Il mio indipendentismo
Questo cento cinquantenario italiano (1861-2011) viene a cadere in coincidenza di una crisi nazionale, non solo identitaria, ma dell’intero sistema politico e sociale tra le più becere che quest’Italia abbia mai attraversato. E mentre in tutto il mondo si sviluppa il concetto di popolo e nazione, con la riscoperta d’identità vere che hanno sfidato il tempo e l’oppressione, da noi si continua a festeggiare ipocritamente un qualcosa d’inesistente, indicando nel sistema statale attuale il vecchiume che tramonta.
La riscoperta dell’identità nazionale napolitana, ultimamente, si espande velocemente su tutto il territorio della Napolitania e non solo. Essa rende giustizia all’idea di libertà dei nostri avi, spregiativamente chiamati briganti, i quali lottarono contro l’imposizione coloniale cui vollero segregarci gli invasori savoiardi; costoro si nascosero dietro il concetto del termine “Italia” al quale avevano dato il nuovo significato di nazione, ma che invece era il vecchio e pratico sistema colonia.
Oggi si cerca forzatamente di indicare questa giovane carica identitaria come un nuovo soggetto sovversivo, continuando a definirla inutile, retrograda, nostalgica e vigorosamente anti italiana. Tali pretese sono anticostituzionali e antidemocratiche per ciò che riguarda i primi tre punti. Ritengo pure, che è un’autentica espressione di libertà e senso di giustizia definirsi anti italiano, poiché il sentirsi tale rende un senso di fierezza nell’appartenenza alla propria nazione plurisecolare, creando un pacato stato di felicità interiore che giustamente e umanamente, si propone irremovibile nel condannare, anche moralmente, la classe dirigente del paese, la quale è collusa in segreti accordi con la malavita, avendo creato un nefando stato di mala politica italiana.
Questa convinzione ci porta inequivocabilmente a opporci ai ridicoli compromessi e alle opportunistiche uscite di meridionalisti, falsi o presunti tali, che cercano di cavalcare l’onda di questa corrente preponderante che sta invadendo il paese, rendendo vano gli sforzi di chi, in passato, aveva con la propria tempra, fatto rivalutare un meridionalismo combattivo, il quale seppur non avendo portato a risultati consistenti, seppe schierarsi dalla parte del popolo. E’ esistito quindi un meridionalismo per il popolo, oggi esiste un meridionalismo per le poltrone.
Infatti, non fanno bene alla nostra terra certi ingorghi elettorali mascherati da neomeridionalismo e che con punzecchiature partitocratiche e consecutive aggregazioni manipolate portano alla luce inciuci degni del parlamentarismo italiano. E non mi rivolgo ai partiti e/o movimenti in modo singolare, per quanto reputo che ci sia qualcosa di buono in ogni compagine, ma mi riferisco a quell’armata brancaleone che nel suo insieme ha dato il colpo di grazia ad un vero meridionalismo morente.
L’unica idea che si oppone a questo partitismo corrotto è l’indipendentismo, che nella versione napolitana fa timidamente capolino con Angelo Manna e che si conferma schiettamente con i ragionamenti di Nicola Zitara, il quale seppur abbia provato a far breccia nel meridionalismo per formare un’area separatista, nei suoi ultimi giorni si è dovuto arrendere all’impreparazione del popolo ancora troppo italianizzato.
A questo punto, facendo tesoro del pensiero di chi ci ha preceduto, è quasi automatica l’elaborazione dell’idea indipendentista aggiornandola alla luce dei fatti politici odierni, in base ai quali è doveroso, da parte nostra, il dover rigettare categoricamente l’ingenuità che ci fa considerare sullo stesso piano l’idea e il partito. Infatti, non dobbiamo forzatamente associare un partito meridionalista con il meridionalismo né un partito indipendentista con l’indipendentismo, poiché deve essere ormai chiara l’inutilità del partito come mezzo strumentale per arrivare all’attuazione dell’idea stessa, giacché esso non porta a nessuna rivoluzione politica, ma solo a un assestamento delle figure primarie che compongono la classe alta della compagine partitica.
