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A proposito di Unità d’Italia: il ruolo dei cattolici

Posted by on Feb 21, 2020

A proposito di Unità d’Italia: il ruolo dei cattolici

A proposito di Unità d’Italia: il ruolo dei cattolici

L’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia è un’occasione per ripercorrere la storia con particolare attenzione al contributo dei cattolici, promuovendo anche la conoscenza della storia della Chiesa e dei suoi documenti in questo periodo storico, scoprendo quanto di positivo è stato espresso. È necessario far “riemergere il senso positivo dell’essere italiani: servono visioni grandi, non per fare della retorica, ma per nutrire gli spiriti e seminare nuovo, ragionevole, ottimismo” come sottolineato dal card. Angelo Bagnasco nel suo intervento al Convegno per le Settimane Sociali della Cei a Genova.

A proposito di Unità d’Italia: il ruolo dei cattolici

Pensiamo che questo anniversario debba e possa essere anche l’occasione per interrogarsi sul contributo e sul ruolo dei cattolici nel loro rapporto con la società e le istituzioni. Abbiamo cercato di farlo ripercorrendo la storia dell’Unità d’Italia attraverso le diverse componenti del pensiero cattolico del tempo: personalità politiche, filosofi, economisti, giornalisti, sacerdoti, papi, beati e santi.

L’Unità d’Italia non può essere ridotta solo alle battaglie per l’unificazione territoriale. Significativo il concetto di Unità d’Italia che Alessandro Manzoni proclama nell’ode Marzo 1821 che introduce un nuovo e più alto concetto di “nazione”: «Una gente che libera tutta /o fia serva tra l’Alpe e il mare;/ una d’arme, di lingua, d’altare,/ di memorie, di sangue e di cor».
Particolarmente significativa nell’ambito cattolico fu la componente cattolico liberale, dove è presente l’idea che la fede cattolica e la Chiesa hanno svolto un ruolo civilizzatore della società. Nel sostenere e promuovere la causa nazionale i cattolici liberali ne sottolineano l’elemento popolare, intriso di religiosità cristiana, e per questo criticano soluzioni rivoluzionarie e mazziniane. Tommaseo scrive in Dell’Italia: “Chi vuol distruggere la credenza cattolica della quale l’Italia è centro si fa nemico della Patria”. Gioberti nel Primato morale e civile degli italiani teorizza il ruolo universale e di guida dell’Italia per la presenza da 18 secoli del Papa e quindi il suo primato tra le Nazioni. Gioberti e Rosmini sono i due grandi teorizzatori dell’Italia federale in una Lega di Stati. Ma questo pensiero era comune a molti altri cattolici che vedevano inscindibile il legame tra il cristianesimo e la libertà e la democrazia. Cantù disse : “Un comune e un Santo ecco gli elementi di cui si compone la nostra libertà”. Tommaseo in Dell’Italia scrive “politica senza moralità, moralità senza religione, riesce ipocrisia”. Balbo e Gioberti in Piemonte furono primi ministri ed ebbero fino al 1848 ruoli primari durante la prima guerra d’Indipendenza poi persa dai piemontesi e unica guerra combattuta solo dagli italiani. Tommaseo col Dizionario della lingua Italiana, Cantù con la Storia Universale, D’Azeglio con Ettore Fieramosca sono gli autori dei romanzi storici che fornirono le basi linguistiche e culturali del Risorgimento italiano. Manzoni “combatte” per l’unità dell’Italia con lo strumento che gli è più congeniale: la letteratura. Rosmini sottolinea la centralità del cristianesimo nella e per la società e rilancia il diritto naturale. Vuole restaurare la filosofia per metterla al servizio della fede e del progresso. La filosofia per Rosmini è strumento di carità, perché “il risorgimento dell’uomo è innanzitutto intellettuale e morale”. Rosmini chiede un nuovo slancio anche al clero e alla Chiesa ponendo a modello la chiesa dei primi secoli.

