Le notizie di questi ultimi tempi mi hanno fatto venire in
mente Dorian Gray, personaggio di fantasia uscito dalla penna di Oscar Wilde.
Dorian Gray è un tipo molto fortunato: non invecchia mai. Ad invecchiare al suo posto è la sua immagine, ritratta in un dipinto che gli è stato regalato. Gli anni passano, infatti, ma le rughe, e gli altri segni del trascorrere del tempo, non compaiono sul volto e nel fisico del Dorian in carne ed ossa, bensì in quello del Dorian del dipinto.
La precisazione sul termine “nostalgia” è stata esposta in
maniera magistrale.
La rettifica su quella “borbonica”, poi,
non poteva essere resa in modo più chiaro ed esaustivo. La taccia di
“questa” nostalgia non dovrebbe costituire motivo né di imbarazzo né di
dichiarata inferiorità, non solo per quelli che con maggiore o minore
convinzione e cognizione di causa si definiscono “borbonici” o “neo”, ma per
tutti quelli che una mala unità ha costretto ad essere “educati alla minorità”
(per dirla con Aprile). E proprio questa “nostalgia” dovrebbe ispirare i loro
sentimenti, i loro comportamenti, le loro scelte.
Meglio: non capisco perché qualcuno, nell’intento di
sminuire l’azione, il sentire, di un neoborbonico, lo definisca nostalgico. E’ come se uno chiamasse capra un stambecco alpino – Capra ibex L. – con l’intento di offenderlo
per via dell’accostamento con la capra – Capra
hircus L. – : lo stambecco se ne risentirebbe? Assolutamente no; piuttosto
rifletterebbe, se potesse, sulle conoscenze di zoologia del tipo.
Ritornando a noi, capisco ancora di meno il fatto che un
neoborbonico, così apostrofato, senta il bisogno, quasi convulso, di dimostrare
che nostalgico non è.
Nostalgia è lo
stato d’animo, l’emozione che prova chi è lontano
dal paese di origine (il famoso mal du
pays) o da una condizione passata,
ovviamente migliore di quella che
vive al presente: nessuno, infatti,
rimpiangerebbe un passato in cui era malato, in carcere, prigioniero, schiavo,
senza lavoro, povero etc
Siccome il termine deriva da nostos, ritorno, e algia,
dolore (http://www.treccani.it/vocabolario/nostalgia/)
e siccome è un sentire, doloroso, proprio di chi ritorna con il pensiero ad una condizione passata, che è positiva,
mentre il presente non lo è, come
fa, un neoborbonico, a vergognarsi se qualcuno, nella sua ignoranza, lo
apostrofa con tale termine?
Che c’è da vergognarsi!?
Ammettiamo che lo scorso anno io sia stato in vacanza nelle “Isole del Paradiso” per oltre un mese e
che questa fosse la cosa che più desiderassi al mondo.
Se quest’anno, fattimi i conti in tasca, mi rendo conto che
posso ritornarci e per lo stesso periodo di tempo, io non provo nostalgia
alcuna di quella vacanza semplicemente perché quest’anno la rivivrò, pari pari
lo scorso anno. Non ho perso nulla: il presente sarà meraviglioso, nella
sostanza, come il passato.
Ma se mi rendessi conto con non potrò più andarci in
vacanza, allora non c’è da stupirsi se, nel ripensare a quelle vacanze, io provassi
in cuor mio, nell’animo, un po’ di “sofferenza”: nostalgia, appunto.
Ritorno con il
pensiero a quella esperienza per me gratificante del passato e, fatto il confronto con le vacanze che potrò fare quest’anno,
con il presente, soffro (algia).
Perché, dunque, un Neoborbonico, che per definizione è un revisionista storico, quanto meno del
periodo che parte dal 1734 e finisce nel 1860, non dovrebbe riandare con dolore a quel periodo
storico avendo bene in mente le
differenze fra esso e ilpresente?
Non capisco.
Io sono neoborbonico e nostalgico, e non me ne vergogno;
anzi: essendo neoborbonico, mi vergognerei se non fossi nostalgico.
Forse, alcuni si schermiscono da quella “accusa” perché la
nostalgia viene vista come qualcosa di paralizzante: una sorta di ammirazione
estatica del passato che blocca l’agire presente.
A noi, del Sud (sic!),
quello che ci blocca, nell’agire presente, è ben altro.
