Non solo Pontelandolfo e Casalduni…

Dieci giorni dopo quel maledetto 14 agosto 1861, a Fragneto Monforte, un paesino placidamente adagiato su una collina tra le tante che si alternano tra Pontelandolfo e Benevento, in località Cupa di Mezzo, una zona oggi chiamata Passarielli, sette abitanti del posto furono freddamente fucilati dai piemontesi.
Come negli altri paesi del Sannio, anche in questa comunità, ancora molto forti erano i legami della popolazione con il legittimo Sovrano borbonico, per cui alcuni fragnetani furono ben felici di unirsi ai manifestanti di Pontelandolfo che, ubriachi di gioia, erano venuti a Fragneto Monforte per solennizzare un avvenimento di fiera riscossa sannita.
Pochi giorni dopo, però, saputo dell’accaduto e conosciuti i nominativi dei presunti sediziosi, una truppa di soldati piemontesi, entrata nottetempo nel borgo in silenzio e con la massima cautela, prelevò dalle loro case e fucilò:
MICHELANGELO MASTROGIACOMO fu Nicola, di anni 56
NICOLA SAVERIO CANTORO fu Antonio Maria, di anni 46
TOMMASO EVANGELISTA fu Andrea, di anni 41
NICOLA MARIA MOLINARO di Ferdinando, di anni 40
PASQUALE MASTROCINQUE fu Pietrantonio, di anni 39
ANGIOLO GABRIELLO CIRELLI fu Antonio, di anni 34
LORENZO GIOVANNIELLO fu Rocco, di anni 28.
Quest’ultimo, creduto morto ma in realtà ferito gravemente, fu portato a casa del cognato dove ebbe il tempo di ricevere i Sacramenti da don Andrea De Longis.
Inutile fu la protesta del sindaco, Bartolomeo Pellegrino, che ricorse al Rappresentante della Monarchia a Benevento, perché, come ogni persona sensata, considerava illegittima una fucilazione senza un regolare processo.
Le cronache fragnetane menzionano chiaramente chi avrebbe segnalato al comando militare, per motivi di vendetta personale, quegli innocenti, facendoli passare per sediziosi ed avrebbe addirittura accompagnato la truppa piemontese nei vicoli dell’antico centro storico, ad indicare, una per una, le loro case. Costui era Ciccu ‘u Uardiano, a sua volta ammazzato due anni dopo, nel 1863, da ignoti, che così ne vendicarono la vile azione. Si racconta che, quando gli spararono, sua madre (o, forse, la moglie) sentendo l’eco dello strepito dei colpi di fucile, abbia inconsapevolmente esclamato: “Chis sa quala mamma chiagne stanotte”!
Fino a pochi anni fa, questi fatti si tramandavano solo oralmente, in una sorta di memoria collettiva, oserei dire. E proprio questa tradizione orale, quella che si tramanda di padre in figlio, dai nonni ai nipoti, ha tenuto acceso con particolare intensità in Nino Capobianco, storico e scrittore di Fragneto Monforte, la fiamma del ricordo di quell’avvenimento. Per tale motivo, infatti, egli rammentando le parole di un suo antenato, giuntegli attraverso i racconti di uno zio, “Papanonno diceva: “Là ‘nce stanno sette muorte sutterrate!”, si è attivato negli ultimi anni affinché i compaesani, e non solo, non dimenticassero le vittime di quel misfatto, sollecitando la costruzione di una tettoia in legno che, all’ombra d’una quercia, protegge un pannello su cui si legge:
Alle innocenti Vittime della contrada Passarielli
ingiustamente fucilate in questo luogo
da una truppa di soldati piemontesi
il 24 agosto 1861
In un primo momento, nello stesso posto furono piantati anche sette alberi, uno per ogni caduto, ma alcuni vennero, purtroppo, estirpati da qualche mano sacrilega. Pochi mesi fa, quel sito è stato opportunamente ripristinato e, attorno a quel cippo ligneo che ha quasi il valore di un altare, come monito a chi ignora o falsifica la storia, sono stati conficcati dei paletti nel terreno, proprio come i chiodi della Passione, su ognuno dei quali si legge il nome di una delle vittime.
E sempre in omaggio al consolidarsi di una tradizione orale sempre viva, la narrazione di quei fatti è stata anche trasportata in questo canto:
Per la strada eravamo in sette
Sotto minaccia delle baionette
Le gambe mi tremavano, madre mia,
Lascio la vita, …a tutti addio!
Mannaggia i piemontesi
c’hannu miso a luttu ‘nu paese!
“Le scarpe lasciale a casa”
così ha detto il comandante
“a te non servon più…
lasciale ai figli tuoi!”
Mannaggia i piemontesi
c’hannu miso a luttu ‘nu paese!
Uno di loro a casa è tornato,
dal cognato trasportato
ma più non ha parlato
e con gli altri sei è in ciel salito.
Mannaggia i piemontesi
c’hannu miso a luttu ‘nu paese!
Ciccu ‘u uardiano è stato il traditore,
egli dei fragnetani era il terrore
ma anche per lui è giunta l’ora.
Beata ‘a chella mano
c’ha premuto chillu cane!
Cu ‘na palla ‘e nu tornese,
s’è acquitato ‘nu paese.
Mentre, nella piazza comunale
a tarda notte sotto û tiglio passava,
diciotto colpi ‘e carabina…
chiudette l’uocchie e…
…nun vedette chiù ‘a matina!
Beata ‘a chella mano
c’ha premuto chillu cane!
Cu ‘na palla ‘e nu tornese
s’è acquitato ‘nu paese.
Gioia e festa nel paese
per il Gano di Maganza fucilato;
i sette morti ai Passariegli
ammazzati ora sono vendicati!
Beata ‘a chella mano
c’ha premuto chillu cane!
Cu ‘na palla ‘e nu tornese
s’è acquitato ‘nu paese.[1]
Erminio de Biase
[1] Versi di Nino Capobianco – Musica di Cleto Fuschetto



Bellissimo racconto di un passato lontano