Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Il “Diavoletto Indipendente” (XXX)

Posted by on Mar 3, 2025

Il “Diavoletto Indipendente” (XXX)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 205, 2 settembre 1860

La festa senza Cronaca!

Chi volete si sogni nemmeno, coi tempi che corrono di scrivere una cronaca? Chi deve averlo questo coraggio col caldo che fa, o colle teste in combustione, che è un bel miracolo se stanno attaccate al collo; io per me vi rinuncio proprio; e non solo per la ragione del soffoco che mi opprime, ma anche perchè nella Cronaca, pur senza volerlo, vi farei comparire Garibaldi coi suoi amici dalle camicie rosse, tirerei in scena quel buon Francesco di Napoli che perde la casa sua, per non averla saputa mondare dagli insetti perniciosi; vi tirerei dentro Medici e Cosenz e Bixio e l’altra compagnia per metterli faccia a faccia con Mazzini, con Cavour, col re dei re che è Vittorio Emanuele, fin che la ci dura; e infine bisognerebbe anche che spiattellassi fuori la mia opinione anche intorno ai buoni uomini della diplomazia che si lasciano menare per il naso dal gallo di madonna Checca1 proprio dal padrone dell’Europa.

Viste quindi e considerate le cose come stanno, io vi dico in verità che anche a costo di prendermi una buona lavata di testa dal Redattore in capo, lascio che oggi passi la festa senza la Cronaca, e mi caccio a corpo morto nel mare magnum della politica.

Se affogherò non sarò solo, qualchun’altro mi terrà compagnia; ce ne sono tanti innamorati di questa vaga Armida che nei suoi giardini son sicuro di trovare una buona confraternita.

Che mi dite voi altri buoni popolani delle faccende che corrono? come credete che ne usciremo? colla testa rotta, o forti e vittoriosi? Per me v’assicuro che più ci studio su questo maledetto libro del presente e meno capisco; l’è proprio un vero gioco di bussolotti, cari miei, e la bisaccia delle palle la tiene un tale che è venuto al mondo per far vedere la luna nel pozzo, e vendere menzogne al banco della verità.

Tante promesse ch’esso fece da un anno in quà, e nessuna, proprio nemmeno una volle mantenerne, almeno per onor di firma.

Quello sì, già sapete di chi parlo, quello sì che sa infinocchiarle bene…… le verità. Quà disse ai principi d’Italia, quà cari, dove ci son io c’è giustizia, e se non è oggi sarà domani, ma tornerete tutti a casa vostra – e lo credettero…. ma dove sono essi…………………………………………………… all’aria libera, e dormono fuor del loro letto.

Al Santo Padre, scusate se devo mettere il nome d’un santo, con quello di un…. uomo che per ora santo almeno di purità non si può dirlo, al Santo Padre promesse, giuramenti, carezze; e poi… e poi…. grazia che ci resti un tantin di posto in Vaticano ….del resto c’è e non c’ è, lo vedo e non lo vedo.

Al re di Napoli, adesso, fresco fresco, fa dire sul serio; ehi! date la costituzione, e noi faremo, e noi diremo, e noi vi salveremo! – e come lo ha salvato……………… proprio come il tonno nei barili.

L’Inghilterra, lo sapete meglio di me, ha gli occhi lunghi e buon naso…… l’Inghilterra amicona

dell’alleato al di là dell’acqua, l’ha capita lei la suonata, e non si lascia tirare in trappola – mette giù certi schioppetti sulle sue fortezze che zuffoleranno al caso a dordi a meraviglia.

1 Espressione usata originariamente da Giulio Cesare Croce (1550-1609 – Autore di Bertoldo e Bertoldino e Cacasenno…) in Barcelletta…, Bologna, s. d. . Gaetano Donizetti, nell’Elisir d’amore (1832) fa dire al dott. Dulcamara: Egli è il gallo della Checca/tutte vede, tutte becca. N. d.

