QUESTIONE…ITALIANA di ANTONIO IANNACCONE
Il termine ‘questione’ sta ad indicare una domanda, un interrogativo o un dubbio, a volte sta ad indicare un contrasto, ma è molto più conosciuto semplicemente come problema.
Fino ad un secolo e mezzo fa esisteva un territorio denominato Italia, che comprendeva, più o meno, l’attuale stato omonimo, ma strutturata da stati nazionali indipendenti gli uni dagli altri.
In quei tempi, a parte la Gran Bretagna che aveva una monarchia federata, in quasi tutta Europa erano ormai saldi gli stati nazionali, a parte quello tedesco dove la Prussia si era fatta promotrice di unità, senza però sottomettere gli altri staterelli tedeschi, ma rendendoli partecipi della nascita della Germania.
Nella penisola italiana a sud del Papato c’era lo stato nazionale del Regno delle Due Sicilie, una federazione tra il Regno di Napoli e quello di Sicilia, con popoli simili, ma diversi e con statuti diversi, ma un solo re. A nord di Roma, invece, si estendevano ancora un gruppetto di staterelli più o meno indipendenti che non facevano altro che richiamare l’attenzione di facile conquista da parte di Austria e Francia.
Dopo l’aiuto ufficioso che la Gran Bretagna diede alla Prussia per la costituzione della Germania e quindi mettere fine alle mire espansionistiche in Europa della Russia ad est e della Francia ad ovest, rimaneva l’ultima questione da risolvere, quella di riunire gli stati italiani per costituire uno spartiacque tra Francia ed Austria, e nacque così la ‘questione italiana’.
A differenza dalla Germania, l’Italia era formata da popoli diversi con caratteri sociali e culturali di diversa estrazione e la prova la si aveva con la lingua; infatti, benché si parlasse un certo tipo di italiano in tutta la penisola, esso veniva usato nei documenti scritti, giornali e negli scambi commerciali, un po’ come viene usato oggi l’inglese in Europa; ma nella propria nazione si parlava la lingua nazionale, perciò nel sud della penisola si parlava il napoletano, in Sicilia si parlava il siciliano, a Roma il romano, in Toscana il fiorentino, nelle venezie il veneziano, in Lombardia e in Emilia c’erano una sorta di dialetti cittadini e in Piemonte un dialetto francofano, con una differenza con gli altri, che qui le carte statali erano scritte in francese e si parlava francese in tutti gli alti ranghi. Quindi l’italiano era un’ accomunamento solo tra questi, infatti, per esempio, alla corte russa tra le lingue diplomatiche non v’era l’italiano, ma era molto in uso la lingua napoletana.
Nonostante i moti del 1820-’21 e del ’48 e le varie invenzioni sull’unità italiana e di un popolo italiano che in effetti non c’era, per l’Inghilterra la ‘questione italiana’ diventava un vero e proprio problema, in quanto c’erano troppi ostacoli nazionalistici, specie da parte delle Due Sicilie. E poi, il Piemonte, che fu scelto dagli inglesi per costruire la futura Italia, non era all’altezza del compito; ma assegnatogli tempo prima per dargli la possibilità di saldare i suoi debiti, fu il motivo del rifiuto del sovrano di casa Savoia nei confronti del Re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone, il quale aveva richiesto la costituzione di una confederazione italiana con a capo il Papa.
Carlo Cattaneo, un milanese studioso di scienze economiche e sociali, aveva delle idee repubblicane molto lontane da quelle del Mazzini ed era un ammiratore della Svizzera e degli Stati Uniti d’America ed avrebbe appoggiato la proposta del sovrano napoletano per una unificazione federale dell’Italia trainata dalle Due Sicilie che egli riteneva più economicamente stabile e più all’avanguardia del Piemonte, e ad avvenuta annessione del Lombardo, diffidava di Carlo Alberto e considerava lo stato sabaudo troppo arretrato per prendere la guida del processo risorgimentale.
Infatti, dal punto di vista delle finanze pubbliche il bilancio del Regno delle Due Sicilie non conosceva l’alto livello d’indebitamento in cui si trovava il Regno di Sardegna. I conti pubblici piemontesi erano stati gravemente provati dalla politica espansionistica adottata dal Cavour (guerre d’indipendenze e Crimea)e anche dagli investimenti in infrastrutture (strade, canali d’irrigazione), resi necessari dal tentativo del regno sabaudo di modernizzare la propria economia ed inserirla nei circuiti commerciali continentali.
