Le origini di Somma Vesuviana
Io do, alla parola “nottiluca“, un significato particolare, nuovo, aderente alla sua etimologia; un significato che rapporto, soprattutto, alla storia ed, in ispecie, a quei punti di essa, dove l’oscurità più s’addensa e l’ansia di sapere più s’acuisce; perché anche il mistero ha un suo irresistibile fascino[1].
Con queste parole Salvatore Cantone spiegava il titolo che aveva voluto dare al suo intervento nella Conferenza sulla Protostoria e Storia Campane, tenuta in Pomigliano d’Arco nel giugno del 1935. Il riferimento alla Noctiluca miliaris, un protozoo che conferisce una particolare luminescenza alle acque marine, dovette sembrargli una metafora particolarmente appropriata, una sorta di avvertenza ai convenuti (ed ai futuri lettori), per interpretare adeguatamente le cose, che di lì a poco, avrebbe detto per illuminare i punti oscuri della storia della nigra terra cantata da Virgilio. La stessa metafora andrebbe riproposta oggi per quanto riguarda la Storia antica di Somma e dell’intero territorio nord-vesuviano che, solo da pochi lustri, comincia ad essere illuminata da qualche nottiluca che sta aprendo nuove prospettive di ricerca e di studio. È noto che la scoperta delle rovine di Ercolano e di Pompei, discavate pel filosofico genio di re Carlo III Borbone[2], per lungo tempo hanno egemonizzato l’attenzione degli archeologi e degli studiosi appassionati d’ antichità. A partire dalla seconda metà del Settecento, la meraviglia dei ritrovamenti che si succedevano e la bellezza incontaminata dei luoghi, soggiogati dall’incantevole Mostro vesuviano, attraevano un numero sempre crescente di aristocratici viaggiatori del Grand Tour. Le statue restituite al godimento degli occhi, l’antica architettura urbana, i templi, le domus e le pitture ancora vivide, ben si addicevano al gusto neoclassico dell’aristocrazia europea del tempo; ma, soprattutto, stuzzicavano la fantasia e la voglia della scoperta. Le prime notizie sugli scavi di Ercolano, già diffuse in Francia dal 1754 da Charles Nicolas Cochin figlio[3] e gli studi della Regale Accademia Ercolanese, istituita il 13 dicembre 1755 per volontà di Carlo III, attiravano nelle contrade vesuviane i più noti cultori degli studi antiquari d’Europa: archeologi, architetti, incisori, pittori, numismatici, collezionisti che poi pubblicavano le loro impressioni, purtroppo solo in alcuni casi, corredate anche da splendide incisioni[4].
[1] S. Cantone, Nottiluche, Conferenza sulla Protostoria e Storia Campane, Tipografia Joele & Aliberti, Napoli 1935, p. 6. [2] S. Fenicia, Sulle metamorfosi de Taranto e sulle cause delle sue singolari produzioni di terra e di mare, Congetturazioni del Cavaliere Salvatore Fenicia, Stabilimento tipografico Perrotti, Napoli 1858, p. 32.
[3] Figlio di Charles Nicolas il Vecchio, e per questo conosciuto come Cochin fils, fu uno dei più noti incisori del XVIII sec. e tra i principali illustratori dell’ Encyclopédie. Nel 1758 pubblicò un Voyage en Italie in tre volumi, frutto delle impressioni annotate nel 1749 durante un viaggio fatto con J. G. Sufflot, l’architetto della nuova Église de Saine-Genévieve, oggi conosciuta come Panthéon.
[4] Il motivo ricorrente delle prime descrizioni delle meraviglie ercolanesi sono, infatti, le proteste comuni di tutti i visitatori cui veniva severamente vietato dal regolamento del Museo di disegnare o di scrivere, al punto che molti lamentavano di non aver avuto abbastanza tempo nemmeno per guardare gli oggetti, A. Allroggen-Bedel, Gli scavi di Ercolano nella politica culturale dei Borboni, in Ercolano 1738-1988: 250 anni di ricerca archeologica, a cura di, L. Franchi Dell’Orto, L’Erma di Bretschneider, Roma 1993, p. 36. Al tempo stesso, però, queste misure restrittive ebbero il merito di far aumentare a dismisura l’interesse e la curiosità per quello che stava venendo alla luce, tanto più se si considera che le stesse pubblicazioni dell’Accademia, i prestigiosi volumi delle Antichità di Ercolano, non erano in vendita, ma venivano distribuiti direttamente dalla Casa Reale all’aristocrazia europea, agli ospiti di riguardo e, raramente, a qualche istituzione scientifica.
Domenico Parisi
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