————————————————

Anche la Russia, e la Germania l’hanno capita anch’esse la musica – e state sicuri che se il maestro di cappella non cambia solfa, la ci andrà male; sono lenti, lenti, lenti da mettere la stizza a muoversi quei del Nord, ma una volta che vi si caccino dentro vi dico io che non si fermano più…, e lo  seppe Napoleone il grande, proprio lo zio del nipote, al quale toccò far quel brutto viaggio a Sant’Elena. Basta… le cose; come sono, voi bravi popolani, fedeli sempre al vostro buon Sovrano, le sapete bene; e se verrà il buon dì che le faccende si cambino e si metta in ordine la marcia, allora potremo contarne di nuove, e Dio voglia che sieno di quelle buone.

Rivista politica.

Trieste 1 settembre.

Il Corriere Mercantile di Genova stampa che i piroscafi della compagnia transatlantica, Vittorio Emanuele e Cavour vennero noleggiati dal Governo sardo per trasportare delle truppe in Toscana! Il Pungolo di Milano ha un dispaccio da Genova nel quale invece è detto che le truppe partono per

Napoli. Ora il numero di queste il Pungolo le fa salire a 30.000 uomini con tre batterie di cannoni. E poi si vorrà sostenere che il Governo piemontese non agiva in piena armonia con Garibaldi, si dovrà ancora credere alle parole, ai programmi, ai discorsi di Napoleone III e di Persigny. E a comandante delle truppe da spedirsi a Napoli si nomina il generale Lamarmora; così esso potrà rappacificarsi con Garibaldi e colle camicie rosse che gli erano tanto odiose.

Sulla partenza di Francesco II, tutto è ancora in dubbio; almeno fino al punto in cui scriviamo, questa notizia che ci era stata recata dal telegrafo come una voce di borsa, non ebbe la conferma; non possiamo però sperare che pei Borboni si muti il vento a Napoli.

L’annessione al Piemonte, che nella Sicilia trovò tanti intoppi, sembra che a Napoli cammini per ora più franca; e già i proclami e gli atti pubblicati dai Governi provvisorii della Basilicata portano in fronte il nome di Vittorio Emanuele.

Intorno al morente Governo dei Borboni a Napoli si schierano i pretendenti, e son già pronti gli eredi ed esecutori testamentari, barone Brenier, ambasciatore francese, marchese di Villamarina, inviato sardo, i quali, temendo che la morte imminente impedisca al malato di fare testamento, s’affrettarono di chiedere pagamento delle partite che credono a sè dovuto! Morrà o non morrà il Go verno napoletano sotto i colpi dei garibaldiani: ma le domande dei sullodati diplomatici resteranno monumento dei tempi.

Le parole di lord Palmerston intorno alla cessione della Savoia, dette l’altro di ai Comuni, non che le faccende d’Italia, che corrono a precipizio, aumentano la diffidenza e lo spavento in Europa; donde le continue voci di convegni e congressi di Sovrani. Si afferma ora che l’Imperatore d’Austria tra breve si incontrerà col re Leopoldo del Belgio, e che farà una visita alla regina d’Inghilterra a Coburgo. Il Nord, confessa con qualche smorfia che il colloquio dell’Imperatore d’Austria colla regina d’Inghilterra si effettuerà.

Insurrezione napoletana.

L’Adriatico di Ravenna ha in data di Napoli 23 agosto i seguenti particolari sugli ultimi avvenimenti della Basilicata:

Già dal giorno 16 si vedeva un’agitazione nella provincia; il 18 l’agitazione divenne rivoluzione. Alle 2 pom. 400 gendarmi, che dapprima pareano affratellarsi col popolo, pigliarono ad un tratto un attitudine minacciosa, e all’ordine del capitano Castagna, che pensò bene di gridare: Viva il re e morte alla nazione! fecero fuoco contro il popolo inerme. Tutto il paese si volse allora contro i gendarmi, che si ritirarono in disordine fuori della città e cedettero successivamente le armi.

