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La Filadelfia italiana

Posted by on Giu 26, 2019

La Filadelfia italiana

L’Italia è una terra ad alto rischio sismico. Gli ultimi eventi, sui quali è inutile soffermarsi, poiché voi tutti sapete a cosa mi riferisco, ce lo hanno tristemente ricordato. Nella storia della nostra Penisola molti sono i fenomeni tellurici riportati dalle fonti. Ogni secolo ha affrontato le conseguenze secondo le proprie conoscenze e secondo i propri convincimenti. Un caso particolare ce lo offre il Settecento, il secolo dei lumi.

Nel 1783 un terremoto distruttivo colpì la Calabria. Le scosse rasero al suolo Castelmonardo, antico paese dell’entroterra. Dalle ceneri del paese nacque Filadelfia, nella quale si condensano ideali propri del periodo e della sofisticata intellighenzia napoletana. Oggi Filadelfia è un comune di poco più di 5mila abitanti, situato nella Provincia di Vibo Valentia.

Il 28 marzo 1783 la Calabria fu sconvolta da una serie di terribili terremoti. La terra si alzò e sprofondò sotto i piedi degli abitanti. Le montagne persero la loro fisionomia abituale. I fiumi cambiarono corso. Il mare, agitato dalla scossa, scaricò la sua forza sulle coste calabresi, causando ingenti danni. Più di 200 paesi furono distrutti. La scossa provocò morte e distruzione non solo in Calabria, ma anche in Sicilia. La città di Messina fu rasa al suolo quasi completamente.

Il paese montano di Castelmonardo, una piccola comunità la cui fondazione risale all’VIII secolo, fu tra i più danneggiati. Dell’abitato si conservava solo un casolare. Tutto era macerie.

Gli abitanti di Castelmonardo furono, così, costretti ad abbandonare il paese. I sopravvissuti trovarono rifugio nella Piana di Gorna. Nell’aprile del 1783 i paesani, con diritto di voto, deliberano in assemblea di ricostruire l’abitato nella Piana. Nacque Filadelfia.

Giovanni Andrea Serrao e Filadelfia

Il vescovo Giovanni Andrea Serrao (1731-1799), nativo di Castelmonardo, è la figura più importante nella storia di Filadelfia. Serrao da giovane studiò a Napoli, capitale del Regno. Napoli all’epoca era un centro culturale di grande rilevanza continentale. Serrao entrò in contatto con gli ambienti illuministici. Conobbe tra gli altri: Antonio Genovesi, Domenico Cirillo, Francesco Mario Pagano e Gaetano Filangeri. Ordinato prete, si avvicinò da subito alla dottrina giansenista. Nel 1783 fu nominato vescovo di Potenza. Nel 1799 partecipò attivamente, nonostante l’età, all’effimera esperienza della Repubblica Partenopea. A causa del suo sostegno alla Repubblica, Serrao fu brutalmente assassinato dai sanfedisti, reazionari filoborbonici. Serrao, comunque, è passato alla storia per la costituzione della Filadelfia calabrese. Serrao si impegnò attivamente sostenendo la costruzione fisica della città e confortando la popolazione.

A Serrao è attribuita la scelta del “dolce nome di Filadelfia” ; scrive Pagano nella biografia di Serrao che il toponimo fu scelto: “affinché gli abitanti si ricordassero sempre della loro origine greca e rammentassero e imitassero le virtù dei loro antenati e soprattutto si amassero come fratelli ed amici, non solo tra di loro, ma nutrissero lo stesso sentimento per tutti gli uomini”. Filadelfia in greco antico significa “amore fraterno”. Si evince, così, che l’ideale illuministico, unito con il credo giansenista, proprio di Serrao, hanno guidato il prelato alla scelta del nome. Tale interpretazione è confermata dal fratello del vescovo Elia Serrao che nel 1785 pubblicò il trattato Circa i terremoti e la nuova Filadelfia in Calabria.

I Borboni, con un decreto reale, nel 1786 accettarono la costituzione di Filadelfia. Il governo napoletano guardò con sospetto la nuova comunità, a causa del nuovo toponimo che aveva un sentore di libertà e d’insubordinazione. Infatti, il 4 luglio del 1776 in un’altra Philadelphia, al di dell’Oceano Atlantico, si era firmata la Dichiarazione d’Indipendenza. A Philadelphia le 13 colonie nordamericane si proclamarono indipendenti dall’Impero Britannico.

