Borgo marinaro di villaggio Paradiso
Le origini –
Seguendo una cronaca del Fazello, ripresa e perorata secoli prima da Johannes Skylitze, troviamo, la presenza del Palazzo del Governo, degli attendenti del governatore del porto di Messina, sotto le insegne di al Hassad ibn al Ammar, cugino dell’emiro di Palermo che aveva concorso, con fatti d’armi importanti nel 964 d.C., a fondare un maniero, poi individuato da altre carte e da altre contingenze, nel Corno destro del porto di Messina.
Il sito che faceva capo a un Ribat musulmano, quello dei 30 cavalieri, era tutto adorno di giardini pensili: di alberi da frutto, di fioriere e di cespugli profumati. Una reggia, come solo i Murabitti, sapevano organizzare.
I Greci, lo conoscevano e segnalavano, come il Qsr di Apollopharis, detto anche, il Castello Pubblico, dove fra le altre contingenze, esisteva una dogana, atta al dispiegamento dei viveri e delle merci, che interessavano una delle più importanti vie d’accesso, al territorio tirrenico del Val Demone.
Fonti successive e documenti importanti, ricollocano l’antico Palazzo dei Murabitti di Messina, sotto la signoria di Renuad De Moac, cavaliere feudatario, di re Guglielmo il Buono. La sua famiglia, era in ottimi rapporti d’amicizia con il re d’Inghilterra Enrico II, intrattenendo ulteriori rapporti amichevoli con re Riccardo cuor di Leone ospitandolo nel proprio palazzo, situato nel borgo marinaro del Ringo.
Il castello dei De Moac, si ergeva sulla costa, presso il braccio poi detto dell’Ombrasco, chiudendo il porto di Messina a nord. Aveva la giurisdizione sia sul borgo marinaro presso il Fundacum Magnum che sulle calette del villaggio marinaro di Paradiso: compreso, numerosi vigneti e giardini sul dietro stante poggio e colline vicine.
Sotto gli Angioini, sia il borgo del Fundacum Magnum, come il borgo marinaro delle Calette di Paradiso, ebbero importanza strategica: in quanto che, negli anni che precedettero la guerra del Vespro, furono utilizzati dalla corte vice-regia, come luogo signorile; e i relativi rivieraschi, come approdo per battute di pesca e come ripari per i rispettivi natanti.
Cartografi, idrografi e naturalisti, hanno visitato questi luoghi: osservandone molti aspetti, studiandone i rivolgimenti geologici, le rispettive correnti, il fenomeno del Tangdora e degli scogli affioranti.
Territorio ed insediamenti umani –
La scoperta presso il villaggio di Paradiso, di resti e ricettacoli del Medio Bronzo, dimostra come il luogo, fu scelto nell’antichità, per organizzare una presenza speculare ma stabile.
Abbiamo individuato, in un crescendo di date e di titoli, la cronistoria di questa fascia costiera. L’insediamento non solo era possibile, ma favoriva i suoi abitanti a godere delle potenzialità che si allocavano, nei tempi e nelle strategie degli uomini.
Le prime carte, ci narrano dell’antico rettilineo costiero sfruttato dai crociati, durante i preparativi della terza crociata. Da questo momento in poi, si definiscono ruoli, potenzialità del comprensorio e sfruttamento dello stesso. Privilegi connessi a tale sfruttamento che ha favorito la vita, dal primo nucleo insediato in poi.
Il popolamento della costa, potrebbe essere spiegato schematicamente anche e soprattutto, in virtù e in favore, della terra che segnava il confine tra il mare e la costa stessa. Gli estremi lembi di un territorio omogeneo li troviamo, nella spiaggia del Santo Sepolcro a nord-est del villaggio Paradiso: con i primi documenti, che ci segnalano 1082, presenze monastiche. E di un nucleo insediato rivierasco, presso l’area, dell’attuale borgo marinaro di Case Basse Paradiso XIII secolo; a nord-ovest della penisola andata perduta, che era il fulcro di quel territorio.
Il braccio di mare che nessuno nel passato ha osato immaginare, ne tanto meno scoprire, favorisce uno studio geologico dell’ecosistema del comprensorio in oggetto. Sunto di osservazioni ritenuti lecite ed opportune, già a partire dai primi del XVI secolo. Ma che hanno avuto la loro massima espressione, nelle valutazioni di Ser Wuilliams Henry Smyth XIX secolo.
In una fase storico-evolutiva, scandita da fatti storici, più o meno importanti, questa parte di territorio ha subito una trasformazione straordinaria per i tempi.
