Il percorso del treno meridionalista. Un viaggio che dura da 160 anni di Giancarlo Chiari
Il Treno Meridionalista è partito da una stazione nel 1861, ha subito molte battute di arresto e forti rallentamenti, ha attraversato negli anni territori insanguinati, prevaricanti, ingiusti, infamanti, visto nascere luoghi comuni faziosi e determinati dall’azione di impoverimento sistematico della parte del Paese conquistato con la forza e con la forza, inizialmente fisica, gestito.
Ora il treno sta iniziando a viaggiare in leggera discesa con una inclinazione sempre più favorevole, si iniziano a vedere le prime fermate anche se non si distingue bene quale sarà il capolinea. La prima è già avvenuta è si chiama: Riconoscimento delle nostre Ragioni.
Cenerentola ha trovato il suo principe azzurro nell’Unione europea che con la petizione 748/2015 ha dichiarato ammissibili 2 fondamentali principi:
• il diritto alla revisione storica basata su fatti oggettivi: Non tutti sanno che a partire dall’anno scolastico 2018/19 alcuni libri di testo utilizzati nelle scuole riportano la resistenza delle popolazioni del meridione d’Italia come una vera e propria guerra civile etichettata come brigantaggio. Per la prima volta i sacrifici di quelli che i vincitori chiamarono Briganti vengono riconosciuti come legittimi e NON criminali. Per cortesia, non chiamateli Briganti. E non chiamatevi Briganti perché nel fare ciò assumereste la denominazione che fu oltraggiosamente imposta a persone che di criminale non avevano nulla. Quella etichetta fu affibbiata solo per giustificare una feroce e sanguinosa repressione contro una parte della società civile che si opponeva all’atroce destino che attendeva le popolazioni dell’Italia meridionale sfociato in una biblica emigrazione vero lidi più sicuri.
• il diritto alla equa ripartizione dei contributi ordinari dello Stato in base alla percentuale della popolazione residente: Esiste una legge in Italia che qualcuno conosce come legge del 34% che obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (i Ministeri) e la Presidenza del Consiglio a destinare, a titolo di contributi ordinari, quanto da loro erogato nel Paese in base alla percentuale di popolazione italiana rappresentata dalle 8 regioni dell’Italia meridionale (dato ISTAT dell’anno precedente), ad oggi pari a circa il 34% della popolazione residente in Italia ( per chi la volesse approfondire questi sono i riferimenti: art. 7 bis del decreto Mezzogiorno n. 243 del 29 dicembre 2016 convertito in legge con modificazioni nella Legge n. 18 del 27 febbraio 2017 e sue successive modificazioni nelle leggi di bilancio 2019 e 2020)
Ritornando alle fermate del treno la prossima che si vede è: Realizzazione di una Macroregione meridionale; la successiva dovrebbe essere: Piena Autonomia; il Capolinea potrebbe chiamarsi: Indipendenza.
Il treno viaggia su rotaie che vengono costruite man mano per farlo proseguire e non possiamo andare avanti senza aver costruito il tratto di rotaie successivo. Ognuno può scendere alla fermata che più gli aggrada e per lui quella sarà il Capolinea se sarà condivisa dalla maggioranza dei passeggeri che scenderebbero in massa a quella fermata rendendo inutile costruire un ulteriore tratto della ferrovia per raggiungere la fermata successiva. Il Capolinea è modificabile in funzione del peso che avremo in futuro e delle convenienze oggettive. Io per il momento vorrei arrivare alla prossima fermata con lo slogan Uniti nella Verità.
Grazie per l’attenzione
Giancarlo Chiari – 7 marzo 2021
Ritengo opportuno e doverosi batterci per il giusto riconoscimento storico; ritengo logica conseguenza il riconoscere al Mezzogiorno, spoliato persino della sua dignità umana, oltre che economica e culturale. Battersi per consistenti ristori è un diritto ed un dovere, ma pensare ad un anacronistico ritorno alla indipendenza, magari con ritorno della monarchia, lo vedo come una chimera con il pericolo di non avere nulla. Ormai la lotta va fatta dentro l’Italia, non contro l’Italia!