Nello stesso momento la forza spirituale del popolo deve avere la capacità di rivendicare, in modo fermo e improcrastinabile, la coscienza indipendentista di quel meridionalismo, che necessariamente si discosta dalla degradante partitocrazia. Infatti, lo strumento partitocratico è il veicolo che porta al corrotto parlamentarismo italiano, rifugio d’inetti e parassiti, emblemi della totale distruzione della giustizia sociale, sulle cui macerie si è adagiata una società fittizia atta a distruggere il senso dello Stato.
Ciononostante la nazione napolitana continua a progredire verso quei valori mondiali che esaltano l’alta spiritualità dei popoli, veri protagonisti della storia umana.
Per questo motivo l’indipendentismo napolitano ha passato il Rubicone impostogli dal becero e umiliante “meridionalismo”, ormai putrefatto nella stagnante politica italiana che ha ingabbiato la legittima voglia di giustizia popolare che soltanto l’idea indipendentista può garantire.
In questo modo il Movimento Indipendentista dei Patrioti Napolitani, uniformandosi nel Fronte di Liberazione (FLN), si erge a rappresentante della Nazione Napolitana perorando la Causa nei tribunali internazionali, appellandosi ai Trattati in cui è menzionato l’Autodeterminazione dei Popoli, tramite i quali poter ottenere quel senso vero di giustizia che solo il verdetto internazionale può rilasciare.
Per questo motivo, si dia inizio a quella lotta di liberazione della Napolitania sospesa ormai da 140 anni e cioè dagli ultimi scontri che i nostri Patrioti, detti briganti, ebbero contro l’invasore piemontese, prossimo italiano. A differenza di allora non sarà una lotta armata ma fatta di resistenza civile e non violenza; fermi nell’esaltare ogni cosa della Napolitania, ma boicottando senza riserve tutto ciò che provenga dall’alta italia. Ogni abitante della Napolitania è, pertanto, parte integrante del popolo e quindi cittadino napolitano e come tale Patriota a tutti gli effetti. Quindi, è suo diritto, è suo dovere, ricorrere civilmente ad ogni resistenza pacifica, nell’opporsi all’opprimente stato italiano che ci tiene come colonia interna.
Antonio Iannaccone
fonte
https://napoilitania.myblog.it/2011/07/27/il-mio-indipendentismo/
Ho apprezzato molto la pacatezza del discorso dell’autore che trovo abbia centrato un punto focale della difficolta’ nel portare avanti l’indipendentismo in quello che fu il grandissimo e florido Regno delle Due Sicilie… ma e’ appunto la subdola trovata delle Regioni che lo ha frammentato conferendo a ciascuna il rapporto diretto con Roma, e indebolendo cosi’ in maniera concreta il senso di appartenenza ad una ricchissima storia cementata in secoli di rapporti e riferimenti comuni. Se i Veneti, ignorando l’assetto nazionalistico/regionale, hanno rivendicato, organizzandosi un referendum, l’INDIPENDENZA con tanto di commissione internazionale OSCE presente, vedo la cosa molto piu’ complessa per le Regioni dell’ex Regno Due Sicilie, che pure ne avrebbero ugual diritto!..eppure se riuscissero un giorno a fare altrettanto, col loro peso di fronte all’Europa e al mondo, sarebbe finalmente un’esplosione di liberta’ e di gioia…per l’identita’ riconquistata che esalterebbe la vita e l’entusiasmo dei popoli che da sempre vi abitano… Credo e spero che il futuro sia questo! sarebbe finalmente la felicita’ degli individui e dei popoli…ed e’ quello a cui tutti aneliamo, tranne coloro che aspirano esclusivamente al potere…e non e’ stato solo Napoleone…di statura minore ce ne sono tanti altri in giro il cui obiettivo e’ stare a galla e percio’ non cambiare niente…ma non e’ detto che sara’ sempre cosi! caterina ossi