Abbiamo per questo motivo, stabilito una tempistica d’insediamento così definita: il borgo del san Sepolcro, darà impulso alla prima fase di insediamento Medievale. Anche se dobbiamo tenere a mente, della presenza della fortezza di Apollopharis sulla costa allungata, verosimilmente distrutto, dal primo signore cristiano di Messina: Harald Hardraade, così come celebrano alcune carte 1042 – 1053.
La seconda fase insediata, vede la presenza di una comunità italo-greca presso la pieve sinistra, della foce della futura fiumara Annunziata 1118-1120, governata da san Bartolomeo de Simeri; il quale, vi costituì, il primo nucleo monastico di monaci latini, sotto le insegne di Papa Pasquale II. La rispettiva presenza dei monaci in questo sito, dove vi fondarono un nucleo civico, assegnerà il nome al luogo: di terra di San Salvatore de Acroterium. Proprio con la relativa presenza della comunità dei monaci di Bartolomeo, nascerà il primo insediamento abitativo del villaggio di pescatori di Paradiso coeso, verso la ecclesia di san Nicolò Pauperius.
Per volontà di re Guglielmo il Buono, sotto le insegne di Gualtiero De Moac 1182-1184, con il recupero del castello, presso il braccio di san Salvatore dei latini contrapposto al braccio di san Salvatore dei greci, meglio conosciuto di san Raineri, sarà affidata al sopra detto miles, il governo delle due dogane di Messina: una delle quali ricadeva presso le spiagge della penisola andata perduta. Locali che comunque sono segnalati ancora esistenti sulla costa verso la fine del trecento, al predetto borgo del Ringo, pressappoco dove oggi ricadono, le fabbriche dell’ex ospedale Regina Margherita.
Con gli stravolgimenti bellici e il dislocamento di entità civiche nel luogo, in rapporto ad alcune famiglie, si perseguirà un lento ma graduale sviluppo. Sono stati individuati, ma non del tutto identificati temporalmente, i borghi dei: “li Chiuppi,” in documenti seicenteschi, delle “ Case Pinte,” in documenti anch’essi del XVII secolo; “dell’Ombrasco alla punta” da carteggi del XVIII secolo non che, del “Corno destro” del porto di Messina.
La natura benigna in questi anfratti, ha favorito un certo tipo di insediamento: oggi diremmo del di porto. La Nobiltà di Messina, è riuscita a sfruttare le amenità concesse dalla natura, con l’ingegno e il buon gusto.
Il nucleo principale dello sviluppo signorile del luogo, lo possiamo condensare al borgo delle Case Pinte estendendosi fino al borgo marinaro di Paradiso. Quest’ultimo da fonte francese settecentesca, fu erroneamente anticipato al villaggio del Ringo. La sontuosa villa dei Marullo prima e dei Di Giovanni e Marquett dopo (seconda metà del Cinquecento), ha dato spunti e fraintendimenti non compresi dagli storici seicenteschi. Quel territorio, proprio in funzione dell’antico feudo dei De Moac, il cui perimetro costiero si estendeva dalla spiaggia di San Sepolcro al villaggio marinaro di Paradiso, autorizzati dai Normanni all’ufficio della vectigalia portuale di Messina, aveva favorito, nei secoli, la crescita dell’entroterra del futuro insediamento delle Case Pinte e delle Calette di Paradiso.
L’utilizzo dell’approdo così come celebrano alcune carte, dimostra, che presso i varchi della spiaggia di Paradiso, si erano create delle vere e proprie stazioni di posta, aspettando i giorni favorevoli per entrare, allora si, nell’angusto varco portuale. Per altro segnalato, durante il naufragio della nave che portava il camminatore ibn Gubayr 1184.
A ridosso dell’abitato dell’attuale insediamento urbano della chiesa del Buon Viaggio, trovarono sistemazione i villini della contrada Case Pinte, cioè i giardini che tanta garbata stima hanno indotto in errore, molti studiosi associandone al toponimo di contrada Paradiso, non erano altro che, le dependance di quel complesso; che come detto, si impostava in origine nell’antico abitato, sorto attorno al castello dei De Moac ovvero presso il Ringo.
Se non che, lo studio di quei luoghi, distinti gli uni dagli altri, ha determinato una dispersione della memoria. Il recupero della cronistoria, dell’antico braccio del san Salvatore de Acroterium, così come ce lo segnala un diploma di Ruggero II, dimostra come si sia volatilizzata una parte cospicua del nostro patrimonio costiero.
In questo contesto storico, proprio il territorio del borgo marinaro di Paradiso si distingue, rendendo da solo, una fetta importante della storia di Messina.
