LA VERA STORIA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO
La fondazione 100 anni fa a Livorno, poi il compromesso storico con la DC, poi il finto scioglimento per cambiare il nome più volte, fino all’attuale presenza al governo
Il Partito Comunista d’Italia nacque a Livorno il 21 gennaio 1921 da una scissione del Partito Socialista. I suoi principali fondatori furono Antonio Gramsci (1891-1937), Palmiro Togliatti (1893-1964) e Amedeo Bordiga (1889-1970), poi espulso e sottoposto a damnatio memoriae, secondo la dialettica interna tipica di ogni partito comunista.
Nel 1917 il partito bolscevico aveva conquistato il potere in Russia, sotto la guida di Vladimir Lenin e Lev Trotzski. Il PCI fu la sezione italiana del Komintern, l’organizzazione internazionale fondata a Mosca nel 1919, con lo scopo di diffondere la rivoluzione comunista nel mondo. Nella storia del comunismo, la Rivoluzione russa è un evento più importante della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista con cui Karl Marx e Friederich Engels, nel febbraio del 1848, lanciarono un appello ai proletari di tutto il mondo per abbattere la borghesia e realizzare la «società senza classi».
Nella «undicesima tesi» del suo commento alla filosofia di Feuerbach, Marx sostiene che il compito dei filosofi non è di interpretare il mondo, ma di «trasformarlo». Questa affermazione sembrò realizzarsi nel 1917 a Mosca, dove, per la prima volta nella storia, il comunismo prese il potere e iniziò a diffondersi nel mondo. A Lenin, morto nel 1924, successe Stalin, eliminando la dissidenza di Trotzski, che lo accusava di “tradire” la Rivoluzione. In Italia, mentre Gramsci, imprigionato dal fascismo, elaborava, nei Quaderni dal carcere, la sua «filosofia della prassi», Palmiro Togliatti, il più fedele tra gli stalinisti, guidò il Partito Comunista nella clandestinità e poi nel dopoguerra. Con l’aiuto, anche finanziario, dell’Unione Sovietica, il Partito Comunista divenne il secondo partito italiano dopo la Democrazia Cristiana.
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Il 7 marzo 1963 Giovanni XXIII ricevette in Vaticano Alexis Adjubei, genero di Krusciov e direttore dell’agenzia Izvestija. Pochi giorni dopo Togliatti, in piena campagna elettorale, propose ufficialmente una collaborazione tra cattolici e comunisti (Rinascita, 30 marzo 1963). Nelle elezioni del 29 aprile, il PCI aumentò di un milione di voti, provenienti soprattutto da ambienti cattolici. Togliatti morì a Yalta nel 1964, mentre la Democrazia Cristiana, con la benedizione del nuovo Pontefice, Paolo VI, formava i primi governi di “centro-sinistra”. Il Concilio Vaticano II si chiuse l’8 dicembre 1965 senza aver pronunciato una sola parola sul comunismo, sebbene quasi 500 Padri conciliari ne avessero chiesto un’ufficiale condanna.
Nel 1973, dopo l’ascesa e la caduta del governo socialcomunista di Salvador Allende, in Cile, il nuovo segretario del PCI Enrico Berlinguer (1922-1984) pubblicò sulla rivista del partito Rinascita, una serie di Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, in cui avanzava la proposta di un «compromesso storico», che portasse i comunisti al governo in maniera indolore, con l’appoggio della Democrazia Cristiana. L’interlocutore privilegiato di Berlinguer era Aldo Moro, che godeva della piena fiducia di Paolo VI e che iniziò a tessere la trama di un governo con i comunisti.
IL COMPROMESSO STORICO
Gli anni fra il 1974 ed il 1976 furono quelli del maggior successo elettorale del PCI, che nelle elezioni del 21 giugno 1976 raggiunse il 34,4% dei voti espressi. Nel 1978, tuttavia, la morte tragica di Aldo Moro, a cui seguì, pochi mesi dopo, quella di Paolo VI, rallentò la realizzazione del “compromesso storico”, mentre in Unione Sovietica, colpita da una colossale crisi economica, nasceva la perestrojika di Mikail Gorbaciov. Nel 1989 crollò il Muro di Berlino e l’Unione Sovietica iniziò la sua auto-dissoluzione. «La decomposizione dell’Unione Sovietica e di conseguenza del suo impero per il modo in cui è avvenuta resta misteriosa», scrive François Furet nel suo studio su Il passato di un’illusione (Mondadori, Milano 1995, p. 354). Senza spargimenti di sangue, tra il 1989 e il 1991, la nomenklatura sovietica sciolse la vecchia azienda e si mise alla testa della nuova. Il comunismo si liberò del suo apparato burocratico, in Russia e nel mondo, lasciando che l’idea comunista potesse esprimersi in nuove forme e modalità di azione.
Il 3 febbraio 1991 anche il Partito Comunista Italiano deliberò il proprio scioglimento, promuovendo la costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Il 14 febbraio 1998 il PDS, al termine degli Stati Generali della Sinistra, cambiò ulteriormente nome in Democratici di Sinistra (DS), una compagine che fu a sua volta soggetto fondatore dell’Ulivo, sorto per iniziativa di Romano Prodi, che finalmente, nel 1996 portò i comunisti al governo in Italia. L’Ulivo confluì poi nel Partito Democratico (PD), fondato nel 2007 e oggi al governo.
Roberto de Mattei
fonte
http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6512