Alle 10 pomerid. il colonnello Bildoni con 1.500 insorti mosse da Corleto e giunse in Potenza. Il moto si estese per tutta la provincia, e si contano presentemente più di 15 mila in armi, oltre altre migliaia, che per difetto di fucili, si sono armati di falci.

In Potenza è proclamato il governo provvisorio e creata, una commissione per l’ordine pubblico, che finora, benchè in istato di rivoluzione, è rispettata. Si sono costruite barricate e son concorsi a lavorare donne e fanciulli, nobili e popolani, preti e frati.

Una seconda commissione per il buon andamento delle barricate, composta dei cittadini più esperti è anche stata creata.

Di più il governo provvisorio, secondo le notizie giunte questa notte, avrebbe dato fuori un decreto, col quale dà ordine che tutti i cittadini di quella provincia, dall’età di 18 anni a quella dei 30 sono soldati.

Una leva in massa, composta di giovani coraggiosi e montanari, come sono quelli della provincia di Basilicata, avrebbe fatto ripigliar la via di Napoli ai bavaresi, che come vi scrissi nella mia passata corrispondenza, erano di già in marcia per sedare la rivoluzione. Ora un contr’ordine spedito ieri li ha forzati a ritornare nella provincia di Salerno, dove il fermento minaccia di scoppiare e diventar rivolta generale.

I tiragliatori della guardia reale, saranno mandati via da Napoli. Però acciò non accada un guasto più serio di quello avvenuto, e ad oggetto di evitare una sicura collisione fra il popolo ed i soldati di quel corpo; ieri furono tutti consegnati in quartiere.

Oggi è accreditata la voce che i tiragliatori, all’ora dell’uscita, andranno ad assaltare il posto della guardia nazionale, che non solo prese le difese dei piemontesi, ma avea già l’ordine di far fuoco e l’avrebbe fatto, se non fossero scappati.

Il lazzaro napoletano, quando ha le pietre in mano non si lascia vincere tanto facilmente. Se gli consegnate una spada si troverà imbarazzato, ha bisogno di essere libero, aver luogo attorno di sè, egli vi colpisce e vi spacca il più piccolo lampione a 50 passi di distanza.

L’esercizio suo prediletto è di tirar le pietre! Figuratevi un migliaio di Ercoli, con le braccia e le gambe nude, scalzi, col berretto rosso in testa, che iscagliano 10 sassi in 15 minuti secondi, ed avrete presso a poco un’idea di questa nostra plebe nelle pietriate, come essi dicono. Né crediate che le loro pietre cedessero alle palle. Se ve ne capita una in testa o nel petto vi manda all’altro mondo senza molti complimenti.

Ora al quartiere Stella, da ieri mattina, son convenuti varie migliaia di popolani; delle piramidi di selce si elevano di tanto in tanto, due fanno la sentinella e gli altri gavazzano, e si fanno bevere, sempre alla salute di Garibaldi e di Vittorio Emanuele! Oltre di ciò, tutto il battaglione di quel quartiere è sotto le armi, e gli altri undici hanno mandato un rinforzo di un centinaio d’uomini per parte.

In questo momento ho la copia di un dispaccio concepito nei termini seguenti. Viene da autorevole persona e a voi non lo dò per officiale, ma per me è più che certo.

Reggio, 24 agosto, ore 11 ant.

Le brigate Melendez e Briganti si sono rese a Garibaldi. Il generale Gallotta morto, il colonnello Dusmet ferito; Melandez e Dusmet ritirati nella fortezza.

P. S. – Corre una ben curiosa notizia. Vuolsi che i soldati stranieri non si siano ritirati a Salerno, ma che nell’arrivare in Basilicata abbiano venduti i fucili e le munizioni agli insorti, e andatisene pei fatti loro.

La Gazzetta di Torino del 30 porta che il re di Napoli chiamò a sè Liborio Romano e Pianelli, i quali dichiararono inutile ogni resistenza. Il re prese tre ore di tempo per decidersi. Intanto le truppe, schierate nelle vie fecero il loro pronunciamento al grido di Viva l’Unità d’Italia.