Villaggio Paradiso e Case Basse –
Una ricostruzione dicevo, questa si parcellizzata ricca di aneddotiche, di avvenimenti che hanno lasciato il segno; se da un lato, le tracce della vita e dello sviluppo dell’abitato del villaggio Paradiso, ha dato memoria di se, allo stesso tempo, così accade per il ristretto lembo costiero oggi Case Basse, ma un tempo la propagine più settentrionale della contrada delli Chiuppi.
Le prime tracce come detto in precedenza, ricadevano nell’area di servizio delle calette di sosta d’epoca medievale: che una testimonianza del luogo, segnala comparse negli anni immediatamente successivi alla alluvione del 1789. Realisticamente, doveva esistere al tempo del regno di Guglielmo il Buono, una comunità di pescatori. Seguiranno altre vicende, legate al territorio del castello dei Moac (seconda metà del XII secolo), e al Corno destro del porto di Messina. E col mutare delle stagioni, fu meta, del passeggio e del soggiorno, di viceré ed illustri personaggi.
Sede di eventi storici e di dileggio, ricordiamo in una rapida carrellata, uomini e fatti, presenti nella memoria di questi luoghi: Agli inizi del Trecento, la principessa Eleonora di Napoli, futura consorte di Federico III d’Aragona, qui sbarcata per convolare alle sue nozze. Nel XIV secolo, vengono segnalate strutture signorili; dove presero stanza, le truppe al seguito di Bertrando del Basso con la sua flotta angioina 1326. E così come nel seicento non che, nel settecento e il secolo successivo. Sotto il casato degli Asburgo nel 1718 dalla flotta napoletana al gran completo; al tempo di Carlo III re di Napoli soggiornò nel palazzo dei Brunaccini, così come altri illustri signori di quell’epoca:
Michelangelo Tilli, medico e botanico, alla corte degli ottomani e del gran ducato dei Medici. Raimondo Marquett nobile rimarchevole, Diego Brunaccini principe e suoi eredi. John Purdy idrografo di fama europea e William Henry Smyth idrografo e geografo famosissimo. Georg Dennis letterata insigne: Rosalino Pilo esponente del risorgimento italiano, Giuseppe Basili vicario generale del Cardinale Guarino, il conte di Tolosa e Antonino Torelli da Fano, scienziato ed ingegnere.
Le prime notizie che riguardano Case Basse, sono relegate a una incisione di fine settecento che ne dà, un ipotetico impianto; e un’altra, del 1822 che mostra i suoi pescatori, mentre issano una rete dal mare. Non mancano fonti precise del 1847 che segnalano, una delle tecniche di pesca della sua gente; la quale intorno al 1882, si era associata, in una Mutua di Soccorso dei Pescatori.
Con i fatti successivi all’unità d’Italia, il villaggio e il borgo marinaro, furono oggetto di iniziative, atte al recupero e al potenziamento del rispettivo scalo marittimo.
Fra il 1860 e il 1890, si registrano notizie che riguardano l’ancoraggio, nella baia dei pescatori di Case Basse e anche al Ringo; nel 1868, furono collocate tre casse di ormeggio da una ditta specializzata di Napoli. E già, alcuni anni dopo 1888 si notavano, ormeggiati alla costa, bastimenti piccoli e grandi. La zona, era interessata, dalla produzione e dalla esportazione, delle arance di Paradiso; come reperito, da una nota del 1847.
A questi luoghi ricordava la poetessa Maria Costa, recentemente scomparsa, si lega la memoria delle barche di pietra: “Dopo la fine della guerra, quando la fame ancora si faceva sentire, i marinai, e fra essi mio padre e i miei fratelli, non potendo uscire per mare per la presenza di ordigni bellici, preferivano dedicarsi al commercio delle pietre cavate dal fondo del mare. Non era ben chiaro come potessero raccogliere pietre perfettamente squadrate dalla mano dell’uomo, sta di fatto che quella fosse l’unica merce di valore, e vendute nei primi cantieri dei primi palazzi, innalzati a Messina nel dopo guerra; la gente di case basse dicevano che appartenessero a qualche muraglia fortificata del passato, andata sott’acqua per i terremoti. Però, esiste una memoria di questo borgo di pescatori, quella descritta dal viaggiatore inglese George Dennis, il quale, ebbe visitato il villaggio, segnalando nel 1864, il fondo di Case Basse: raccolti sulla destra della strada sterrata, c’erano le reti e le case pergolate dei pescatori, separati dal villaggio; questo arroccato sulla balza del primo declivio collinare era luogo delizioso.
Alessandro Fumia