Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Storia delle Terme di Suio

Posted by on Mar 25, 2021

Storia delle Terme di Suio

La zona di Suio Bagni, da breve tempo indicata col nome di Terme, e nel medioevo di Caldara o Caldona era ben riconosciuta dai Romani, tanto che negli scavi fatti eseguire dalla famiglia Duratorre, scavi che si sono protratti dal 1877 al 1892 per costruirvi lo stabilimento termale, sono stati trovati diversi reperti, che ne sono la testimonianza.

L’ingegnere L. Fulvio della Sovrintendenza delle Arti di Caserta ne ha fatto una dotta e minuziosa relazione, che non siamo riusciti a scovare. Il luogo è stato visitato dal Prof. Q. Giulio Giglioli, e propriamente nel luglio del 1911, docente di archeologia dell’Università di Roma. Egli ne ha fatto, con la competenza che gli era propria, in un articolo dal titolo “Note di Archeologia-Acque Vescine”, una dotta descrizione, da cui noi abbiamo attinto parte delle note che trascriviamo.

Sappiamo che alle Terme di Suio soggiornò il filosofo Plotino, indiscussa personalità nel campo della cultura del suo tempo, per curarsi degli acciacchi riportandone benefici effetti. Di conseguenza, attratto dalla prodigiosità delle acque, dalla bellezza e tranquillità del luogo, intervenne presso l’Imperatore Gallieno invitandolo perché vi edificasse l’antica città di Vescia col Platonopolis. Morì paralitico nella città di Minturno nel 261 a.C., ove si era stabilito, ospite dell’amico Zeto, per completare l’opera “La repubblica platonica”. Fu coadiuvato da due giovani del luogo, Eustachio e Castrucio. Era rappresentate qualificato della scuola filosofica neoplatonica, ma anche una personalità religiosa. Aveva fondato “una specie di istituto che teneva ad un tempo, dei misteri pagani, e di un convento di contemplativi cristiani”. Nelle stesse si curò Fannia, amante dell’Imperatore Decio, e anche Francesco de Santis, critico letterario che fu ministro della Pubblica Istruzione dall’Italia Unità alla fine dello scorso secolo. Nicola Caetani, duca di Traetto cedette parte delle terre della cosidetta “Balnea” nei pressi di Suio, al procuratore dell’ordine di F. Antonio frate Paolo di Giovanni di Pistoia, con testamento del 13 febbraio 1344, perché vi edificasse un ospizio per la cura degli ammalati ed una chiesa.

L’ospizio seppur malandato, esistito fino a tutto il 1943, fu abbattuto durante il periodo bellico. Fu eretto pure per interessamento dell’Abate di Montecassino Bernardo I Ajglerio, dandone mandato a frate Bartolomeo da Suio. Durante il terremoto del 9 settembre 1349 andarono distrutti l’ospizio e parte di abitazioni civili di Suio Castello.Mentre nel 1371 l’Abbate Andrea diede incarico della ricostruzione dei fabbricati Suio Castello, non è certo che desse lo stesso incarico per la ricostruzione dell’ospizio nello stile architettonico originale. Dopo lo splendore del periodo romano, delle acque non se ne più parlato, anzi possiamo affermare, senza tema di essere smentiti, che la zona è restata a se stante. Nessuno se ne è interessato forse perché le qualità curative di esse erano poche note. Per tutto il medioevo se ne fa qualche timido cenno, e la località è denominata “Caldare” e “Caldana”, proprio vi sgorgano le numerose sorgenti di acqua calda. Neppure per tutta la metà del 1700 hanno meritato dai cronisti locali e dagli studiosi una citazione. Eppure ce ne sono stati a cominciare dal Giustiniani, il Corcia, il sessano Tommaso de Masi del Pezzo, il Galanti, il Sacco. Chi ne fa’ gli elogi per i benefici ricevuti, ma che ne mette nello stesso tempo in evidenza l’insalubrità del luogo a causa della malaria, è il canonico di Roccamonfina Gerolamo Perotta.

