Il Regno delle due Sicilie era uno stato canaglia? “La negazione di Dio eretta a sistema di governo” (parte 3)
Una visione dei fatti completamente diversa quella sui due sovrani, che ci fa capire quali erano i piani Britannici. Il Regno di Sardegna è lo Stato perfetto agli occhi di Palmerston, e della Corona: monarchia costituzionale e governo liberale, con una politica economica liberista e cosa fondamentale una politica estera filo-britannica.
Toni che ricordano i giornali di oggi contro gli “stati canaglia”: Iran, Afghanistan, Siria ecc.. Se la spedizione non parti immediatamente per la Sicilia, fu a causa della Regina Vittoria, e la sua contrarietà. La sintonia e la collaborazione tra la stampa inglese e il suo governo ci fa capire quanto possano essere convincenti i mezzi di comunicazione. Contestualmente la sponda offerta alla politica di Palmerston, i giornalisti inglesi tessevano le lodi della monarchia sabauda, contrapposta all’assolutismo Borbonico napoletano, dei Lorena e degli Asburgo, e alla teocrazia pontificia, pubblicava cosi la Gazzetta del Popolo del 1° gennaio 1853: “L’Inghilterra riconosce di dovere la sua grande felicità, cioè la sua ricchezza, la sua potenza, la sua moralità alle istituzioni costituzionali; resta sottinteso per contro che i paesi dispotici così miserabili, come gli stati papeschi p. es., devono al despotismo la vergognosa loro inferiorità.
In verità, le condizioni economiche e sociali degli ‘stati papeschi’, come veniva chiamato lo Stato Pontificio di Pio IX e il ‘cattolicissimo’ Regno delle Due Sicilie, poteva difficilmente definirsi ‘miserabile’, specialmente per quanto riguarda il Regno delle due Sicilie. Napoli vantava una tassazione bassa, così come il costo della vita, l’emigrazione inesistente, anzi una emigrazione quasi biblica si è avuta solo dopo il 1861, ma guarda il caso! i poveri costituivano solamente l’1,34% della popolazione. Analoga la situazione dello Stato Pontificio, come testimoniato dalle Memorie documentate di Paolo Meccacci. Il 7 agosto 1855 alla Camera dei Comuni, Palmerston parla del regno di Napoli con odio “a suo dire” aveva dimostrato sfrontatamente la sua ostilità alla Francia e all’Inghilterra vietando l’esportazione di merci che il suo stato neutrale gli avrebbe consentito tranquillamente di continuare a trafficare. Una “palese violazione del diritto internazionale”, tanto più grave perché “perpetrata da un governo che si era macchiato di atti di crudeltà e di oppressione verso il suo popolo, assolutamente incompatibili con i progressi della civiltà europea”.
Questi “atti di crudeltà” borbonici non sono mai stati confermati, anzi smentiti (come dalle lettere di Gladstone) ma non importa. Il Regno delle Due Sicilie era ormai uno ‘stato-canaglia’ così con un intervento ‘indiretto’ di Londra, attraverso il Piemonte, debitore della corona britannica…bisognava cambiare registro. I Sardo-Piemontesi erano una nazione indebitata, non una nazione libera, e non potendo più ripagare parte del debito contratto, doveva necessariamente invadere stati sovrani dalle grandi riserve bancarie come; le Due Sicilie, lo Stato Pontificio, i granducati di Toscana, Modena, Parma. Così come nel Mercante di Venezia di Shakespeare, il debitore si trova nelle mani del creditore, i Rothschild, sono stati i veri beneficiari di quella operazione speciale; cosi vengono chiamate oggi le guerre, chiamato ‘Risorgimento‘ ma poi chi è veramente risorto? rispondetevi da soli. L’eliminazione di stati sovrani economicamente e politicamente indipendenti, significò l’estensione in tutta Italia del modello economico piemontese.
La Piemontesizzazione della penisola italica. Il Piemonte era non solo l’unico stato completamente nelle mani dei banchieri inglesi, ma anche l’unico ad essersi quasi privato del tallone aureo per l’emissione della moneta. Per la nazione Sabauda è indispensabile, dare l’idea di una ‘guerra di liberazione’ o ‘guerra umanitaria’ agli occhi dell’opinione pubblica europea si dovevano sentire legrida di dolore, altrimenti l’ingresso dei Bersaglieri in territorio straniero sarebbe parso per ciò che era: un’invasione! Filippo Curletti, era un agente segreto stipendiato da Cavour, aveva operato nei vari stati pre-unitari destabilizzando l’opinione pubblica, a favore di quella piemontese. Arrestato dallo stesso Cavour decise di vendicarsi rivelando particolari sulle vicende ‘risorgimentali’ descrivendo le modalità. Coinvolto nei moti che portarono alla destituzione dei Lorena nel Granducato di Toscana, Curletti descrive la ‘rivoluzione’ fiorentina non come un moto popolare nato spontaneamente, bensì come un’operazione condotta da un gruppo di ottanta carabinieri travestiti da popolani, data l’indisponibilità dei fiorentini a ribellarsi ai Granduchi. Scrive Curletti: “la propaganda secreta dei Piemontesi nelle Romagne e nella Toscana cominciava a produrre i suoi frutti; tutto era pronto per una rivoluzione; i comitati che agitavano gli spiriti in questi due paesi sotto la direzione del Cavour, domandavano al ministro il segnale dell’azione e qualche uomo sicuro per operare il movimento”.
Giuseppe Giunto
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