Una persona sicuramente centrale nelle vicende risorgimentali fu papa Pio IX che, in un periodo difficilissimo, difese la teologia cristiana e la Chiesa dal liberismo, dal naturalismo e dal razionalismo assoluto che volevano ridurre o eliminare il Cristianesimo e il legame tra fede e ragione. Pio IX proclamò due nuovi dogmi: l’Immacolata Concezione di Maria e l’Infallibilità del papa. Pio IX proponeva un patto doganale di libera circolazione delle merci come primo passo verso l’unità; se ci pensiamo è la stessa modalità usata per incominciare l’unificazione europea nel rispetto delle diversità. Ma il pericolo di scissione con la chiesa austriaca, il cambio del governo piemontese che passò dall’appoggio del progetto di Confederazione di Rosmini ad un progetto espansionistico, il pericolo che prevalesse l’ala più liberista anticattolica come nella insurrezione di Roma che portò alla repubblica Romana spinsero Pio IX a mettersi sulla difensiva. I contrasti aumentarono con le leggi di esproprio dei beni ecclesiastici e la chiusura degli ordini religiosi in Piemonte prima, e in tutto il regno d’Italia dopo. Pio IX è nominato venerabile da Paolo VI il 6 luglio 1975 e beato il 3 settembre 2000 da Giovanni Paolo II che così ricorda la sua figura: “Fedele in ogni circostanza agli impegni del suo ministero, seppe sempre dare il primato assoluto a Dio ed ai valori spirituali. Fu molto amato, ma anche odiato e calunniato. Ma fu proprio in mezzo a questi contrasti che brillò più vivida la luce delle sue virtù”. Pio IX non ebbe poi consiglieri capaci come Cavour, che invece si distinse per doti diplomatiche tanto da guadagnarsi l’appoggio della Francia che nella seconda e terza guerra d’Indipendenza fu determinante nelle campagne militari contro l’Austria, e degli inglesi che finanziarono l’impresa dei Mille. La sconfitta del 1848 aveva determinato l’impossibilità che l’unità avvenisse con il solo contributo degli italiani. Il Regno d’Italia è proclamato il 17 marzo 1861. La presa di Porta Pia nel 1870 col mancato riconoscimento del ruolo internazionale del papa e l’interruzione del Concilio Vaticano I provocano la rottura dei rapporti tra il regno d’Italia e il papa, creando la cosiddetta questione romana. Don Bosco assunse in questa fase un ruolo decisivo: oltre alla sua opera educativa e sociale fu un importante mediatore tra Pio IX e Vittorio Emanuele II per risolvere la crisi venutasi a creare in merito alla nomina dei vescovi che il nuovo Stato italiano aveva preteso di condizionare. I cattolici si divisero in transigenti il cui motto era Cattolici col Papa liberali con lo Stato , ma che furono minoritari e gli intransigenti il cui motto era Con il Papa e per il Papa, questi ultimi furono la corrente più numerosa e più attiva sul piano socio-economico e culturale. Leone XIII che succede a Pio IX rilancia il tomismo nella formazione del clero, il ruolo internazionale della Chiesa e sprona i cattolici all’impegno sociale, in particolare con l’enciclica Rerum Novarum. Con Paganuzzi i cattolici intransigenti si organizzano nell’Opera dei Congressi che diventa capillare e diffonde in tutta Italia le idee economiche di Toniolo, il progetto delle Casse rurali e delle cooperative cattoliche di don Cerruti, le istituzioni per l’educazione cattolica di Tovini che fonda anche il banco Ambrosiano e il banco San Paolo. I cattolici intransigenti costruiscono cosi uno stato sociale capace di aiutare contadini e operai abbandonati dal governo liberista. Dal punto di vista politico con la fine del non expedit proclamato da San Pio X ebbero un ruolo di primo piano Murri, Meda e don Sturzo. Meda, politico milanese, fu uno dei fautori dell’alleanza con i liberali moderati e divenne il primo cattolico ministro durante la prima guerra mondiale. Don Sturzo riuscì ad unificare le varie componenti cattoliche e a dar vita al partito popolare. L’idea di Stato di Sturzo è ancora oggi attuale: “Per noi lo Stato è la società organizzata politicamente per raggiungere i fini specifici; esso non sopprime non annulla non crea i diritti naturali dell’uomo, solo li tutela, li riconosce, li coordina nei limiti della propria funzione politica […] Lo Stato non crea l’etica, la traduce in leggi e vi dà forza sociale”.