Dietro, quindi, la versione ufficiale della scelta del nome si cela una realtà ben complessa che ci porta a considerare la relazione tra l’Italia e i neonati Stati Uniti d’America. Tra massoneria italiana e americana. Tra Giovanni Andrea Serrao e Benjamin Franklin.

La massoneria nel Settecento

Il Settecento fu anche il secolo della massoneria. L’associazione liberomuratoria nasce, nella forma che si conserva anche oggi, nel 1717 a Londra con la costituzione della Grande Loggia d’Inghilterra. Essa si connota come un’associazione iniziatica di liberi pensatori. Non è nostro interesse, però, entrare nel merito della questione delle origini della massoneria e neppure delineare la storia dell’istituzione. La realtà massonica, a causa della sua natura segreta, ha suscitato (e continua a farlo) speculazioni di varia natura, alcune molto fantasiose. Nel Settecento l’istituzione massonica aveva un valore culturale molto elevato e quasi tutti gli intellettuali entrarono in contatto con essa, direttamente o indirettamente. E questo succedeva anche nel Regno di Napoli negli anni di Serrao.

Serrao, Gaetano Filangieri e Benjamin Franklin

Non esistono testimonianze che provano l’affiliazione di Serrao alla massoneria. Ma il vescovo conobbe molti fratelli e da loro fu ispirato. Tra di loro il più rilevante fu Gaetano Filangieri (1753-1788), filosofo e giurista napoletano.

Filangieri, attraverso il canale massonico, conosceva ed era in contatto epistolare con Benjamin Franklin (1706-1790), il grande inventore e politico statunitense. Franklin, nativo di Boston, viveva a Philadelphia. Partecipò alla Dichiarazione d’Indipendenza (1776), fu presidente dello stato del Pennsylvania e deputato alla Convenzione nazionale. Franklin, l’inventore del parafulmine, è una figura centrale per la storia della massoneria, non solo americana. La massoneria, grazie all’operato di Franklin, raggiunse un alto livello di compattezza e di organizzazione. Si adoperò moltissimo alla diffusione della cultura, della virtù e in più in generale dei valori massonici. Notevole è il suo impatto culturale nella realtà italiana.

Franklin acquistò, attraverso un banchiere parigino, numerose copie de La Scienza della Legislazione, opera capitale di Filangieri. Franklin favorì la larga diffusione del trattato del napoletano. Per onorare la figura di Franklin i fratelli del Regno di Napoli scelsero per il nuovo abitato, nato dalle ceneri di Castelmonardo, il nome di Filadelfia, quale simbolo di libertà e per il progresso della società.

Scrive Francesco Salfi, una fonte dell’epoca, nel Saggio sui fenomeni antropologici relativi al terremoto, “Il celebrato Franklin, riconoscendo in Filangieri un uomo capace di fare con il suo paese quello che egli stesso ha fatto con gli Stati Uniti, spedì sia a lui sia al Re delle Due Sicilie, una copia della Costituzione di questa nascente Repubblica Egli si affrettò anche a diffondere The Science of Legislation [La Scienza della Legislazione di Filangieri] tra i suoi nuovi compatrioti, che presto riconobbero e apprezzarono uno dei loro fratelli nel suo autore.”

“Si può considerare”, continua Salfi, “come testimonianza di gratitudine data a questi moderni repubblicani quello che alcuni filantropi dell’impero di Napoli diedero allo stesso tempo. Onorarono con il nome di Filadelfia una città della Calabria la cui rinascita fu testimoniata dalla sue rovine dopo il terremoto del 1783. Noto questa particolare circostanza così che l’illuminato viaggiatore non vedrà in questo monumento il lavoro del capriccio o del caso: in esso si deve ammirare un incontestabile segno del progresso che lo spirito di Filangieri stava cominciando a fare tra i calabresi”.

Un’altra interpretazione sull’origine del nome Filadelfia fa riferimento all’Ordine degli Illuminati. Nell’ambito dell’Ordine, creata all’interno della massoneria di rito egiziano, Serrao e Franklin ebbe modo di entrare in contatto. Secondo tale ipotesi Serrao onorò il fratello Franklin e la rivoluzione di libertà in America con la scelta del nome.

