L’accordo per il rientro di Ferdinando IV – di Vittorio Ricciardi
E’ noto a molti che Ferdinando IV di Borbone fu costretto dagli eventi a riparare in Sicilia ed il suo regno vide un decennio di gestione napoleonica conclusosi poi con Gioacchimo Murat sconfitto ed in rotta dopo la battaglia di Tolentino.
Il 20 Maggio 1815 rappresentanti dei napoletani, degli austriaci e degli inglesi si incontravano per concordare il rientro del Borbone in Napoli che avvenne il 17 Giugno 1815.
Tra feste e acclamazioni, in groppa ad un bianco destriero il Re faceva ritorno nel suo regno. Assumeva il nome di Ferdinando I ( non più quarto ) del Regno delle Due Sicilie.
Un nostro antico concittadino, del quale più volte abbiamo parlato, Arcangelo Pratilli, rivolgeva al sovrano, a nome del decurionato, la seguente bella nota di felicitazioni:
“In nome del Decurionato di Pignataro e Partigiano. A. S. M. – FERDINANDO IV – Nel suo felicissimo ritorno nella capitale à 17 Giugno 1815. Indirizzo S. R. M.
Sire
La gioia universale, che nelle attuali circostanze rende lieti e gioiosi gli animi tutti dè noi sudditi, ed echeggia festiva da per ogni dove, ha penetrato puranche sensibilmente i nostri cuori ed a voti della generalità abbiam voluto aggiungerci quegli ancora di questa nostra piccola popolazione, che piena di ossequio viene a deporre a piè del Real Trono i suoi rispettosi omaggi.
Non sdegnate voi di ascoltarne la voce, di gradire la sincerità.
Il vostro alto nome va scolpito nel divoto seno di ogni individuo, ma la vostra persona è ormai per noi, cosa sacra.
Non cerchiamo qui con lusinghiere ed enfatiche espressioni di porre in chiaro il vostro merito; di far palese la vostra clemenza; di esaltare la vostra condotta,
Queste sono cose, che non abbisognano di essere predicate. Queste son note fino all’infimo dei vostri vassalli, e tutto il mondo le conosce, ed ammira.
Restin quà sotto silenzio gli archi di gloria, ed i sontuosi trofei, che la penna venale di un corrotto Senato decretava nei trionfi a Cesare di Roma.
Altra gloria più nobile, altri trofei più sublimi, certamente son quegli, che al presente riporta la vostra Augusta Persona.
Nel mentre oggi, con mille applausi, tutti i vostri sudditi fanno a gara per esternarvi il loro deciso attaccamento, ed il loro ossequio sicero, pieno di tenerezza, e con pompa veramente magnifica, voi trionfate sensibilmente dà loro cuori . Al par della vostra Nazione provò allora la Grecia i trasporti dell’entusiasmo,……. . ….. a nome della Repubblica Romana le vendette Flaminio la libertà, e la pace. Egli allora, come voi adesso degli indirizzi devoti, corse il pericolo di rimanere oppresso dal peso delle corone, che da tutte le parti gli furono gittate sul capo. Confessiamo il vero : oltre l’eroiche qualità, che adornano il vostro grande animo, e che spingono al rispetto di ognuno, quel Regio contegno, tutto vostro quasi con magica virtù attira a se la riconoscenza, e l’amore di tutti.
Non è il nostro sicuramente il linguaggio dell’adulazione. La verità, senza dubbio, ci ha ispirati questi ingenui sentimenti, ed allo spendor del suo lume, gli abbiamo estrinsecati con franchezza.
Taccia qui l’invidia di quegli animi freddi e gelati, che incapaci di concepire delle nobili idee, tutto il loro ossequio ripongono in un muto, e vergognoso silenzio. Conosciamo la vostra magnanimità. Abbiamo noi esaminati noi stessi. Abbiam parlato ai nostri cuori, ci siamo creduti particolarmente degni della vostra Reale Benevolenza.
Questi pochi righi saran presso di voi un testimonio stesso della nostra devozione. Che l’accettiate con gradimento, à l’unico scopo di ogni vostro desiderio. E che benigno il ciel versi a larga mano la piena dei suoi benefizii su della vostra Real Persona, e dell’Augusta Famiglia, sono i soli voti che bramiamo esauditi“.
Questi i sentimenti del civico consesso a testimonianza della devozione verso Ferdinando I di Borbone.
Il rientro del sovrano, come abbiamo già detto, veniva concordato mediante un trattato tra l’esercito austriaco e quello napoletano di Murat, alla presenza dei rappresentanti di Sua Maestà Britannica e degli austriaci.
Ciò che qui ci preme sottolineare è che il trattato di cui è cenno avveniva nel pieno dell’Agro Caleno e prendeva, per gli storici, il nome di TRATTATO di CASALANZA.
Casalanza altro non era che una masseria in località “ Torre Lupara “, nel tenimento del Comune di Pastorano ed a pochi metri dello “ spartimento “ di Pignataro Maggiore.
L’edificio, allora proprietà del Barone Biagio Lanza ( CASALANZA) , nobile capuano, bello e maestoso veniva all’uopo requisito dagli austriaci ed adibito a sede dello storico incontro.
L’oroginaria costruzione visse sino all’ottobre 1943 – una targa ricordava l’incontro – ma fu minata dai tedeschi in ritirata. Oggi dovrebbero esistere pochi resti della stessa. Rimane comunque una foto dell’edificio, resa disponibile dai nobili eredi Lanza e che la rappresenta in tutta la sua grandezza , risalente ai primi anni del 1900.
Del complesso rurale della famiglia Lanza sembrerebbe esista, ancora, una cappella di Sant’Anna, edificata nel 1712. Una solenne messa accompagnò la sua inaugurazione ed il rito fu officiato dal Canonico Giacomo Lanza, fratello del proprietario Biagio.
La cappella fa parte della diocesi Teano Calvi e dipende dalla parrocchia di San Secondino, frazione di Pastorano.
Il 27 Maggio 1929 ospitò il Papa Benedetto XIII della famiglia degli Orsini che decretò indulgenza plenaria, in perpetuo, a quanti avessero lì pregato nel giorno della ricorrenza di Sant’Anna del 26 di Luglio.
Nel nostro contado si perpetuò la continuazione del regno dei Borbone che durò ancora molti anni e fino all’unità d’Italia.
Dai Borbone, prima, ai Savoia, poi.
Qualcuno oggi afferma che il nostro meridione d’Italia da nazione fu declassato e degradato a provincia , resta lo sconforto e la convinzione , comunque, che Cristo non si fermò ad Eboli, come ritenne Carlo Levi, ma, molto più in qua.
Vittorio Ricciardi
fonte
http://www.neoborbonici.it/portal/index.php?option=com_content&task=view&id=2989&Itemid=69
Comunque la Storia non dimentica. I Borbone furono cacciati dai Savoia con l’inganno e la demagogia; i Savoia furono cacciati dal popolo italiano ( forse con qualche “completamento” elettorale per dirla con il Curletti!