Ultime notizie.

  • La Perseveranza dice essere senza fondamento la voce che la partenza di Farini e di Cialdini per Ciamberì stia in rapporto colla cessione della Sardegna e della

Al 28 agosto partirono altri due battaglioni di bersaglieri per Napoli. Al 31

agosto regnava grande agitazione a Torino a motivo che si dovea sciogliere i campi d’esercizio. Quattro corpi d’armata saranno scaglionati da Cremona a Ferrara, un quinto stazionerà presso Genova per essere al caso imbarcato. Assicurasi che un’intiera divisione

partirà per Napoli. Pare che i napoletani vogliano il protettorato del Piemonte. In talecaso la Sardegna assumerebbe la direzione amministrativa del regno fino a tanto che i rappresentanti del popolo avranno deciso sul futuro destino del paese. Il Piemonte vi manderebbe un luogotenente con guarnigione mista napoletana e piemontese e proclamerebbe la reggenza di Vittorio Emanuele.

  • Leggesi nelle recentissime della Patrie: “Il maire di Saint-Aubin (Gironde) è stato revocato dalle sue funzioni per avere, nelle elezioni del 19 agosto decorso, fatta la chiusura dello scrutinio prima dell’ora del regolamento, accioché i suoi avversari non potessero votare in favore dei candidati che presentavano. Quest’atto di giustizia fu nel paese l’oggetto dell’approvazione generale”.

Il commendatore de Martino annunziò ufficialmente al corpo diplomatico la defezione delle due brigate delle truppe napoletane a Reggio e la resa del forte di questa piazza, e nella sua comunicazione aggiunse: “Noi eravamo tre contro uno, ora siamo uno contro tre”.

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 206, 4 settembre 1860.

Rivista dei giornali.

L’Ost-Deutsche Post, ha un interessante lettera di Parigi del 29 agosto, la quale caratterizza gli attuali lavori che la diplomazia francese dirige tanto verso l’Inghilterra quanto verso la Russia. Si parla cioè d’una nota rimarchevolissima che il signor Thouvenel avrebbe spedita all’Inghilterra, colla quale cerca di far dileguare quella sfiducia e quella freddezza che da qualche tempo regna nella Granbretagna. Il corrispondente confessa non essere in caso di fare un’analisi esatta di questo documento, ch’egli chiamerebbe piuttosto un memorandum che una semplice nota. Certo

è solo, che il documento esiste, che è di massima importanza e che al ministero fran cese si spera di riconsolidare con esso la ti tubante alleanza. Anzitutto si accerta che la Francia per nulla (?) s’immischia negli affari d’Italia e che l’Imperatore non ha alcuna idea di appoggiare gli sforzi muratistici in Napo li, che la Francia ha sconsigliato colle più precise dichiarazioni il re Vittorio Emanuele contro un attacco sulla Venezia. Pure in questo passo del memorandum, tralucerebbe un’ idea non bene determinata d’una certa riserva, cioè a dire che la Francia non di menticherà mai d’aver guarentito alla Sarde gna il possesso della Lombardia, in caso che l’Austria, in un suo contracolpo, dovesse e

stendere la guerra su questa provincia. Ora non si capisce bene se la Francia non vorrebbe riconoscere un diritto di conquista in caso

che l’Austria riprendesse eventualmente la Lombardia, ovvero se ella pensa riservarsi il diritto d’ intervento qualora dopo un at tacco contro il Veneto, la Sardegna venisse respinta e la guerra fosse trasportata sul suolo lombardo. Egli è chiaro che il signor di Thouvenel tiene qui d’occhio il convegno di Teplitz. Siccome in una guerra della Sar degna contro l’Austria, il principe Reggente considererebbe qualunque intervento straniero quale una minaccia contro la Germania, il signor Thouvenel cerca di guadagnare il gabi netto inglese in favore dell’idea, che un inter vento della Francia per prendere l’offensiva po trebbe bensì considerarsi come un intervento, ma non già se la Francia aiutasse la Sarde gna nel caso che questa dovesse prendere la difensiva. Il corrispondente è persuaso che questa nota francese dovrà figurare più tardi in un libro azzurro.

