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La collegiata di S. Michele Arcangelo,già tempio di Esculapio, cuore dell’Itri Medioevale

Posted by on Dic 24, 2021

La collegiata di S. Michele Arcangelo,già tempio di Esculapio, cuore dell’Itri   Medioevale

Poco lontano dal castello medioevale, nella parte più alta del centro storico, vi è la collegiata di S. Michele Arcangelo, la più vetusta di Itri, sita in un ambiente assai interessante¸ per i resti delle secolari costruzioni, addossate al sistema fortificato della cittadella, che ha subìto tante vicissitudini nei secoli.

   La chiesa è antichissima, eretta su un tempio pagano, dedicato al Esculapio. Di cui restano evidenti tracce. Settant’anni fa, esso ancora si delineava, anche se parzialmente.

   Se si facessero  degli scavi sotto la chiesa, forse si rinvenirebbero altri resti, soprattutto in una sorta di sotterraneo, dove, nel passato, vennero trovati eleganti vasi, pregevoli marmi ed antiche medaglie. Questi ritrovamenti, che avvenivano spesso, ci hanno fatto            pensare che questo edificio religioso dovesse essere un santuario, consacrato  ad Esculapio. Di solito i santuari dedicati a questa divinità erano eretti sulle alture. Il culto di Esculapio fu importato a Roma e nei suoi dintorni nel III secolo a. C. (la fondazione dell’ “asclepion” dell’Isola Tiberina risale al 291 a. C. e non tardò a prendere piede anche ad Itri.).

   Il tempio di Itri dovette essere importante e molto frequentato dai devoti, i quali forse iniziavano le loro preghiere con un olocausto ad Apollo. I pellegrini erano ammalati che si rivolgevano al padre della medicina chiedendo una cura salutare. Quando il dio della guarigione esaudiva i loro desideri, i grati pazienti lasciavano al santuario offerte votive: vasi, medaglie, marmi. Molte volte questi doni erano dovuti a persone desiderose di propiziarsi Esculapio. Fin dall’inizio, questo santuario dovette  prosperare e scintillare di doni votivi : oro, bronzo, ottone, marmi lucenti, riproduzioni in pietra di parti del corpo ammalate e di arti offesi! I regali venivano offerti al sacrario in segno di ringraziamento.

   Si ritiene che il citato sotterraneo fosse adibito ad alloggio per i visitatori ammalati, in attesa della guarigione. E’ più probabile, però, che esso fosse una “favisse”, adibita a deposito del tempio. Nei pressi della collegiata di S. Michele Arcangelo, vi fu il rinvenimento di un’epigrafe riportante …VIATOR …GUST, comparsa nel CIL, 6116, che si riferisce probabilmente ad un “viator”, viandante augustale, ovvero sacerdote addetto al culto  dell’imperatore Augusto. Siamo nella prima metà del I secolo a. C. o nella prima metà del I secolo d. C.?

 Il dio  Esculapio viene, in genere, rappresentato con un cane ai piedi  ed  un serpente e i metodi di terapia di Esculapio erano svariati. Medicine, interventi chirurgici, tranquillanti e sonniferi avevano lo scopo di guarire, tramite  i sogni, l’ammalato. Come si vede, Sigmund Freud non ha scoperto molto di nuovo. Il tempio di Esculapio, a Sant’Angelo, era un “sanatorium”, dove venivano curati gli infermi. In esso  il malato  giungeva alla guarigione tramite un’esperienza religiosa che lo conduceva al limitare dell’essere, guarendo poi l’uomo  dagli  elementi mortali insiti nella sua umanità. Nel tempio di Itri  c’erano i medici, ma essi restavano in secondo piano essi:  selezionavano, accoglievano e guidavano gli infermi, ma la guarigione era ottenuta dai malati  attraverso il proprio, personale rapporto con il divino, che si compiva, di notte, durante l’incubazione, cioè del periodo di isolamento e di “esposizione” alle forze divine.  La  guarigione avveniva quando l’incubazione si trasformava in uno stato di “apertura” al divino, analogo all’antica disposizione dei dormienti all’appalesarsi della verità.

 Esculapio fu il primo ad insegnare e ad applicare la medicina psicosomatica. Egli faceva infatti addormentare i suoi pazienti, generalmente la notte, sulla nuda terra, in una parte prescritta del tempio, poi ne esaminava i riflessi e le reazioni ed infine faceva raccontare sogni, dai quali traeva la diagnosi delle loro malattie. L’esame dei sogni è un elemento rilevante nella psicoterapia e, se è vero, com’è vero, che “mens sana in corpore sano”, è anche vero il contrario e cioè che da elementi mentali insani, ne derivano mali fisici.

E’ un serpente incoronato l’embema del nostro Comune, secondo l’originale conservato nella Casa Comunale. Il vetusto scudo civico ha come insegna il serpente drizzato in palo, linguardo, argenteo, dalla lingua bifida in smalto rosso, con la testa ed oil corpo rivolti verso la parte destra dello scudo, araldicamente. L’animale, poco più alto della metà  del suo corpo, si attorciglia da destra verso sinistra, scendendo alla linea estrema dello scudo e, riavvolgendosi in se stesso dal lato sinistro verso il destro, allunga la residua parte della coda in posizione orizzontale, come a far sostegno al corpo ritto in azione do pugna, con la punta di essa lievemente rialzata. Il “Elaphe  longissima” è veloce, vivace e combattivo. Disturbato, può attaccare sibilando per aprirsi, con il suo comportamento terrifico, la fuga, ma non è velenoso. Esso è mordace, ma innocuo.

   Nel campo sottostante sinistro dello stemma vi  è una testa di mastino dall’elegante collare, a muso corto, ringhiante e mostrante i denti, con le orecchie tese, in oro. Lo stemma ha il motto: “Signum Salutis – Fidelitas”, volendo il saettone simboleggiare la salute ed il mastino, emblema della caccia, la fedeltà.

   L’insegna è sormontata dalla corona reale, perché il paese era sotto il dominio diretto del re.

   Entrambi gli animali sono raffigurati su due tavole in pietra, in “Porta  Mamurra”,

posti a guardia della porta  e della cittadella, “genii loci”.

Alfredo Saccoccio

    

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