Ecco quanto scriveva circa la bontà delle acque:

“E son io di ciò, che avviso a mal mio punto, testimonio di esperienza; avvegni acchè nell’anno 1717, essendomi portato colà con altri patrioti (concittadini) a prender cotali bagni, dopo ricevuto dai medesimi il desiato beneficio, per corso di otto giorni, alla ritirata (da) costa che fu intorno ai primi di luglio, tutti e quanti da una tal fiera infermità febbrile fummo Sorpresi, che poco mancò di non essere stati tolti via dal mezzo de’ viventi; sicché Uno in effetto cambiò questa coll’altra vita. Anzi io, dopo aver avvantaggiato, mercè il Cielo, quell’acuto morbo (malattia) rimasi mirabilmente, per più anni sotto del cronico con gli astri effetti del quale ora soffrisco. Sicché tutte le mail conseguenze Dell’uso di codesto Mortulani, o Sujani, non dà alotro che dalla malaria di quelle contrade dipendono, che per altro sono ottimi. Onde sarei per consigliarle più che l’uso; ma col farsi trasportar costà in casa propria a tempo opportuno, quelle acque”.

Quando affermava il Perrotta è stata una realtà fino a tutto il 1948, anno in cui con i medicinali più efficaci furono distrutti i focolai di infezione. non solo ma le uova delle stesse anofele. Prima di tale data intere famiglie ne erano colpite con grave pregiudizio della salute e col conseguente aggravio economico, in quanto i nuclei familiari più numero e validi restavano inattivi per lungo periodo di tempo, specialmente in primavera ed estate, quando i lavori agricoli erano in pieno svolgimento. Un serio contributo per la valorizzazione di esso fu dato dal professore Vittorio del Monaco nel 1798. Timidamente ne accenna anche l’abbate Rocci Oppi nella sua opera “Il regno delle due Sicilie”, “Alle falde della montagna di Suio, lungo il Garigliano vi sono abbandonate e ricche sorgenti acque minerali, per le più fredde ed alcune alquanto minerali. Non se ne fatta ancora un’analisi precisa, ma tutte abbondano di gas idrogeno solferato, e depositano molto sedimento calcareo.

Esistono ruderi di antiche terme; e molta gente che vi trae nell’esta per malattie simili alle dianzi indicate riporta grande profitto. Un’altra sorgente acidula, detta “dell’acqua amara”, sgorga alle falde delle colline di Galluccio presso il Garigliano”. Successivamente qualche iniziativa venne presa anche dal depurionato di Castelforte (consiglio comunale) Nel 1817, sotto la direzione del sindaco Tibaldi Andrea, fu approvata la delibera con la quale si dichiaravano le acque di Suio “demaniali”.

Passò del tempo e il sindaco Francesco Petrucci stabilì l’affitto delle Acque sulfuree, che scaturiscono “dai monti di proprietà del comune”; tale delibera non fu approvata dall’Intendente “prefetto” e solo nel 1852, sindaco Giuseppe d’Orve il depurionato cedette in fitto le baracche coltà esistenti, per il biennio 1854-1855 al signore Pasquale Duratorre per ducati cinquantadue. Le sorgenti in contrada S.Antonio, ora possedute dagli eredi Faramondi, Caracciolo Giovanna, Tomassi, una volta appartenevano all’ospizio di S. Antonio, e per esso all’abazia di Montecassino, poi passate all’ordine Constantiniano. Il comune, con delibera del 4.5.1871, cedette parte del territorio in contrada S. Antonio, nei pressi dell’attuale stabilimento Santamaria, all’amministrazione Provinciale di Caserta perché vi edificasse uno stabilimento e vi costruisse una strada di accesso, e il bagno gratuito per gli abitanti Suio e Castelforte. La provincia vi ha costruito lo stabilimento, che è stato abbattuto dai tedeschi 1943, come detto, ma non la strada che è stata costruita dal comune nel 1911 e completata nel 1935, fino ai confini del comune di S. Andrea.

Attualmente è gestita dall’Amministrazione Provinciale di Latina, con denominazione di “Strada Ausente”. Illustri medici e chirurghi alla fine del secolo scorso in vari convegni regionali e nazionali hanno illustrato la bontà delle acque e le specifiche qualità terapeutiche per una vasta gamma di malattie. Sulla qualità delle acque non poteva mancare il giudizio dell’illustre farmacologo e direttore dell’istituto di farmacologia dell’Università di Napoli Prof. Pio Martori.

Ecco quanto affermava nella sua relazione: “Nel medioevo quando l’umanità tormentata dalle pestilenze e dalle continue guerre cercavano aiuto nella divinità i frati francescani (probabilmente scambiando l’ordine religioso; avrebbe dovuto dire benedettini), scelsero Suio per fondarvi un monastero a S. Antonio Abbate, protettore degli infermi, che colpiti dal fuoco sacro (in dialetto denominato “sfogo” di S. Antonio) trovavano nelle acque della vallata il rimedio miracoloso“.

fonte

http://www.piscinetermaliarcobaleno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=58&Itemid=62

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.