R. CASA DELLE DUE SICILIE
Esiste un fiume carsico che attraversa i decenni che seguono la fine del Regno ed arriva fino a noi. È l’aspirazione a tornare indipendenti dopo i lutti e le delusioni che accompagnano la nascita dello stato italiano.
Un amico di Molfetta mi chiedeva come mai la sinistra non fosse per niente sensibile (se si escludono Zitara e qualche altro) a questa aspirazione e la si lasciasse come monopolio della destra.
La unificazione fu gestita da forze legate alla massoneria inglese e francese, parte della classe dirigente fedele alla dinastia prese la via dell’esilio, altri si ritrassero nell’ombra. Con la presa di Roma anche la chiesa fu messa all’angolo. I custodi del ricordo del Reame furono quindi frange tradizionaliste e cattoliche.
Questo giornale (scovato dall’Editore D’Amico) – IL GUELFO GIORNALE DE L’INDIPENDENZA MERIDIONALE – che presentiamo ai nostri lettori ne è una prova.
La parentesi fascista non sopprime del tutto il fiume dell’autonomismo e quando arriva il centenario, infatti, è proprio negli ambienti di destra che esso riemerge, con la nascita dell’Alfiere di Silvio Vitale e la pubblicazione delle opere di Carlo Alianello.
Sarà sempre in ambienti cattolici e di destra che agli inizi degli anni novanta si ergono voci di resistenza al bossismo e di orgoglio per la patria napoletana (Angelo Manna, Gabriele Marzocco, Edoardo Spagnuolo, Antonio Pagano, Alessandro Romano, i Meoborbonici).
L’universalismo cattolico e i legami con la patria italiana propri di questi ambienti ha impedito finora la creazione di un movimento identitario che propugni in maniera decisa la indipendenza dell’ex-Reame.
L’unico intellettuale che cocciutamente e con estrema coerenza, per decenni, ha perseguito tale obiettivo è stato il sidernese Nicola Zitara.
* Modifiche del 30 maggio 2015 – ore 14:00
Avviene dei popoli, come degl’individui.
Quando per influsso di agente malefico si è caduti in uno stato di torpore, di atonia, di abbrutimento che rende ribelli ad ogni nobile e generosa iniziativa, apati ed indifferenti a tutto ciò che ne circonda, e si perde la conoscenza del proprio stato e non si è in condizione di distinguere il vero dal falso, il bene dal male, se avviene che, per una ragione o per un’altra, per una forza intrinseca o estrinseca un certo scuotimento si produca nell’organismo, il torpore viene a cessare ed una notevole reazione s’impadronisce dell’esistenza dell’individuo, all’atonia succede all’atonia succede lo eccitamento, l’impulsività, al letargo l’insonnia. E se durante il periodo dell’intorpidimento organico, il sentimento dell’onore, dell’amor proprio non è andato totalmente perduto. l’individuo olio svegliarsi sente orrore di sé stesso e della vita vissuta, e si dà a riparare al suo passato.
Così dei popoli: In un momento d’incoscienza o sotto l’incubo di ingannevoli miraggi, può un popolo cadere in uno stato letargico e diventar preda del primo paltoniere che capita e, ardito e temerario, sappia trar profitto di uno stato di stordimento o di torpore per imporgli un giogo assai pesante, per avvilirlo e ammiserirlo, per schiacciare col piè ferrato ogni orma di libertà e soffocare ogni grido d’indipendenza. Finché lo stato letargico dura e l’atonia invade le fibre dell’organismo di quel popolo, la bisogna procede per bene: non si risente il dolore delle ferite, né l’onta del vituperio. Ma se avviene il risveglio, se le fibre si scuotono e i nervi sussultano, il popolo riprende coscienza di sé e del suo valore, rialza la testa, scuote il giogo, invoca i suoi diritti, rivendica le sue libertà, scaccia i paltonieri, reclama la sua indipendenza, ritorna a Chi di questa indipendenza è la più alta espressione, il simbolo più luminoso; invoca Chi colla libertà e indipendenza può ridargli paté, prosperità, splendore.
Tale è lo stato del popol nostro, oggi: di questo nostro Mezzogiorno d’Italia, che va risvegliandosi dal suo lungo torpore e va riacquistando la coscienza del suo valore, dei suoi diritti.
Invano gl’incantatori di mestiere ricorrono alle loro arti, ai loro incantesimi, per assonnarlo un’altra volta; invano gli apprestano novelli soporiferi con tripudii e feste commemoratile, con folleggiamenti e baldoria, con rievocazioni bugiarde e menzognere.
E’ peggio: il rumore gli fa male, accresce la tensione dei nervi, produce nuovi sussulti, nuovo aborrimento dello stato attuale di cose: il presente è là, innanzi ai suoi occhi, in tutto il suo orrore; il passato è innanzi alla sua mente in tutte le sue seduzioni, nella sua luminosità raggiante di tutti i beni, di tutte le ricchezze, di tutte le felicità che la Gloriosa Dinastia di Carlo III apportò alle nostre contrade.
Di questa Dinastia, che per centoventisei anni fece Suoi gioie e dolori del popolo meridionale d’Italia e ad esso diede tutta Se Stessa, è degno Erede e Discendente S. A. R. IL Conte di Caserta D. Alfonso Maria di Borbone (N. A. S. ) di Cui il 2 agosto ricorre la Festa Onomastica.
Non le gale di bandiere spiegate al vento, non i colpi di cannone che spandon l’eco sul mare di Partenope e lungo le valli e le pendici del Vesevo ignivomo, non le mille fiammelle occhieggiatiti dalle finestre e dai balconi delle abitazioni di Napoli nostra parlano, in loro linguaggio, di questa festa a noi, ai popoli del Mezzogiorno; ma ne parla il cuore.
Questa è festa tutta di sentimento, amore rispettoso, d devozione profonda, di cari ricordi, di ammirazione immensa p r le sublimi virtù civili e militari, per le eccelse doti di mente e di cuore che adornano la Persona dell’Augusto Capo della Real Casa di Napoli. E’ la festa del cuore e dal cuore partono oggi augurii e voti per la Sua salute, per la Sua felicità. A Lui vola il pensiero, memore di un passalo di glorie e di grandezze patrie, e su Lui, su la Sua Real Consorte, su tutta la Real Famiglia imploriamo da Dio benedizioni e favori e la cessazione dei mali che affliggono la Sua terra natia.
Il Guelfo-Indipendenza
Le LL. AA. RR il Conte e la Contessa di Caserta (NN. AA. SS. ) partiti da Parsoch il 27 dello spirante mese, insieme alla Principessa D. Giuseppina ed ai Principi D. Gennaro e D Filippo—i quali ultimi,dopo Dresda han visitato Berlino, Copenaghen, Kiel e Amburgo, raggiungendo a Parsoch i Loro Augusti Genitori—si sono recati a Nymphenburg presso le LL. AA. RR. il Duca e la Duchessa di Calabria, dove sono stati raggiunti dai Principi D. Francesco e D. Gabriele.