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Battaglia di Itri, del 1346, tra Nicolò Caetani e l’esercito della regina di Napoli, Giovanna I

Posted by on Ott 10, 2023

Battaglia di Itri, del 1346, tra Nicolò Caetani e l’esercito della regina di Napoli, Giovanna I

   Nel 1338 ci fu una controversia tra gli itrani ed i gaetani per un certo tenimento. Ambedue le città rivendicavano il territorio di loro pertinenza, per cui si ricorse alle armi. I gaetani attaccarono per primi e si  misero contro la fortezza di Itri.

Nel fatto guerresco si inserì ilfocoso conte di Fondi, Nicolò Caetani, primogenito  di Roffredo che sconfisse i gaetani, dimostrando la sua indole riottosa ed il suo valore. L ’episodio bellico procacciò al Caetani e ad alcuni  uomini del suo seguito il cingolo e l’onore delle armi da parte del re di Napoli Roberto d’Angiò, una figura molto discussa dagli storici e dagli studiosi del regno di Napoli,un personaggio carico di sottintesi e di contraddizioni.

   Due anni dopo, i gaetani, però, non si diedero per vinti e,nel febbraio del 1340, invasero nuovamente  il borgo di Itri. Anche questa volta essi furono duramente sconfitti per l’intervento del sovrano Roberto in favore del conte Nicolò. Nello scontro le truppe  gaetane persero molti uomini  ed il loro comandante, il napoletano Corrado Guindazzo. Inoltre gli sconfitti dovettero sborsare al sovrano  napoletano 200 once come risarcimento dei danni arrecati alle case e al territorio.

   Nel 1346 il  suddetto conte di Fondi, Nicolò Caetani (ancora lui!),fu mpegnato  in una impresa guerresca contro le truppe della regina di Napoli, Giovanna I,che che aveva  inviato un forte esercito, composto di 29 capitani, 600 cavalieri e numerosi fanti. Nicolò Caetani, pur essendo in minoranza numerica, potendo contare solo su 400 cavalieri ed alcuni pèdoni, non si preoccupò ed attese che le truppe della regina entrassero nel suo territorio. Egli, ancora una volta, riuscì ad avere la meglio, grazie ad uno stratagemma: fece murare tutte le porte della cittadella, eccetto quella principale, l’angusta via Mamurra; fece armare gli abitanti ed ordinò loro di nascondersi nelle loro case. Nicolò Caetani intanto, nel pomeriggio del 14 settembre 1346, ingaggiò con le truppe napoletane una battaglia che durò fino a sera, facendo finta  di non riuscire a contenere i nemici, che continuamente conquistavano terreno. Cessato lo scontro per le ombre della della sera, il conte dei Fondi controllò se fossero stati rispettati i suoi ordini e, nel buio della notte, uscì nascostamente con tutta la sua milizia. All’alba del giorno dopo, le truppe della regina, guidate da Filippo de Anatolio, Fusco Guindazzo e Jacopo Faraone, trovano porta Mamurra aperta e notando ch non vi era alcun segno di vita nella cittadella, imprudentemente entrarono per la porta principale. L’esercito napoletano, convinto che tutti gli abitanti fossero fuggiti, penetrò nel sobborgo lasciando i cavalli davanti alla porta e mettendo in disparte le armi più pesanti per essere più liberi nel rovinare le porte e le mura e per saccheggiare meglio le case. Quando l’esercito nemico, avido di bottino, fece ressa nella cittadella, ad un certo punto, comparvero Nicolò Caetani ed i suoi armigeri, che presero alle spalle i soldati della regina, bene imbottigliati nella stretta via, mentre, ad un segnale di tromba,  dall’alto di ogni abitazione, piovve ogni sorta di oggetti, dalle frecce ai sassi, dalle caldaie di olio bollente alle masse di pece imbrattanti. Le truppe partenopee, esterrefatte ed ammassate, non poterono opporre la benché minima difesa e caddero in gran numero lungo le gradinate della via, mentre, dall’alto, gli abitanti infierivano senza pietà. Fu una carneficina per l’esercito regio; morirono anche i suoi tre capitani .Il Faraone, cittadino di Gaeta, fu  trovato morto sul campo di battaglia, fatto impiccare dal conte di Fondi.  I superstiti, mercenari, furono graziati, ma, denudati, vennero rimandati a Napoli, con un cartello sulle spalle, su cui era scritto, in segno di scherno, “Ego sum robba, quam comes Fundi fecit de novo”,  cioè che essi erano roba che il conte di Fondi, Nicolò Caetani, aveva rimessa a nuovo.Celebre fu l’episodio nel reame di Napoli, dove, quando si vedeva, nelle piazze e nelle strade, un uomo nudo in stato miserevole, si diceva:” Questi, per certo, appartiene alla  robba del conte di Fondi”.

   Per chi volesse approfondire l’argomento, consigliamo “La battaglia di Itri” di Paolo Manzi, per le edizioni “Ali Ribelli”, un testo che offre uno spaccato di vita di un’epoca, in cui si celano riferimenti preziosi ed inesplorati delle popolazioni e delle plebi del Sud, di quelle vaste masse che da secoli portano sulle proprie carni “il marchio dei vinti”. Il lettore avveduto nota subito che l’autore, prima di stendere questo “lavoro”, ha compiuto lunghe ed appassionate ricerche e che l’opera risponde a principii  unitari ai quali si rifanno tutte le argomentazioni trattate.

   Porta Mamurra, nonostante il deplorevole abbandono, pur privata di alcune peculiarità, resta ancora suggestiva e pittoresca,nonostante sia scomparso il suo scenografico panorama, con la sua fresca cintura verde, soffocata da edifici moderni, che, con la loro presenza, hanno violentato  bellezza del posto.

Alfredo Saccoccio

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