D’altro canto si lavora con molto zelo presso la corte russa. Secondo relazioni di Pietroburgo il principe Gorciakoff sta sempre fermo al suo posto, e se l’Imperatore Ales sandro ha preso l’iniziativa per dare all’Im peratore d’Austria una prova di amichevole cortesia, questa non sarebbe, che di natura meramente personale, senza che per ciò si fºsse cangiato il programma dei principe Gorciakoff. Il punto principale di questo programma sarebbe la revisione del trattato di pace del 1856, specialmente riguardo alla neutralizzazione del Mar Nero, e della cessione d’una parte della Bessarabia alla Mol davia. Questi sagrifizii non possono essere sopportati a lungo dalla Russia, e quella Po tenza che si deciderà ad appoggiarla nella revisione del trattato di Parigi, potrà contare sulla di lei riconoscenza e quindi sulla di lei alleanza.

V

Ma questo è quasi impossibile. Se lo facesse la Francia, ognuno chiederebbe perchè siano state sagrificate tante vittime nella guerra di Crimea. Lo stesso dicasi dell’Inghilterra. Dun que fino a tanto che non sia scoppiata una nuova guerra in Oriente, il programma del principe Gorciakoff ha poche prospettive di essere realizzato. Pure il signor Thouvenel non vuole togliere ogni speranza al gabinetto di Pietroburgo. –

  • I giornali francesi riportano allocuzioni fatte nelle aperture dei consigli generali di parecchi dipartimenti, e tutte cantano la stes sa canzone delle tendenze pacifiche dell’Im peratore. Non è a meravigliarsene, perchè partono tutte dalla stessa fonte.

Il Times, loda molto il carattere perso nale del Persigny, ma conclude che l’Inghil terra deve continuare ad armarsi onde chie dere la propria sicurezza alle forze del paese e non già alla moderazione del potente vi cino. º,

Il viaggio di Farini a Ciamberì è argo mento di svariate congetture e voci. Secondo le più accreditate, non solamente Farini sarebbe stato incaricato di esporre la situazione generale, l’impossibilità di rima nere inoperosi più a lungo, la necessità di porsi alla testa del movimento, sotto pena di essere da esso dominato, ma avrebbe chiesto inoltre, che in caso di una guerra coll’Au stria, la Francia mandasse guarnigioni in Lombardia ed in Piemonte; acciocchè la Sar degna avesse disponibili tutte le sue forze. Questi dettagli si dànno con tutta riserva e non si dice quale risposta abbia dato l’Impe ratore alle comunicazioni del ministro sardo.

  • I fogli di Napoli, giunti ieri, vanno sino al 28 spirato. Essi dipingono tutta la serietà della situazione. Per farla conoscere appieno ai nostri lettori, diamo il seguente brano del primo articolo dell’Omnibus del 28 agosto.

“Napoli 28 agosto. Quale è la nostra situazione? Più che stringente. La rivoluzione avanza da Calabria a Potenza, da Potenza sino a Salerno. Essa procede sempre più, e sta alle porte della Capitale.

“Il re volle sentire i suoi ministri, i generali dell’esercito, i 12 comandanti la guardia nazionale 1. Tutti uniti non hanno potuto nascondere né travisare la situazione; tutti uniti non fecero certamente che un voto, quello di salvare la Nazione. Il re, vuolsi abbia profferite parole le quali tolgono dagli animi ogni trepidanza: Napoli non sarà insanguinata. Il popolo intanto segue Garibaldi; egli trova da per tutto ausiliari, non oppositori. Il suo procedere non è combattendo, ma trionfando.