In questo periodo i cattolici fecero opere culturali e sociali, ebbero come avversari prima il liberalismo e poi il socialismo. I cattolici difesero il ruolo dell’educazione cattolica nella scuola pubblica e il matrimonio cristiano di fronte all’istituzione del matrimonio civile. E’ questo il periodo nel quale nasce la stampa cattolica usata per diffondere il pensiero cattolico; alcuni dei personaggi principali in quest’opera furono Sacchetti, don Albertario e don Giovanni Bosco.

La vicenda dell’Unità d’Italia ci spinge a riflettere sul vero significato della parola laicità e sui rapporti tra Stato e Chiesa. Illuminanti su questo sono le parole di Benedetto XVI nella Deus Caritas Est: “Lo Stato non può imporre la religione, ma deve garantire la sua libertà […] La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente”.

Oggi è necessaria una riscoperta culturale della fede, della storia, e dei santi in questo periodo storico: Tovini, Toniolo, Don Bosco, Scalabrini (vescovo impegnato per gli emigranti italiani), Pio IX, Rosmini, Pio X, della dottrina sociale della Chiesa che nasce e si sviluppa in quegli anni. E’ importante far conoscere quanto di vero, di giusto, di bello sia stato fatto dall’uomo, nella convinzione che ogni autentico valore è sempre riverbero della verità, della santità della bellezza di Cristo; in una situazione difficile e contrastata i cristiani hanno contribuito con la loro cultura, le loro idee innovative e hanno dato vita all’impegno di molti per costruire una società migliore senza rinunciare alla propria specificità, dando un notevole contributo dal punto di vista politico, economico, culturale e sociale.

A proposito di Unità d’Italia: il ruolo dei cattolici Autore:Tanduo, Luca e PaoloCuratore:Leonardi, Enrico

fonte https://www.culturacattolica.it/attualit%C3%A0/in-rilievo/ultime-news/2011/03/14/a-proposito-di-unit%C3%A0-d-italia-il-ruolo-dei-cattolici

1 Comment

  1. col senno di poi…ma è inutile piangere sul latte versato!…era intorno al 1830 che si discuteva di una Confederazione degli stati preunitari…chi mettere a capo?…a turno si proponeva, cominciando dal Papa…per rispetto se non altro!.. gl’italiani allora comunque ne riconoscevano un primato, la religione contava per tutti…ma poi, procrastinando l’argomento, si finì per farlo naufragare perché ci pensarono le potenze straniere ad impedirlo! Infatti cominciarono dai territori dello stato pontificio per poi fare il resto come sappiamo, Francia e Inghilterra ciascuna con propri forti interessi da realizzarsi a loro vantaggio servendosi del Piemonte a scapito di tutti gl’italiani che erano tali prima ancora dell’unità, perché abitanti nella penisola sotto le Alpi e non importava che fossero popoli con lunghissima storia e tradizioni diverse… E’ la prima “massificazione” operata quasi due secoli fa ad opera dei più furbi d’oltralpe…un danno che ci portiamo sulle spalle e non riusciamo ancora a capirlo! Saremmo al massimo se ci rendessimo conto che solo valorizzando storia e diversità in una confederazione non ci batterebbe nessuno! non bastano centosessant’anni di gestione unitaria a demolire l’anima e le attitudini e le lingue e le tradizioni dei popoli di questa singolare e ricchissima penisola chiamata Italia…caterina ossi

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