Mai questo, dunque.
Il passato, dice qualcuno, è un faro.
La sua narrazione completa, finora assente dai libri di storia
e sui media, fa capire come veramente si era e, quindi, come si può essere se liberati da gioghi di ogni tipo, anche endogeni, anche di “sangiovannara” natura.
La conoscenza del passato, anzi, dà un orgoglio a chi finora
non solo ne era privo, ma si sentiva colpevole per come era. Questo orgoglio è
anche uno stimolo a riprovarci, a cercare di ritornare come si era: un Popolo
orgoglioso di se stesso. La revisione fa scoprire che si può, che si ha tutto
per riuscire, guardando al passato per prendere energia, stimoli e
insegnamenti; non per tornare formalmente ad esso.
<<Non si può
tornare davvero indietro nel tempo, ma certamente si può provare il desiderio,
a volte molto forte, di riprovare quelle emozioni che ci hanno dato piacere e
gioia. Se in superficie questo sembra stimolarci a ricreare o a ricercare le
circostanze che hanno prodotto quelle emozioni positive, nel profondo la nostalgia ha un’altra funzione, meno evidente, che è
quella di rompere l’inerzia psicologica e attuare i cambiamenti necessari. Per
quando sembri paradossale, la nostalgia funziona come un rinforzo positivo per
promuovere un cambiamento che la nostra psiche ritiene ormai maturo.>>
L’idea di questo Premio nasce dalla volontà di mettere in
risalto le eccellenze di un territorio, quello casertano-campano in
particolare, ma “meridionale” in generale, che troppo spesso non godono della
visibilità, mediatica e non solo, che invece toccherebbe alle stesse se
facessero parte dell’altra metà del territorio italiano.
Il Premio è stato imitato, sin da subito, da altri gruppi,
associazioni e organizzazioni, a testimonianza del valore e della validità dell’idea
che ne ha ispirato l’istituzione e la realizzazione.
Esso è intitolato alla Terra
Laboris, l’antica Terra di Lavoro: ubertoso territorio a nord di Napoli,
ricco di opifici e attività culturali fino al 1860 circa.
Questa precisazione … “fino
al 1860 circa”, spiega la ragione del perché, ad averlo ideato, sia stata
una Associazione che opera per la riscoperta della storia del nostro
“meridione”, di quella storia, cioè, che non fa parte dei programmi curriculari
delle scuole italiane, storia il cui oblio ha contribuito a far sì che il
Territorio ricco e fiorente1 cui si accennava prima (quello del Regno delle Due Sicilie, cioè) sia diventano
poco più che una connotazione geografica: Meridione, appunto.
Troppo lungo sarebbe spiegare, qui, le ragioni e le vie di una
tale “trasformazione” non voluta, non scelta da chi la subì.
Per questa ragione, volendo dare comunque un primo incipit a chi fosse digiuno di ogni dato
in merito, ispirandoci alle parole, che i fatti successivi dimostreranno essere
profetiche, dello storico inglese Patrick K. O’ Clery (1849-1913)…La rivoluzione – come all’epoca venivano
chiamati i fatti “unitari” che interessarono anche il regno dei Borbone – la giudicheremo non dalle parole di coloro
che l’hanno avversata, ma da quelle di coloro che l’hanno voluta, sostenuta ed
aiutata2, riportiamo, fra i numerosissimi esempi possibili, la
cosiddetta “mozione d’inchiesta” presentata, appena otto mesi dopo l’inizio
dell’ottava legislatura, da Marzio
Francesco Proto Carafa Pallavicino, duca di Maddaloni, deputato del Parlamento
italiano.
Egli, napolitano critico nei confronti dei Borbone quando
questi regnavano, divenne accusatore aspro e sarcastico del nuovo corso (anche da lui auspicato) che
i fatti messi in campo dai “nuovi regnatori” (soltanto per accennare
ad un altro, fra i tanti sostenitori pentiti della Rivoluzione: Giacinto de’ Sivo) rivelarono essere ben altro rispetto a quello che le
élite pensavano e si attendevano da esso.
