante del Duca dell’Infantando, ad accompagnare Murat e a portarlo davanti al plotone di esecuzione. È il 13 ottobre 1815. Nel farlo, ricordando le esecuzioni ordinate da Murat a Madrid 1808 (Il genocidio), Alcalà si presentò dicendo:
Generale Joaquín Murat, mi chiamo Francisco Alcalá, e sono spagnolo! Sei pronto a morire?
In questa semplice frase “sono Spagnolo” racchiude tutto il dramma e il dolore di questo popolo, e il compimento di una Giustizia Divina.
Storica incisione spagnola dell’epoca, in cui si contrappongono due esecuzioni, quella in basso del “dos de Mayo”, detta anche la Montagna del principe Pio a Madrid, e quella in alto, la fucilazione di Joachim Murat a Pizzo nel Regno delle Due Sicilie . Il titolo di questa acquaforte è “Quien à cuchillo mata, à cuchillo muere”.
( Traduzione: Chi con coltello uccide, con il coltello muore).
Notiamo l’immagine superiore dove c’è Murat. Prende tre quarti dell’incisione, come per evidenziare l’importanza dell’evento e dare un significato altamente spirituale, “il compimento di una Giustizia Divina”.
Poesia riportata sotto dell’incisione ⇧
A Madrid llenò de pena,
en el dia dos de Mayo,
el mismo a quien hoy condena
la ley a ser fusilado.
De su eniquidad halló
Ya Murat el yusto pagò;
asi al Cielo castigò
el furor di este tirano
Traduzione:
Un Madrid pieno di tristezza.
Il giorno del due di Maggio,
lo stesso che oggi condanna
la legge, ad esser fucilato.
Della sua iniquità trovò
li Murat il giusto pagò;
così il cielo castigò
il furore di questo tiranno.
El Bando de Murat
Come risultato della rivolta che si è verificata il 2 Maggio 1808 contro l’occupazione militare della penisola, per parte del Cabochard, il suo viceré in Spagna, il vile Murat mette in atto una campagna repressiva crudelissima, che giorni dopo sarà pubblicata attraverso una bando infame, che non è altro una dichiarazione di uno stato d’assedio.
José Blas Molina Soriano
Los Cantores del Dos de Mayo
I cantori del due di Maggio
Così erano definiti tutti gli scrittori e poeti che hanno narrato quei tragici avvenimenti. Molti erano gli autori, che hanno sviluppato una copiosa letteratura tra di essi vi erano personaggi illustri.
SONETO
A LA MUERTE DE JOAQUÍN MURAT
Ese que yace en la sangrienta arena
espantoso cadáver destrozado
fue siervo obscuro intrépido sold[ado]
caudillo de las águilas del Sena.
Por él la gran Madrid de horrores [llena]
su celo y su valor vio castigado
cuando ministro de un feroz malvado
los nudos de amistad trocó en cadena.
Rey se llamó en Parténope, su intento
fue del Apóstol trastornar la silla
y alcanzar de los Césares victoria.
Vedle añadir al mundo un escarmiento,
ved como el cielo su soberbia humilla
y confunde en oprobio su memoria.
Leandro Fernández de Moratín
Traduzione:
Sonetto
ALLA MORTE DI JOAQUÍN MURAT
Quello che giace nell’insanguinata arena
spaventoso cadaver lacerato
fu servo oscuro e intrepido sol[ado] (assoldato)
capo delle aquile della Senna.
Per lui la grande Madrid degli orrori [piena]
il suo zelo e suo valore vide castigato
quando ministro di un feroce malvagio
i nodi dell’amicizia cambiò in catena.
Re fu chiamato in Partenope, il suo tentativo
fu dall’apostolo sconvolgere la sedia
e raggiungere la vittoria di Cesare.
Vide aggiungere una lezione al mondo,
guarda come il ciel la sua superbia umilia
e confonde in obbrobrio la sua memoria.
Leandro Fernández de Moratín
EL DOS DE MAYO DE 1808
HIMNO
Día terrible lleno de gloria
lleno de sangre, lleno de horrores
nunca te ocultes a la memoria
de los que tengan patria y honor.
Este es el día que con voz tirana
Ya sois esclavos la ambición gritó;
y el noble pueblo, que lo oyó indignado,
Muertos sí, dijo, pero esclavos no.
El hueco bronce, asolador del mundo,
al vil decreto se escuchó tronar:
mas el puñal que a los tiranos turba
aun mas tremendo comenzó a brilla
Ay como viste tus alegres calles,
tus anchas plazas, infeliz Madrid,
en fuego y humo parecer volcanes
y hacerse campos de sangrienta lid
La lealtad, y la perfidia armada,
se vio aquel día con furor luchar;
volviendo el pueblo generosa guerra
por la que aleve le asaltó en su hogar
¿Y a quién afrentas proponéis, tiranos?
¿a quién al miedo imagináis rendir?
¿al fiel Daoíz, al leal Velarde,
que nunca saben sin honor vivir?
El mundo aplaude su respuesta hermosa:
tender el brazo al tronador metal,
morir hollando sus contrarios muertos,
y ser de gloria a su nación señal.
Temblando vimos al francés impío,
que en cien batallas no turbó la faz,
de tanto jóven, que sin armas fiero,
entre las filas se le arroja audaz.
Víctimas buscan sus airadas manos
pero el error les arrancó el puñal;
y ¡ay! que si el día fue funesto y duro,
aun más la noche se enlutó fatal.