Comunque, il ruolo della massoneria nella costruzione di Filadelfia è indubbio. Nel paese fu lungamente attiva una loggia massonica intitolata a Giordano Bruno. Mentre oggi è presente una loggia che commemora Giovanni Andrea Serrao. Anche l’urbanistica e lo stemma cittadino devono molto al contributo dell’associazione liberomuratoria.

Lo stemma comunale, scelto nell’immediatezza della fondazione di Filadelfia, rileva il ruolo della massoneria nella costituzione del nuovo abitato. Questa la descrizione ufficiale:”Le due mani simboleggiano l’amore universale, le tre stelle sono di auspicio di progresso, le tre colline ricordano la distruzione sismica di Castel Monardo”. Tre gli elementi centrali: la continuità con Castelmonardo, gli ideali del progresso e di amore universale, condivisi con le correnti illuministiche del Regno e con la massoneria. Oltre a questo, la stretta di mano è un chiaro riferimento al saluto tra fratelli muratori. Altri simboli massonici si ritrovano nel monumento, chiamato localmente La Crocella, commissionato per il centenario della fondazione di Filadelfia (1883).

Tuttavia, la struttura urbana di Filadelfia è ciò che colpisce maggiormente. Soprattutto per la singolarità della pianta. Il  modello urbanistico, a cui si è guardato, è quello della Philadelphia statunitense, la capitale della Pennsylvania, la città di Franklin. Non una coincidenza.

Philadelphia americana

Philadelphia americana fu fondata nel 1682 da William Penn. Penn, che prospetta per la città un futuro di tolleranza e libertà, secondo i propri convincimenti personali, impostò la pianta della città in modo razionale e in maniera geometrica. Preferì lasciare ampi spazi tra le costruzioni allo scopo di prevenire il propagarsi di malattie infettive e di combustioni, memore dello spaventoso incendio di Londra (1666).

Filadelfia italiana

Questi principi si ritrovano esattamente nella Filadelfia italiana. Al centro dell’abitato sorge l’immensa piazza Serrao (72 metri per lato). Sulla piazza convergono i due corsi principali, Corso Castelmonardo e Corso Italia, perpendicolari tra di loro. I due corsi dividono la città in 4 rioni di uguali dimensioni. Ogni rione trae il nome della chiesa situata in esso: San Francesco di Paola, Santa Barbara, San Teodoro, Madonna del Carmine. La città si caratterizza per una netta distinzione, anche geografica, tra potere politico e religioso, segno dell’influenza massonica. La costruzione della città fu pianificata dai massoni del Regno di Napoli e i loro principi emergono distintamente.

C’è anche chi sostiene che Benjamin Franklin, genio dal talento versatile, abbia inciso nella progettazione dell’abitato, fornendo, addirittura gli strumenti tecnici per orientare la pianificazione.

Il silenzio, seppur relativo, delle fonti riflette il carattere segreto e iniziatico della massoneria che con la costruzione e con la scelta del toponimo si poneva in aperta, seppur criptica, polemica con il potere dei Borboni. Non è un caso che i protagonisti della ricostruzione, a iniziare da Serrao, appoggeranno, in seguito, la Repubblica Partenopea antiborbonica.

Quel che è certo, però, che Filadelfia rappresenta un esempio unico nel suo genere. Un esempio di rinascita. Una testimonianza della grandezza della cultura meridionale. Un messaggio di fratellanza e libertà, incapsulato in una delle terre più arretrate della nostra Penisola e più sottomesse all’egoismo del potere malavitoso. Molti figli di quella terra sono emigrati altrove per cercare la loro Filadelfia. Chissà se il sogno (disatteso) di Serrao di portare l’America in Calabria si avvererà mai!

Grazie a questo breve documentario (non molto coinvolgente, per la verità) potete farvi un’idea visiva più precisa di Filadelfia.

fonte http://falsariga.altervista.org/la-filadelfia-italiana/

Stemma di Filadelfia

La centrale piazza Serrao a Filadelfia
Ritratto del vescovo Giovanni Andrea Serrao

1 Comment

  1. Grazie!…bella storia… per niente si chiamarono “muratori”! anche se col tempo, come sappiamo, si occuparono di altre costruzioni, traslando lo spirito iniziale… caterina ossi

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