Il Banco delle Due Sicilie

BANCO
NO BAMCO….MI SCUSO PER L’ERRORE DI BATTUTA…..
di Zenone di Elea
CENNO STORICO DI
FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE
PER FRANCESCO DURELLI 1859 IN NAPOLI
DALLA STAMPERIA REALE
Sfidiamo chiunque a trovare nella storia dei banchi meridionali (se si esclude
il fallimento del Banco dell’Annunziata dei primi del Settecento) tracce di
quel carnevale bancario che ha caratterizzato la finanza sabauda fino ad oggi.
I banchi napolitani inventarono la carta fiduciaria ben prima della Banca di
Scozia e al momento della unificazione del paese il Banco delle Due Sicilie che
ne aveva ereditato gli strumenti finanziari godeva di un prestigio assoluto.
Le sue fedi di credito passavano di mano in mano come se fossero moneta
sonante, perché tutti erano sicuri che esse sarebbero state convertite in
numerario non appena il detentore si fosse presentato agli sportelli del banco.
L’unità d’Italia passò su tutto questo come un rullo compressore, il Banco
delle Due Sicilie aveva gli strumenti, i capitali, il prestigio economico e
sociale per divenire la banca di stato ma il potere sabaudo favorì la banca
nazionale, asservendo ad interessi particolari di una banda di predoni e di
speculatori un patrimonio plurisecolare.
Oggi siamo la più grande area territoriale europea senza banca, di questo
dobbiamo ringraziare i fratelli padani.
Abbiamo letto diversi scritti e quello che colpisce è l’assoluta impossibilità
di trovare anche nella pubblicistica liberale e antiborbonica attacchi degni di
nota al sistema finanziario napolitano.
Questo perché funzionava come un orologio svizzero e nessuno riesce a trovare
argomenti validi o fatti per sostenere il contrario.
A riprova di ciò riportiamo alcune righe tratte da una rivista
padana stampata a Milano nel 1843:
“NUOVE DISPOSIZIONI PER FACILITARE LA CIRCOLAZIONE DEI VALORI DEL BANCO DELLE
DUE SICILIE.
Sua Maestà il Re delle Due Sicilie a fine di promuovere l’industria ed il
commercio nei reali dominj oltre il Faro, decise di attivarvi la libera e
spedita circolazione del denaro, mercé dei valori che lo rappresentino.
Già sin dal 7 aprile p. p. aveva decretato che il Banco delle Due Sicilie
venisse aumentato di due altre Casse di Corte, stabilite una in Palermo e
l’altra in Messina. Il 27 settembre p. p. è stato promulgato in Palermo il
divisato decreto col relativo regolamento con cui si stabilirono i doveri e le
attribuzioni dei funzionari della Cassa di Corte.
Le dette Casse, nel modo stesso che quelle stabilite in Napoli, eseguiranno
indistintamente il servizio della regia Corte e dei privati, cioè a dire,
riceveranno qualsiasi somma di danaro, rilasciando agl’imminenti dei valori
fiduciarj, denominati Fedi di credito o polizze le quali compiranno in commercio
un’estesa circolazione, tenendo luogo di quella moneta che trovasi versata al
Banco.
La legalità di cui verranno rivestite saranno le stesse di quelle prescritte
negli attuali regolamenti del Banco delle Due Sicilie, cui fan parte le casse
di Palermo e Messina.
Nel riferire questa notizia desideriamo che un giorno o l’altro anche il regno
Lombardo-Veneto sia in possesso di un banco che offra a favore del commercio
una simile circolazione”
I nostri banchi, nati per aiutare la povera gente contro lo strapotere degli
usurai, sopravvissero agli spagnoli, agli austriaci, ai francesi e ai borboni
ma nulla poterono contro la rapacità sabauda.
Tra i documenti che mettiamo a disposizione degli amici e dei naviganti ve ne
sono alcuni che non riguardano direttamente la finanza borbonica, ad esempio
uno preso dagli Annali delle Due Sicilie riguarda il Ponte sul Garigliano.
Lo abbiamo lasciato non solo perché interessante di per sé, ma anche in quanto
esso costituisce un esempio di come i borboni usavano la loro banca di stato:
per costruire ponti, porti, strade, opifici e ferrovie (erano già stati
appaltati i lavori per la linea che doveva condurre negli Abruzzi e quella per
la Puglia ma la liberazione sabauda preferì sviluppare le direttrici nord sud
per favorire gli spostamenti di merci e di soldati padani).
��