Tradizioni popolari in alta terra di lavoro
Chicchi di grano contro il malocchio. Lupi mannari e ianare. I maghi di Rocca d’Evandro. Pregiudizi sugli animali.
Una donna bella, una persona fortunata o capace che aveva raggiunto un’elevata posizione sociale o economica, doveva guardarsi dal malocchio, che si manifestava con violenti dolori alla testa. Vi erano comunque anziani esperti che conoscevano una formula segreta. Riempivano un piatto fondo di acqua e un cucchiaio di olio d’oliva. Recitavano poi delle preghiere segrete mentre intingevano un dito nell’olio e ne lasciavano cadere una goccia nell’acqua. Se l’olio tendeva ad espandersi, c’era il malocchio, se la goccia invece rimaneva ristretta non era quella la causa del male. Oltre all’olio si potevano usare anche chicchi di grano.
Questi venivano buttati nell’acqua e se da essi fuoriuscivano delle bollicine che si gonfiavano, c’era il malocchio. Chi conosceva la formula della preghiera poteva tramandarla ad altri. La rivelazione però doveva avvenire nella notte di Natale, altrimenti l’esperto perdeva i suoi poteri. Quando la causa dei mal di testa non era il malocchio, si trattava degli effetti di una fattura, cosa molto piu grave e pericolosa. Per molti decenni, in epoca imprecisata, la persona colpita si recava a Mortola, una frazione di Rocca d’Evandro, dove vi era un mago capace di scongiurarla. I suoi rimedi consistevano in miscugli di alimenti naturali da bere o mangiare a dosi, come una cura medica.
Un’altra credenza era quella di pensare che chi nasceva a mezzanotte del 24 dicembre era destinato a diventare “lupo mannaro”, se maschio, e “ianara” se femmina. Ancora oggi i mignanesi dicono che nel loro paese di notte gira questo fantastico uomo-animale che si lamenta e si rotola sopra i mucchi di spazzatura, ma non aggredisce le persone.
La ianara invece era una strega che di notte entrava nelle stalle e rubava gli asini, riportandoli soltanto al mattino sfiancati e sudati. I contadini asserivano di averli trovati con le criniere intrecciate e imbrigliati nelle funi fino a soffocare.
Per scongiurare il pericolo delle ianare si metteva all’entrata della stalla un sacchetto di sabbia di torrente, in modo che la ianara passava tutta la notte a contare i granelli e non molestava gli animali. Anche quando i bambini stavano male e non si riusciva a scoprire la causa, si credeva che la colpa era di quelle streghe. A Rocca d’Evandro vi era una donna capace di capire se il male era causato dalla ianara. Se era molto grave diceva che il bambino era stato passato tre volte sul fuoco, altrimenti una sola volta. Alla morte di una ianara, ogni donna doveva evitare di trovarsi al suo capezzale, perchè era inevitabile assumerne la triste eredità.
Il canto della “ciucciuvettula” (civetta) veniva ritenuto di malaugurio per la casa verso cui l’animale guardava. Si credeva anche che una lucertola a due code portasse fortuna a chi la vedeva.
Sempre secondo la credenza popolare chi nasceva il 25 gennaio, giorno della sagra di San Paolo, avrebbe avuto la fortuna di non essere mai morso dai serpenti, anche prendendoli in mano. Dai serpenti erano immunizzati anche i pochi che conoscevano una preghiera segreta da recitare in loro presenza. Quelli che invece non conoscevano la preghiera, se ammazzavano un serpente, non potevano passare più per luoghi boscosi perchè sarebbero stati individuati, anche a lunga distanza, dai serpenti e da loro perseguitati.
Dal libro “Mignano Monte Lungo – Storia, tradizioni e immagini” di Lina Maiello – Edizioni CI.ESSE.TI. – Napoli 1984
Giuseppe Govini