Il Natale con Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
I “successi” della Chiesa contemporanea e dell’Italia secolarizzata sono davanti al mondo intero: nessuno entrerà nel Seminario della diocesi di Firenze nel 2021, come ha dichiarato l’arcivescovo Giuseppe Betori al TGR Toscana, intanto l’Istat registra un record negativo per natalità in Italia: nel 2019 sono 420.084 nuovi bimbi venuti alla luce, quasi 20 mila in meno rispetto all’anno precedente e oltre 156 mila in meno nel confronto con il 2008.
Basterebbe tornare alla Fede di sempre per recuperare vocazioni e sarebbe sufficiente arrestare gli aborti e favorire la cultura del matrimonio per incrementare l’indice demografico. Ma a quanto pare l’orgoglio è più forte del buon senso…
La lettura che offre il cardinale Betori all’assenza di vocazioni nella sua, come in tante altre diocesi, è di carattere generale. Si tratta di una: «situazione veramente tragica, ma dò una mia interpretazione: non è meno tragica di quella dei matrimoni, e in genere dei progetti di vita. Il problema della crisi vocazionale al sacerdozio sta all’interno di una crisi vocazionale della persona umana […] una vita che vuole tante esperienze non può essere una vita che si consacra a una finalità, a uno scopo. Vale per il matrimonio, per il sacerdozio, per tutte le scelte delle persone».
Di fronte a tutta questa tragedia dove sono pastori in grado di fare dei salutari mea culpa? Inoltre, dove sono santi pastori? Senza santità la Chiesa non potrà essere restaurata. L’autocritica porterebbe a rivedere tutti i “passi avanti” della Chiesa che sono stati messi in atto, facendo così un sano riesame per approdare a lidi sicure, attraverso, finalmente, ad un ritorno della condanna dei peccati e degli errori per ristabilire l’ordine e la vera pace di Cristo, a discapito della religione protestantizzata di Roma.
Eppure, i segni celesti non mancano, compreso questo anomalo Santo Natale 2020, dove la Santa Messa di mezzanotte sarà negata. «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 1-8). Venisse ora troverebbe molte chiacchere, scellerate scelte, abbondanti eresie, derrate di peccati. Perché non tornare alla tradizione che non tradisce né Cristo, vero Dio e vero uomo, né le anime?
Siamo giunti al Santo Natale, prendiamo allora questo prezioso tempo per fermarci e ascoltare che cosa ha dirci sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) nel merito. Le sue parole non conoscono stanchezza e vecchiaia e sono assai opportune anche per il Covid 19 e le sue “varianti”: «Considera, come avendo Dio creato il primo uomo, acciocché lo servisse ed amasse in questa vita, per condurlo poi nella vita eterna e regnare nel paradiso, a tal fine lo arricchì di lumi e di grazie. Ma l’uomo ingrato si ribellò a Dio negando l’ubbidienza che gli doveva per giustizia e per gratitudine; e così restò il misero con tutta la sua discendenza, qual ribelle, privato della divina grazia e per sempre escluso dal paradiso. […] Tutti vivevano ciechi fra le tenebre nell’ombra della morte. Su di loro dominava il demonio, e l’inferno continuamente ne faceva una strage innumerevole. Ma Dio guardando gli uomini ridotti in questo stato sì miserabile, mosso a pietà, risolve di salvarli. E come? Non manda già un Angelo, un Serafino, ma per manifestare al mondo l’immenso amore che portava a questi vermi ingrati (Rm 8,3) mandò il suo medesimo Figlio a farsi uomo e vestirsi della carne degli uomini peccatori, acciocché Egli colle sue pene e con la sua morte soddisfacesse la divina giustizia per i loro delitti, e così li liberasse dalla morte eterna; e riconciliandoli con il suo divin Padre, loro ottenesse la divina grazia, e li rendesse degni di entrare nel regno eterno» (Natale. Meditazioni e poesie, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, p. 15).
Tutto molto semplice, come la Verità, senza strane elucubrazioni, ma concetti derivanti da una tradizione nata con Cristo e portata avanti da Santa Romana Chiesa, la quale ha dovuto lottare per mantenersi integra e che da qualche decennio, invece, perde, anno dopo anno, l’identità per la quale è sorta: conservare, difendere e trasmettere la Fede per quella che è.
Sant’Alfonso, vescovo e dottore della Chiesa, così alto nei suoi insegnamenti teologici e dottrinali, è molto semplice nella docenza, non ha praticamente mai bisogno di interpreti e la sua efficacia nell’entrare nel cuore dei problemi è così tangibile che non ci si stancherebbe mai di leggere le sue pagine intrise di realismo sulla natura corrotta dell’uomo e sulla vittoria ottenuta dal Salvatore a vantaggio di tutti coloro che Gli credono. Dal suo conoscere Gesù per quello che è stato in terra e per quello che è nei Cieli, l’autore del Settecento utilizza un linguaggio diretto e balsamico, forte e dolce nel contempo, in grado di far vibrare le anime assetate di virologi e medici d’anima per annientare i pandemici e mortiferi virus spirituali, lesivi della vita eterna: «[…] sin da Bambino Voi volete cominciare ad esser mio Redentore e soddisfare la divina giustizia per i peccati miei. Voi vi eleggete la paglia per letto, per liberare me dal fuoco dell’inferno dove ho meritato più volte di esser gettato. Voi piangete e vagite su questa paglia, per impetrare a me con le vostre lagrime il perdono dal vostro Padre […] Non voglio, Gesù mio, lasciarvi solo a piangere e penare: voglio piangere ancor io, che solo merito di piangere per i disgusti che vi ho dati. Io che ho meritato l’inferno, non ricuso qualsivoglia pena, purché ricuperi la vostra grazia, o mio Salvatore» (ivi, p. 98).
Meditazioni, note e rime compose sant’Alfonso in onore di Gesù Bambino, portando a noi l’incanto della pienezza dei tempi, quando s’Incarnò il Verbo. Nulla di suo è vetusto, vecchio e morto diverrà ciò che oggi si dice nella Chiesa contro la Chiesa di Cristo.
Cristina Siccardi
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