Una politica simile è stata fatta ai nostri tempi con l’Irak di Saddam. Dapprima viene istigato dagli angloamericani a combattere una guerra senza tregua con l’Iran di Komeini per indebitarlo, e poi aver il pretesto di distruggerlo; ecco perché la Francia(e non solo) non voleva la caduta di Saddam, altrimenti tutti gli affari e i crediti che aveva con quel regime sarebbero sfumati, come poi è successo; ed ecco perché la Francia ha voluto in tutti i modi prendere parte almeno alla ricostruzione del paese.
Dopo la fortunosa unione italiana sotto l’egemonia piemontese, di cui tutti sappiamo ormai la vera storia, il problema della ‘questione italiana’ fu risolta per gli inglesi, ma rimase ancora un problema per gli ‘italiani’, i quali erano diversi, e di fronte a queste differenze, all’ostilità manifestata da importanti forze interne quali i cattolici e alle difficoltà nei rapporti con i paesi confinanti (Austria e Francia) invece di proporre delle leggi federaliste per una certa autonomia locale, il nuovo Stato reagì adottando un modello amministrativo di tipo centrista e autoritario, in cui le autonomie locali venivano sottoposte al rigido controllo del governo piemontese.
Ma la realtà è che c’era una grossa differenza tra il sud del paese ed il nord, il quale era molto più retrogrado e malandato del più prospero e felice sud; a questo punto la ‘questione italiana’ si trasforma in ‘questione settentrionale’. E si fece di tutto per favorire lo sviluppo del nord togliendolo al sud.
Essendosi ribellati a queste imposizioni, le Due Sicilie ebbero un trattamento da pura colonia e approfittando della guerra civile durata per più di dieci anni, questo paese fu razziato di ogni cosa.
Tutto questo accadde perché l’espansionismo piemontese era mirato in un primo tempo ad uno stato comprendente le regioni dell’Italia settentrionale e non ad uno Stato Nazionale delle proporzioni della nuova Italia. L’annessione del Regno delle Due Sicilie era stato un fatto casuale e dovuto ad una serie di contingenze. Il Piemonte non aveva un ordinamento adeguato alla gestione di un paese di 27 milioni di abitanti con grandissime differenze culturali e strutturali al suo interno.
La missione di Garibaldi era calcolata dagli inglesi più che da Cavour, perché così la Sicilia sarebbe diventata protettorato britannico, rinforzando la presenza nel mediterraneo grazie anche alla base navale di Malta, già derubata ai Borbone nella opportuna confusione napoleonica, ed avrebbe tenuto occupato le Due Sicilie nelle lotte interne, mentre il Savoia si apprestava alla tranquilla conquista dei territori papali. Il risultato doveva essere un regno Sabaudo a nord ed un ridimensionato Regno Napolitano a sud; e la Sicilia con le sue miniere di zolfo, sarebbe stata la contropartita inglese(probabilmente senza Messina). L’Inghilterra dovette poi rinunciare per forza ad un protettorato sulla Sicilia a causa delle continue minacce francesi che se ciò avveniva, la Francia occupava il Belgio.
Ma la storia prese una strada che noi tutti conosciamo e il Piemonte si trovò tra le mani anche Napoli e non volle mai ritenerla italiana, per cui fu spogliata di tutto per meglio favorire il nord. Tanto è vero che dopo due anni di guerra civile e l’impegno massiccio dell’esercito piemontese in tutto il territorio del napoletano, il Re Vittorio Emanuele II(che non cambiò nemmeno in I d’Italia, ma rimase come II di Savoia), decretò che ci si ritirasse e si lasciasse Napoli al suo destino, ma nell’agosto 1863 fu costituita la legge Pica che avrebbe portato alla distruzione delle bande partigiane e al ristabilimento dell’ordine piemontese.itorio del napoletano, il Re Vittorio Emanuele(che non cambiò nemmeno il tranquilla
Nacque così il termine SUD, Meridione e Meridionale per non indicare con ex Due Sicilie perché magari a qualcuno sarebbe venuto a conoscenza di non essere italiano, visto che c’era la piemontesizzazione in atto.
