Sabrina Pietrobono, Enrico Quadrini spettacolo ad Arpino
Dopo Caprile, Atina ed Alvito anche ad Arpino, in Alta Terra di Lavoro, la Campanina Sabrina Pietrobono con il prezioso aiuto di Domenico Cedrone ha piantato un altro albero, ma non quello della libertà di giacobin memoria, ma quello della conoscenza, dello studio, della ricerca, della cultura ed è stata accolta da un professore che ho ascoltato la prima volta e per come mi ha colpito l’ho invitato a pubblicare, sul nostro blog, la sua relazione che di seguito potete ammirare, parlo del Prof. Enrico Quadrini. alla fine troverete in allegato l’intervento di Sabrina Pietrobono.
Marco Tullio Cicerone tra Arpino ed Aquino
Nella lettura interessantissima dell’ottimo testo della prof.ssa ma direi meglio dell’archeologa Sabrina Pietrobono mi sono imbattuto in un argomento a me congeniale: certo solo accennato ma che ringrazio per alcune informazioni riportate e di cui intendo far tesoro.
Informazioni riguardanti un approfondimento avente come tema centrale un ulteriore spaccato di vita di uno dei nostri più illustri concittadini, Marco Tullio Cicerone.
Avvenimento che trova le sue ragioni nella lotta alla corruzione ed all’arroganza di alcuni uomini politici dell’epoca e nella difesa dura della Repubblica.
Quello mio sarà un brevissimo intervento sicuramente non esauriente ma comunque propositivo per ulteriori approfondimenti.
Più di qualche elemento lega la città di Aquino a quella nostra di Arpino.
L’antica Aquinum é uno dei quattro municipî volsci del circondario di Sora. Anche lei ebbe la cittadinanza romana, se non prima, certo al tempo della guerra sociale; e come municipio ebbe per magistratura principale i quattuorviri. Fu poi colonia, forse al tempo dei triumviri, e come tale ebbe per magistrati supremi i duoviri. Era assai stimata come luogo di soggiorno e fu un tempo assai fiorente per il traffico che esercitava fra l’Italia centrale e l’Italia meridionale attraverso la Via Latina, lungo la quale essa era situata.
Tutto ciò ce lo ricorda l’Autrice del Volume la quale nel I capitolo cita
anche una lettera ciceroniana del 43, tratta dalla raccolta “Ad Familiares”.
Cicerone in essa confida tra l’altro a Peto “Proprio la tua lettera mi diede il primo spunto per sospettare, per cautelarmi e vigilare; poi recarono conferma a quella lettera altre, inviatemi da molte persone; infatti sia ad Aquino sia a Fabrateria fu ordito un piano contro di me di cui vedo che tu hai sentito parlare; progettarono senz’altro di togliermi di mezzo, come se indovinassero quanti fastidi avrei dato loro“:
testimonianza importante a dimostrazione che la situazione di Roma era riscontrabile anche in provincia, …..particolarmente ad Aquino.
Nella stessa ricorda anche l’atteggiamento ambiguo di alcuni Aquinati.
Fa riferimento al passaggio di Marco Antonio ad Aquino nel 44 a.Chr. n., ed inveisce contro gli Aquinati, perché, nonostante venissero da costui ignorati, numerosi gli si facevano incontro per salutarlo mentre attraversava la città lungo la Via Latina; il racconto è utile altresì per valutare la consistenza demografica di Aquino che nel brano è definita “municipio popoloso”. Evidentemente gli Aquinati erano apertamente schierati a favore di Marco Antonio e contro Cicerone se ancora l’oratore, nella stessa lettera del 43, ricorda che ad Aquino e a Fabrateria Nova si stava complottando contro di lui per sopprimerlo.
Le sue preoccupazioni verso Aquino traspaiono anche in una sua lettera di pochi mesi prima.
Un richiamo questo che trova maggiore spazio nella Pro Plancio, un’orazione del 54. Il periodo fine agosto – inizio settembre del 54.
La Difesa dell’edile Cn. Plancio, infatti, si tenne in occasione di un processo per broglio elettorale.
L’Edile era stato accusato da M. Giovenzio Laterense (con L. Cassio Longino come subscriptor- sostenitore dell’accusa) secondo la lex Licinia de sodaliciis (legge voluta da Crasso per contrastare le consorterie e le lobby politiche) per corruzione ed accordo pre-elettorale illecito (coitio) nella campagna elettorale all’edilità del 54.
Il processo si svolgerà con il pretore C. Alfio Flavo.
Plancio, difeso da Cicerone e forse da Q. Ortensio Ortalo (strano questo fatto dal momento che i due in tribunale si sono sempre trovati su due banchi opposti), viene probabilmente assolto.
Durante la sua arringa nel cap. 9 paragrafo 22 affermerà “Tutte le cose, che io dico di Plancio, le dico avendole sperimentale in noi: perciocchè noi siamo vicinissimi agli Atinati. Si deve lodare, ed anche amare una vicinanza, che ritiene l’antico costume di essere ufficiale, non offuscata da malevolenza, non avvezza alle bugie, non doppia, non fallace, non basata sugli artifici del fingere, come si usa o nei sobborghi o nella Città. Nessuno di Arpino vi fu, che non pregasse per Plancio, nessuno di Sora, nessuno di Cassino, nessuno di Aquino: tutto quel tratto celebratissimo di Venafro, e di Alife, e tutta finalmente quella nostra aspra, e montuosa regione, e fedele, e semplice, e fautrice dei suoi, stimava avere accrescimento di onore, e di reputazione con la reputazione, e l’onore di costui, e dai medesimi municipi son venuti cavalieri Romani di pubblico ordine col testimonio dell’ambasceria; né sono ora in minor sollecitudine, che allora in favore“.
Secondo me è interessante questo passaggio in quanto indica come tra il 63 ed il 43 prima richiamati, in questo lasso di tempo dicevo l’Oratore abbia comunque tenuto ad inserire gli Aquinati anche in un contesto di correttezza e di amore per la giustizia.
Con Aquino ed Arpino sono richiamate anche Cassino, Sora ed Atina per la quale ultima, nel De Divinatione, si esprimerà non solo con giudizi di grande attenzione agli illustri figli dati a Roma ma anche come chi, nel suo viaggio appena iniziato verso l’esilio, siamo nel 58, avrà una premonizione, al culmine di una notte agitata e sul far del mattino.
Ecco allora che l’Aquinum antica si inserisce nella storia della nostra Arpinum grazie tra l’altro proprio all’Oratore.
Solo alcune riflessioni, dicevo, e per concludere un ultimo riferimento.
Sappiamo dalle iscrizioni che i cittadini aquinati erano iscritti alla tribù Oufentina. (Presente a Roma e per questo aveva diritti sulle città federate come Aquino)
Praedia della famiglia Helvia, poi, dovevano trovarsi nelle vicinanze di Arce e forse alle pendici di Monte Leuci a Pontecorvo, ed anche questi, dopo il 125, passarono rispettivamente ad Arpino e ad Aquino.
Un caso analogo agli Helvii è quello dei Valgii le cui proprietà, una volta situate in settori marginali dell’ager fregellanus, erano da loro ancora possedute al tempo di Cicerone quando già facevano parte dei territori di Arpino e di Aquino.
Prof. Enrico Quadrini