Particolare interesse, per chi avesse fretta, rivestono le
parole che possono leggersi alle pagine 17 (il vero programma unitario: “Napoli starà peggio, ma noi staremo meglio”)
e 10 (le sue prime, strumentali realizzazioni…Tutto si fa venir dal Piemonte…etc.) della versione on line reperibile
qui … https://www.eleaml.org/rtfsud/napoli/Onorevoli_Signori_Proto_Maddaloni.pdf
Tutto il resto, per chi ne ha voglia, viene di seguito.
Fiorentino Bevilacqua
24.05.2019
E’ superfluo precisare…pur con le sue criticità, perché non siamo manichei come lo sono i
detrattori del “meridione” quando descrivono noi e se stessi.
Patrick Keyes O’Clery, La rivoluzione italiana, Ares editore. (O’Clery, avvocato, storico,
fu anche deputato alla Camera dei Comuni).
L’associazione “Sud e
civiltà” ha organizzato e tenuto a Sanza <<un convegno storico per riabilitare la comunità locale, bollata
d’infamia da 158 anni per aver difeso coraggiosamente il regno nel 1857>>,
quando si oppose al tentativo di Carlo Pisacane, come si legge nella pagina
facebook dell’Associazione.
Il convegno non ha avuto
un corso facile pur essendo, i relatori, persone e professionisti stimati,
preparati e notoriamente equilibrati nei loro interventi, sobri ma non privi di
verità dirompenti.
<<Durante
il convegno – si legge nella pagina dell’Associazione Sud e Civiltà – del quale la popolazione era stata tenuta
accuratamente all’oscuro, il Sindaco, alzatosi improvvisamente (in seguito farà
sapere di essere stato “offeso” dal modo in cui si stava descrivendo la figura
di Mazzini), anziché esprimere un motivato dissenso, si è allontanato senza
nemmeno salutare. Il vicesindaco, rimasto in sala ove parlava spesso ad alta
voce creando disturbo ai relatori, ha platealmente rifiutato la targa dedicata
alla città di Sanza >>.
Sulla stessa pagina
leggiamo di un attacco mediatico, portato dal <<quotidiano La città di Salerno>> e di un intervento invocante
processi per <<vilipendio del
risorgimento>> e doglianze perché <<la versione “ufficiale” del cosiddetto risorgimento non sia tutelata da
un apposito reato per chi osi contestarla >>.
Ricordiamo un altro
Sindaco, in un convegno organizzato nel Basso Lazio, questa volta dalla nostra
Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro: egli dissentiva e, terminati gli
interventi dei relatori, esprimeva civilmente
il suo punto di vista con argomentazioni sulle quali si apriva un confronto.
A Sanza no: purtroppo non
è andata così.
Letto il resoconto del
convegno di Sanza, a me è venuta spontanea la risposta che, di getto, seduta
stante, ho postato in coda agli altri commenti, risposta che riporto qui di
seguito.
Ciò facendo, non volendo,
ho bruciato i tempi della nostra Associazione che si preparava ad una risposta
ufficiale di sostegno a Sud e Civiltà e al suo Presidente, il magistrato
Edoardo Vitale.
Quel mio commento, letto e
condiviso dal Presidente Saltarelli, dallo storico Fernando Riccardi e dagli
altri membri del direttivo, finisce per diventare la risposta dell’intera
Associazione Alta Terra di Lavoro.
Ecco il commento.
“Vilipendio
del risorgimento” (sarò accusabile, incriminabile pure io che l’ho scritto
con l’iniziale minuscola!?). L’ultima difesa di ciò che non è più difendibile è
proprio il divieto, stabilito per legge, di mettere in discussione ciò che
viene criticato e che, perciò, diventa una “verità” per legge
stabilita. Mala tempora currunt, verrebbe da dire…Sì, ma per chi!?
In
questo modo si spera di poter creare una sorta di angolino, una
“bolla” nella quale si vuole confinare chi dissente, con la speranza
di isolarlo e ridurre gli effetti del “contagio” verso chi è ancora
…”sano” ma non “immune” dall’accettazione critica di una
verità non imposta, non assoluta, variegata (e, appunto per questo, più vera),
al posto della “verità” monocorde, strumentale (si può dire o si
rischia qualcosa?) agli interessi di chi la propina (qui finisce male…). Una
verità diversa (ahi!), rispettosa di un popolo, questo sì, VILIPESO da anni di
disinformazione che ha generato altre menzogne e un’idea, un’immagine di esso
che già da sola crea un danno che va ad aggiungersi al danno generato, ab
initio, dal cosiddetto risorgimento (diabolicum perseverare!).