Noche terrible, al angustiado padre
buscando el hijo que en su hogar faltó,
noche cruel para la tierna esposa
que yermo el lecho de su amor se halló,
noche fatal, en que preguntan todos,
y a todos llanto por respuesta dan,
noche en que frena de la Parca el fallo,
y ¡ay! dicen todos, ¡quiénes morirán!
Sensibles hijas de la hermosa Iberia,
pues sois modelos de filial piedad,
los ojos, llenos de ternura y gracia,
volved en llanto a la infeliz ciudad:
Ved a la muerte nuestros caros hijos
entre verdugos el traidor llevar;
y el odio preste a vuestros ojos rayos,
si de dolor ya no podéis llorar.
Esos que veis, que maniatados llevan
al bello Prado, que el placer formó,
son los primeros corazones grandes
en que su fuego libertad prendió:
Vedlos cuan firmes a la muerte marchan,
y el noble ejemplo de morir nos dan;
sus cuerpos yacen en sangrienta pira,
sus almas libres al Empíreo van.
Por mil heridas sus abiertos pechos
oid cual gritan con horrenda voz:
«Venganza hermanos: y la madre España
nunca sea presa del francés feroz».
Entre las sombras de tan triste noche
este gemido se escuchó vagar,
gozad en paz ¡oh, del suplicio gloria!
Que aun brazos quedan que os sabrán vengar.
¡Noche terrible, llena de gloria,
llena de sangre, llena de horror,
nunca te ocultes a la memoria
de los que tengan patria y honor!
Juan Bautista de Arriaza y Superviela
Traduzione:
IL DUE DI MAGGIO DEL 1808
Inno
Giorno terribile piena di gloria
pieno di sangue, pieno di orrori
non nascondere mai dalla memoria
di coloro che hanno una patria e onore
Questo è il giorno che con la voce del tiranno.
Sei già schiavo, l’ambizione gridò
e il nobile popolo, che lo ascoltò indignato,
morto sì, disse, però schiavo no!
Il cavo di bronzo, devastatore del mondo,
Il vile decreto fu sentito tuonare:
la folla di più il pugnale quello per i tiranni,
ancora più tremendi cominciarono a brillare.
Oh come hai visto le tue strade felici,
le tue ampie piazze, infelice Madrid,
nel fuoco e nel fumo assomigliano ai vulcano
a fare campo a questa sanguinosa disputa.
Lealtà, a perfidia armata,
quel giorno fu visto con accesi scontri;
donando alla gente una guerra generosa
perchi con tradimento assaltò la sua casa
E chi stai insultando, tiranno?
A chi teme immagini di rendere?
Il fedele Daoíz, il fedele Velarde,
Chi non sa mai senza onore vivere?
Il mondo applaude la tua bellissima risposta:
tendere il braccio al tuonante metallo,
muori calpestando i tuoi nemici morti,
ed essere di gloria al segno della tua nazione.
Tremando abbiamo visto l’empio francese,
che in cento battaglie non turbò la faccia,
di tanti giovani, che senza armi feroci,
tra le file è audacemente lanciati.
Le vittime cercano con le loro mani arrabbiate
ma l’errore strappò loro il pugnale; e
oh! Che se il giorno era brutto e duro,
ancora più la notte piangeva fatalmente.
Una notte terribile, angosciato il padre
cercando il figlio che mancava nella sua casa,
notte crudele per la tenera moglie
che ha sprecato il letto del suo amore trovato,
notte fatale, in cui tutti chiedono,
e a tutti i pianti per la risposta che danno,
notte quando il fallimento della morte si ferma,
e oh! dicono tutti, chi morirà!
Figli sensibili della bella Iberia,
perché tu sei un modello di pietà filiale,
gli occhi, pieni di tenerezza e grazia,
ritorna in lacrime alla città infelice:
Guarda i nostri cari figli morte
tra i carnefici che il traditore deve portare;
e l’odio presta ai tuoi occhi i raggi,
Se dal dolor non puoi piangere
Quelli che vedi, quelli ammanettati portano
al bel prato, quale piacere si è formato,
sono i primi grandi cuori
in cui ha preso fuoco la sua libertà:
Guarda come sono decisi a morire,
e il nobile esempio di morire ci danno;
i loro corpi giacciono nella pira sanguinante,
vai le tue anime libere all’Empireo.
Per mille ferite i nel suo aperto petto
ascolta quelli che piangono con una voce orribile:
«Fratelli della vendetta: e la madre Spagna
mai essere preda del feroce francese ».
Tra le ombre di una notte così triste
questo gemito si udì vagare,
rallegrati nella pace, oh, della gloria del tormento!
Rimangono anche le braccia che sapranno vendicarti.
Notte terribile, piena di gloria,
pieno di sangue, pieno di orrore,
non nascondere mai dalla memoria
di quelli che hanno una patria e onore!
Juan Bautista de Arriaza y Superviela
Oda al Dos de Mayo (1866)
“Oigo, patria, tu aflicción,
y escucho el triste concierto
que forman, tocando a muerto,
la campana y el cañón…
Traduzione:
Ode al due maggio (1866)
“Ho sentito, la patria, la tua afflizione,
e sento il triste concerto
quella forma, toccando a morto,
la campana e il cannone….
Bernardo López García
Redatto da:
Luca Sartori – José Blas Molina Soriano – Il gruppo La Fedessima
La Fedelissima – gruppo