“Il ministero non si ritira, come qualcuno vociferava. Esso non abbandona la patria in tali momenti; la salvava già altre volte da mene criminose; non vorrà abbandonarla in guerra aperta, e nel dubbio di una guerra civile. Il ministero sta al suo posto. Esso sa, che il suo sagrifizio è imminente, e quasi certo; ma gli uomini leali ed onesti (?) non retrocedono in faccia al pericolo.

“Il conte di Siracusa intanto con un commovente indirizzo pregava il re di salvare il

paese da ulteriore fratricidio. Il principe vede la vera (?) posizione, e vorrebbe evitare più fatali conseguenze. La sua lettera ha fatta una grande impressione”. –

  • Segue la lettera che noi abbiamo pubblicata nel nostro numero 204. L’Omnibus chiude colle seguenti parole:

“Dopo queste parole di un membro della famiglia del re, ogni altra è inopportuna; dopo il consiglio dello zio al nipote tace ogni motto del giornalista. Il re sentì la parte più nobile di questo discorso, quando lasciò intravedere che Napoli, sì bella parte d’Italia, non sarà insanguinata”.

————————

1 Se ne presentarono 8, perchè gli altri 4 impediti.

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 207, 5 settembre 1860

O impotenza o connivenza?

Vedendo l’Europa monarchica assistere fredda ed impassibile allo sfacelo delle case dei principi regnanti d’Italia, vedendola consacrare colla sua inesplicabile inazione i fatti che si compiono l’uno dietro l’altro come per

naturale conseguenza del corso di una legge riconosciuta dal diritto pubblico; vedendo che essa si lascia trascinare a rimorchio dalla rivoluzione; sentendo il lungo cicaleccio col quale, piuttosto che colla forte opera compatta delle armi della giustizia, si vuol fermare l’irrompente fiumana che invade i campi del diritto; osservando la strana ammissione di teorie pericolose non solo, ma ledenti nelle basi il principio monarchico; tenendo dietro allo spergiurare che in Italia s’è fatto massima di patriottismo, e al cinismo col quale si mente ad ogni patto per quanto sacro esso possa sembrare; noi siamo costretti a domandare a noi stessi: dove saremo condotti.

Se tutto è lecito e permesso, se la rivoluzione legatasi al Piemonte, armata con Garibaldi, legalizzata da Vittorio Emanuele, usufruita dal re che si chiama il galantuomo; se la rivoluzione osa tutto e tutto le riesce, poichè l’Europa silente lascia che la medesima operi colla mano in campo e sulle menti dei cittadini, cogli scritti e coi comitati, e colle società segrete, e cogli appelli, e colle collette, e cogli indirizzi; se a tutto ciò si applaude da alcuni Governi e da altri si ammette come legale e come frutto delle odierne libertà del secolo; ci ripetiamo sfiduciati: dove saremo condotti.

La è questa impotenza, o piuttosto rovinosa connivenza? Se esaminiamo i fatti, che da oltre un anno si vanno compiendo sotto i nostri occhi, dobbiamo credere alla esistenza sì dell’una che dell’altra cosa; ed impotenza e connivenza ci condussero a questi estremi. Sì l’una, che l’altra furono i tristi frutti dell’albero della discordia fattosi gigante nell’Europa sotto la mano del potente cultore di questa amarissima pianta. Impotenza, non di forze intendiamo, ma di volontà e d’unione, impotenza a strapparsi da quel magico cerchio che fu tracciato da Napoleone e dentro al quale ci si dibatte quasi avvinti dalle spire d’un serpente; connivenza, che tale deve dirsi la presente inazione, delle Potenze conservatrici d’Europa, e che tale la chiamerà la storia; che se voi avete alla mano macchine e acqua per ispegnere l’incendio e di queste non vi servite o per ire antiche, o per timori nuovi, o per una miserabile invidia, voi vi rendete complici di quelle fiamme, assumete, per così dire, la tremenda responsabilità di quell’azione divoratrice.