Diminuendo e togliendo le tasse al nord e aumentandole in modo specifico solo nell’ex Regno delle Due Sicilie, il nuovo stato italiano, drenava quanto più possibile al nord per costituire in questa zona una moderna struttura economica industriale, raccontando la barzelletta, secondo la quale le industrie si sarebbero sviluppate meglio in quanto più vicine all’Europa. Questa politica, protrattasi per molti anni, portò dei grandi risultati di crescita al nord, ma impoverimento al SUD lasciato ad una crescente ignoranza, visto la chiusura scolastica per molti anni, e al favorito sviluppo della criminalità organizzata. Ma con l’avvento del fascismo il potere centrale si dimostrò presente anche nel meridione, al punto che le varie associazioni criminali dovettero emigrare; Mussolini si era reso conto dell’esistenza di una ‘questione meridionale’, anche se non fece niente per risolverla.
In effetti era successo che la questione settentrionale si era risolta trasformandola in questione meridionale, benché quest’ultima già fu resa nota per la prima volta nel 1873 da un deputato del parlamento italiano mettendo in evidenza il divario economico tra le due parti del paese.
Dopo molti anni di diagnosi e cure, il problema persiste ancora, anzi peggiora; forse perché non conviene a nessuno risolvere tale questione se non ai ‘meridionali’ stessi.
Scarseggiano le strutture sociali, il lavoro, le istituzioni, ma le tasse, quelle, non mancano mai, anzi i pochi aiuti economici che arrivano, sono mal gestiti o gestiti in modo che vanno a fare il bene di alcuni, che non stanno poi tutti al SUD. Un’altra cosa che non manca, oltre alla criminalità organizzata, è l’emigrazione: negli anni ’70 circa 300.000 persone all’anno lasciavano il SUD per un lavoro al nord e oggi(2008), c’è ancora una linea emigratoria di 270.000 persone all’anno, quanto una città. Il risultato è che al nord si costruiscono più scuole, ospedali, strade, ecc. e il SUD si spopola.
Ecco che con quest’aria che tira, la questione meridionale rimane irrisolta, anzi, scompare in una barzelletta e ricompare lo spettro della ‘questione settentrionale’ in versione bossiana, e cioè, vale a dire, che l’Italia non cresce per colpa del nulla facente SUD, o meglio, il nord non va avanti perché deve assistere il SUD, e allora ognuno per proprio conto(al momento solo in senso fiscale), per il bene dell’Italia(del nord). A questo punto saltano fuori meridionalismi e settentrionalismi, padanisti e napolitanisti, autonomisti e indipendentisti; chiunque fa una accurata ricerca, si accorge che nello stato in cui viviamo si trovano dei movimenti regionali un po’ dovunque: c’è l’indipendentismo valdostano e quello altoatesino, il MIL in Liguria e il P. Sardo, vari movimenti sicilianisti e meridionalisti in genere, una liga veneta per le Venezie libere e una Toscana indipendente, addirittura anche una Romagna libera, insomma nessuno o quasi, si riconosce più in questo stato, sembra essere ritornati all’epoca post-napoleonica.
Mentre ora il regno settentrionale si va concretizzando con i bossiani, per la Sicilia e la Napolitania si naviga ancora in alto mare, ma spero che presto si troverà un porto dove approdare. Quindi, tra tutti quelli che si riempiono la bocca di ‘questioni’, io penso che quella che non si è mai risolta è proprio la ‘questione italiana’, e risolta questa, tutte le altre si risolveranno di conseguenza, ognuno per proprio conto, sperando che il SUD Italia sia preparato per l’arduo compito.
Alla base della riuscita vedo il riconoscimento nazionalistico dei popoli, non si può negare l’esistenza del popolo Napolitano e del popolo Siciliano, che magari questi facciano federazione è cosa molto buona, ma parlarne come una unità nazionalpopolare può essere azzardata quanto rischiosa, perché una divisione o scissione causata da una qualsiasi stupida controversia mette in discussione tutto l’operato, tutto quello che si è fatto insieme. Vogliamo rimanere umili e attenti per non perdere di vista il futuro premio che ci è posto d’innanzi a noi tutti, e di non far nascere una inutile e distruttrice ‘questione duosiciliana’. E che Iddio ce la mandi buona.
Antonio Iannaccone
fonte
https://napoilitania.myblog.it/2008/05/