Ecco:
sarebbe da ISTITUIRE ANCHE IL REATO DI VILIPENDIO DI UN POPOLO.
Ci
hanno pensato i rappresentanti del popolo? Sì, quelli lì…
Solidarietà,
affetto e stima a Vitale e a chi si macchia di questo tipo di …
“eresia”.
Fiorentino Bevilacqua – Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro
P.S. Richard Feynman,
premio Nobel per la fisica, diceva: “Spero
proprio che non tutti la pensino come me: se scoprissi che non è così cambierei
idea io, perché è da questa varietà di punti di vista che scaturisce il
progresso”.
Il termine negazionismo nasce per
gettare discredito su coloro che negano l’olocausto.
Usare lo stesso termine per etichettare chi ha una diversa visione
in ambito scientifico costituisce, di per sé, comportamento antiscientifico,
pertanto indegno di chi fa ricerca: quando uno scienziato dà di negazionista ad
un collega per screditarlo, in realtà il discredito lo getta su se stesso.
Ascoltiamo in proposito
l’opinione del nostro affezionato lettore Fiorentino.
L’idea iniziale era quella di commentare questo articolo, che
condividevo e condivido ancora, https://cattiviscienziati.com/2019/05/02/glifosate-e-bugie/,
come esempio di quanto sia difficile combattere alla pari contro le verità
imposte quasi come atti di fede, quando la si “pensa” in modo diverso perché
esistono dati che possono generare dubbi sulla verità “ufficiale”, quella che
va (e, pare, DEBBA
andare) per la maggiore, dati che vengono sistematicamente e volontariamente
ignorati (ogni riferimento alle critiche, che costantemente si levano dalle
pagine di questo blog, nei confronti della questione “riscaldamento globale /
cambiamento climatico” NON è puramente casuale).
Mi sembra, però, che l’autore, che conosco, rispetto e stimo, vuoi
per la “fretta” e la brevità imposta dal social (facebook) sul quale riporta
l’articolo, vuoi per l’aspetto informale dell’introduzione stessa, cada quasi
vittima dello stesso errore che sta combattendo.
Nel virgolettato le sue parole, quelle che hanno generato in me
stupore, amarezza e le riflessioni che, di seguito ad esse, riporto. Negli
ultimi giorni, in pratica, per ben due volte ho scoperto di essere… un negazionista,
mentre pensavo (e penso!) di essere soltanto uno che vuole ragionare, anche se
in dissonanza a certi criteri che vanno per la maggiore.
<< SIETE PROPRIO SICURI?
Grande enfasi viene data in questi giorni ad un articolo su Scientific Reports
che dimostrerebbe nei ratti i danni alla salute delle generazioni future
causati dal glifosate. Sicuri che le cose stiano proprio così? PS:
l’autore principale ha ricevuto per questo progetto soldi da una fondazione di
stampo religioso abbastanza nota per finanziare molti programmi antiscientifici, inclusi alcuni sul negazionismo climatico e nel campo delle
cellule staminali.>>
Capisco che una “fondazione privata di stampo
religioso” (o di qualsiasi altro stampo) possa finanziare i programmi che
vuole (lo fa pure lo Stato), compresi quelli antiscientifici ma, dire
“inclusi quelli sul negazionismo climatico” vuol dire che, anche per
l’autore dell’articolo:
1) esiste un negazionismo climatico;
cioè qualcosa, un movimento, che nega senza ragioni, a testa bassa e ad occhi chiusi
quello che, così, viene automaticamente eretto, con questo modo di presentarlo,
a verità ormai acclarata e inconfutabile; il campo dei contrari, viceversa,
presentato come negazionismo climatico, perde ogni
carattere che lo renda degno di considerazione e assume quasi i connotati
di un complottismo climatico di segno opposto
a quello a cui i cosiddetti negazionisti climatici ascrivono i sostenitori del
GW; paradossale! Ci scambiamo, apertamente o larvatamente, accuse dello stesso
tipo.
2) messa così la cosa, chi legge può credere che tutto ciò che non
è d’accordo, critica, contesta, argomenta etc avverso la tesi del GW, prima,
dei Cambiamenti climatici, poi, appartenga ad un “ismo” climatico
che, come altri “ismi”, ha, tout court, una connotazione tanto
negativa che può (o, forse, deve) essere rigettato
senza neanche entrare nel merito delle ragioni (per giuste o sbagliate che
siano) che lo generano e sostengono: rigettarlo diventa quasi un dovere morale.