Che fecero fino ad oggi le grandi Potenze del Nord per fermare il carro devastatore della rivoluzione e la rapace mano degli invasori, e la prepotente libidine di potere ch’alza la sua fronte a Torino? Diciamolo francamente – nulla – sì, nulla – poiché le vane proteste, i consigli, e anche le minaccie non valgono, né sconcertano per niente gli arditi figli della rivoluzione; e laddove solo coi fatti si può ottenere l’intento, abbisognano appunto fatti e non inutili ed inascoltate parole.

Al Piemonte è lecita ogni cosa, ad esso muover guerra, chiamare stranieri, rinfocolare rivoluzioni, invadere territorii; ad esso, colla protezione della Francia, di cui è l’avamposto, è permesso detronizzare principi e re, invadere i beni della Chiesa, attaccare il Papa, spogliare degli aviti retaggi i principi, costringendoli a vivere del pane dell’esilio. Ad esso, che sotto Sebastopoli e alla Cernaia percosse in volto la potentissima Russia, questa abbandona ora Francesco di Napoli, il figlio di quel Ferdinando che osò, solo in Europa, alzarsi contro la coalizione bandita a danno dello Czar, rifiutando le sue armi e le sue navi a quella Francia e a quella Inghilterra, che ora gli fanno pagar caro l’indipendente suo procedere, e la serbata fede all’alleato; e malgrado le solenni promesse dello stesso gabinetto di Pietroburgo di difendere il re di Napoli, ora quello assiste impassibile come una statua di bronzo alla caduta della dinastia Borbonica. Al Piemonte si lascia libero il campo ad una spedizione armata a Napoli, insulto che si vuole venga rispettato dall’Austria, –

E palese, confessata, trionfalmente proclamata la connivenza nell’azione fra il Piemonte, e la rivoluzione e l’insurrezione rappresentata da Garibaldi; questo avrebbe dovuto essere l’ ultimo confine imposto al silenzio, all’inazione delle Potenze d’Europa: eppure esse tirano innanzi nel loro apata silenzio, i fatti compiuti non la scuotono, inerte s’accascia anzi sotto di essi, e curva le spalle onde innalzare sopra di esse quell’idolo che odia, ma che pure non vuol combattere.

Attendiamo, ci si dice – domani, dopo, più tardi sarà fatta giustizia, non è ancora venuta l’ora, non è colma la tazza, bisogna aspettare. E sia, purchè mal non s’abbiano a pentire coloro che il Signore ha preposti ai popoli quai moderatori. Sono voci vaghe che corrono fino ad oggi e nulla più; voci che dicono essere imminente l’unione dei Governi monarchici conservatori in un’azione riparatrice in Italia: ma le son voci, mentre nel campo contrario l’azione prosegue tenace la sua via, ed i fatti si compiono rapidamente; quel veleno che si sparse nelle vene dell’esercito napoletano, che ne intorbidì il sangue, ne interdisse il movimento, quel veleno serpe ed invade, e guai s’esso rompesse in Europa, i vincoli della santità del giuramento.

Attendete! … attendete!… ecco la parola che ci si risponde ad ogni ora – pazienza, e verrà il giorno della riscossa… ecco la sentenza con la quale si vogliono acquietare le nostre apprensioni; ma noi ripeteremo che verrà ben anco quello del giudizio finale, ove saranno chiamati a rendere ragioni delle loro opere e i popoli e i re … .

L’inerzia in questo supremo momento, è connivenza: guai se venisse giudicata poi impotenza. – Napoleone III a forza di dirsi potente lo fu, lo è ancora, e tutti lo credono tale. Sorgano anche gli altri, si levino d’addosso quella pece della disunione da cui furono coperti ed operino unanimi, e vedranno ch’essi pure sono potenti.

Alla lettera del conte di Siracusa tiene dietro un appello del Nunziante ai soldati

napoletani, col quale questo nuovo traditore del re, dopo non averlo saputo difendere, parla alle truppe napoletane la parola dello spergiuro. Esso le eccita ad abbandonare Francesco II, e a darsi, senza sbandare le loro forze, a Vittorio Emanuele; cui egli Nunziante, un Nunziante!! che tutto ebbe dai Borboni, e che fu fatto grande e potente da essi, chiama glorioso il re d’Italia; dando a Garibaldi, cui non seppe vincere, e che trionfò anche per la viltà dei generali napoletani, il nome d’eroe.

