Ultima fatica dei Cantori in Terra di Lavoro
Circa 2061 anni fa le Idi di Marzo avvisarono Cesare del pericolo che stava correndo ma furono ignorate dal dittatore che andò incontro alla morte, l’undici marzo del 2017 a San Donato Val di Comino si solleveranno le Idi dei Cantori in Terra di Lavoro ma noi, figli dell’Alta Terra di Lavoro, non le ignoreremo e andremo ad ascoltare la loro ultima fatica, Musica di Terza Classe.
Fernando Cedrone il “Capo Banda” del gruppo da tempo ha intrapreso un percorso artistico impervio basandosi solo la vera ricerca storica ed identitaria con la massima sobrieta’ e umiltà senza scorciatoie, non cerca notorieta’ o pubblicita’ attaccandosi al comodo carro chiamato “ciociaria” e si sente orgogliosamente sannita, cominense, laborino e regnicolo senza dimenticare che oggi vive in provincia di Frosinone. Dal punto di vista musicale Cedrone ha iniziato da zero e ad ogni album con il suo gruppo, I Cantori in Terra di Lavoro, fa un passo in avanti e nell’ ultimo lavoro, che ho avuto il piacere e l’onore di ascoltare in anteprima, ha fatto un vero salto di qualita’.
In “Musica di Terza Classe” il concetto di “Brigante o Emigrante” è alla base del disco e Fernando, autore e compositore e che dai suoi avi ha ereditato questo nobile sentimento, ha avuto notevole coraggio andando a toccare temi e fatti che potrebbero dargli noie, anche nel suo territorio, che non ha paura di affrontare perché è sorretto dalla forza della ricerca storica.
Nel primo pezzo, Musica di Terza Classe, che da il titolo all’album, è condensato il sentimento di chi è partito dal Regno non come perdente ma come sconfitto andando in nuove terre per ricominciare una nuova vita, con nuovi sogni e speranze conservando l’identità e la tradizione Napolitana. Ci va con l’organetto, con il tamburo, con le castagnette e con la propria civiltà inconsapevole che sarà il genitore di una nuova era e di una nuova musica che chiameranno jazz, blues, rock and roll ecc. ecc., si trasformerà da colonizzato a colonizzatore e per questo verrà anche perseguitato da chi soffre di complessi d’inferiorità in nome delle razziste teorie lombrosiane.
Protagoniste sono le donne ma Fernando non gli da il solito clichè che va di moda ultimamente facendole passare per le prime femministe della storia italica ispirandosi alle teorie dei radical chic di sinistra, ma descrivendole come persone, come suddite che non hanno fatto altro che prendere il fucile e combattere un esercito invasore che violava la propria terra, il proprio regno, il proprio dio e la propria civiltà senza scomodare tesi di sociologi, psicologi e antropologi. Erano solo le nostre donne che rispetto alle altre hanno un tocco magico perché sono femmine vestite da donne, non ciociare, e chi viene da fuori, già al di la del Liri, non riuscirà mai a capire.
Non ha problemi a cantare la verità su Agostina Segatori nuova “Marianna” ,che letterati e artisti francesi chiamavano ciociara, che pensa di trovare la libertà e il benessere come modella per pittori o case di moda ma che trova solo decadentismo e miseria nei caffè parigini vendendo la propria anima e il proprio corpo imbottito di alcool e come lei tante.
Michelina Di Cesare che in Donna Michelina viene descritta come una semplice insorgente brigantessa divenuta tale per difendere la propria terra, il proprio regno, la propria fede, la propria tradizione, la propria femminilità non rinunciando a vivere anche quando è costretta a uccidere, vivendo con passione i suoi amori senza farla apparire una eroina romantica e risorgimentale.
Maria Bella, donna del brigante Pace, vuole piacere a se stessa e al suo uomo perché gli piace vivere, anche se decide di intraprendere la strada della sconfitta, perché nulla vale più della sua libertà.
In Yaiha torna a parlare di emigranti e ci ricorda come il nostro mare da sempre ha trasferito popoli da un continente all’altro e che l’etnia italica è multietnica rendendola unica. Non sarà la nostra opulenza che ci farà costruire i muri e distruggere i ponti che da migliaia di anni esistono e hanno trasportato esseri umani e musiche che ha creato la Nostra Musica che il mondo oggi suona. Mi viene in mente Lacrime Napulitane dove la carne e maciell non erano i disperati che attraversano il nostro mare con mezzi di fortuna ma era “la nostra gente”.
La chiusura è doverosa darla, a piè c’è il video, a la Tammurriata del Massone dove nessuno aveva deriso l’eroe dei due mondi, che nel 1860 soprannominarono l’eroe che sfondava le porte…..aperte, con il suono della tammorra. Hanno usato le pernacchie, gli sberleffi, le boccacce, i silenzi ma sommergere di vergogna l’eroe alto biondo su cavallo bianco con la tammurriata non l’ha fatto mai nessuno. I Cantori in Terra di Lavoro usano l’ironia e la satira tipica della nostra tradizione di atellana memoria.
Beata e santa ignoranza che mi permette di dare un giudizio dal punto di vista musicale senza problemi e raccontare solo le emozioni che mi ha trasmesso ascoltandolo più volte. Angelica con il suo flauto ormai ha una personalità sempre più marcata e trascina il gruppo mentre, grazie all’aggiunta del Violino, il mio pensiero va alla delicatezza e la raffinatezza della musica del 700 Napoletano.
Sabato 11 di Marzo i Cantori in Terra di Lavoro ci aspettano a San Donato Val di Comino e invito tutti a venire per ascoltarli perché sarà una serata di cultura tra musica, tradizione, identità e storia.
Claudio Saltarelli