Contro questi elementi, di cui si componevano le file dei consiglieri dell’infelice Francesco di Napoli, è facile la vittoria, facilissimo il trionfo della rivoluzione.

Notizie politiche

ITALIA. Torino 2 settembre. Garibaldi vien lodato dal giornale Des Débats, perchè comunque si voglia giudicare la spedizione contro la Sicilia e ‘l regno di Napoli, egli non istrinse mai la mano di Sovrani dei quali preparava in segreto la rovina. Il foglio parigino parla in questo modo, perchè contro a quello che disse fino a oggi riconosce adesso che i ministri del re di Napoli sono d’accordo coi rivoluzionari contro il proprio sovrano, come fu detto molto tempo prima, ed al presente vien confermato col fatto. La Gazette de France parlando dello stato d’assedio proclamato a Napoli a cagione dell’invasione dei garibaldiani, nota la libertà strana dei fogli napolitani che appunto sotto lo stato d’assedio tutti i giorni proponevano impunemente la decadenza della dinastia, la distruzione del Governo e del regno! Un solo grido è riputato sedizioso dai ministeriali napolitani, ed è quello di: Viva il re! L’Union biasima con forti parole il consiglio che i generali napolitani ed altri avrebbero dato al re di imitare la duchessa di Parma, cioè di fuggire, dopo la nomina di una reggenza: se il solo generale Bosco si oppose a tale consiglio, il re seguirà il parere del solo generale, che non sia un vile! Nemmeno la duchessa di Parma sarebbe fuggita dinanzi ai soli garibaldiani, conchiude l’Union. (Armonia)

  • Un foglio amico del gabinetto di Torino pretende che Farini sia partito in fretta da Ciamberi, appena uscito dall’udienza dell’Imperatore, perchè il terreno della Savoia bruciava i piedi all’inviato del Governo sardo, che cesse quell’antica provincia alla Francia: il generale Cialdini, che fu ricevuto come inviato della Corte di Torino, sarebbe stato accolto con maggiore simpatia del signor Farini inviato del Governo.
  • E voce accreditata che il conte di Siracusa sia stato mosso a scrivere la sua celebre lettera al re Francesco II, dalla speranza di avere la carica di vice-re di Napoli. (Arm.)
  • Si scrive da Torino sotto la data del 2 settembre alla Perseveranza: Questa mattina verso mezzodì è giunto in Torino S. A. R. il conte Leopoldo di Siracusa. Informato dell’arrivo dell’ A. S. il nostro re ha ordinato che le carrozze di Corte andassero alla stazione prendere il principe napoletano, ed ha incaricato il suo aiutante di campo, generale Solaroli, di riceverlo.

Il conte di Siracusa è accompagnato dal suo segretario, signor Fiorelli, uno de più distinti e rinomati filologi napoletani.

Seguitano le solite voci d’imbarco e di partenza di truppe: ma io seguiterò pure ad accennarvele senza più, poichè non è soverchio il ripetere ciò che vi scrivevo ieri, dei movimenti delle truppe val meglio tacere. La stampa liberale non deve fornire indizi ai nemici.

Quest’oggi tutti i ministri e parecchi senatori e deputati sono andati a Saluggia ad assistere alla celebrazione delle nozze della figlia del ministro Farini col cavaliere Riccardi, segretario di gabinetto nel dicastero dell’interno. Al suo ritorno da Saluggia, il cavaliere Farini partirà domani per Bologna e per Firenze.

Si annunziano parecchi cangiamenti nell’ordine amministrativo.

Domani si apre la sessione del Consiglio provinciale di Torino. Il governatore Carlo d’Adda è appositamente venuto qui ad inaugurarla.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.