Così succintamente presentato, ci si farebbe l’idea che esistanosolo
due campi: quello del GW/Cambiamento climatico (implicitamente
l’unico vero, autenticamente scientifico) e quello di chi lo critica, ne
critica certi contenuti … da negazionista, cioè senza ragioni sostenibili e
tale da dover essere liquidato (e poi ignorato) con un semplice epiteto: negazionista.
Qui mi viene un po’ di amarezza.
Logicamente non ci posso stare: possibile che tutti i climatologi,
tutti quelli “contrari” siano non degli scienziati, delle persone
che, magari, sbagliano (ma possono anche avere ragione), ma nient’altro che
negazionisti che, chissà per quale ragione (complottismo!?), conoscono la
verità del GW e la negano!?
Possibile che tutte le pecche stiano nel campo di chi non è
d’accordo?
Mi vengono le traveggole, e non scherzo perché ricordo le tesi di
un Prof di climatologia in una trasmissione dei primi anni del duemila. Diceva
(cito a memoria)…
La CO2 è solo il 2% di tutti i gas e vapori ad effetto serra
presenti in atmosfera; la CO2 di origine antropica rappresenta solo il 2% di
questo 2%. Ergo, su 10.000 molecole ad effetto serra presenti in un dato volume
di aria (a una certa T e P) solo 4 sono di origine antropica. E poneva la
domanda retorica: possono, quelle 4 molecole, avere l’effetto sul clima che si
addebita loro? Aggiungeva anche che alcuni degli altri gas/vapori ad effetto
serra (alcuni molto più efficaci della CO2 nel trattenere il
“calore”) variavano la loro concentrazione anche di 6 volte.
Fu questo intervento a rappresentare la goccia che fece traboccare
il vaso: anche io ero convinto che i cambiamenti del clima, stabile fino a
questo periodo (altra convinzione che avevo), fossero stati innescati
dall’intervento dell’uomo (la famosa mazza da hockey https://www.attivitasolare.com/climatologo-allarmista-falsificato-dati-sancisce-tribunale/
link che dà anche un’idea di dove può arrivare una controversia scientifica).
Precedentemente avevo letto (su Le stelle) articoli che
parlavano di modificazioni climatiche del passato; avevo letto (Felice Vinci, Omero
nel Baltico, IV edizione, Roma, 2003, Palombi editore) di tutte le
peripezie climatiche che avevano preceduto e seguito la discesa dei popoli
nordici nell’area del Mediterraneo etc etc. Sapevo, dal corso di Biologia
marina, del rapporto Ghiacci della Groenlandia – Correnti profonde – Corrente
del Golfo – Clima Europa occidentale (il che già mi portava a dubitare della
“globalità” del riscaldamento). Quindi fu facile, per me, cambiare
idea e cominciare a dubitare del GW/Cambiamento climatico
affermato e sostenuto dall’IPCC sulla limpidezza del cui operato, oltretutto,
cominciavano a comparire e ad addensarsi nubi e sospetti (come spiegato QUI).
Leggere, oggi, che devo mettermi, visto che dubito, nella casella
dei negazionisti (assieme a quel professore e tanti altri), mi sembra
eccessivo: è tutto sbagliato? E’ corretto tutto e solo ciò che supporta la tesi
del GW? Quello non era un professore di climatologia ma, forse, era un
millantatore?
E’ ovvio che la risposta sarà no. Però messa così, la questione
del “negazionismo”, rattrista ed esacerba un po’ gli animi…
Io non sono mai stato manicheo.
In un mio post di risposta ad un amico ho scritto: quelli
dell’IPCC facessero “ammenda” di certi errori, di certe
superficialità, di certe manchevolezze, poi se ne riparla.
Insomma: si azzeri tutto, si torni alla scienza vera. Ma si
sgombri anche il campo da posizioni di tipo messianico: anche se fatte, tenute
e sostenute in nome della Scienza, dell’interesse generale, così come vengono
presentate irritano e non predispongono al dialogo, quanto meno al dialogo
costruttivo.
Se è lecito dubitare della generosità disinteressata con cui
quella Associazione di stampo religioso eroga i suoi fondi, è altrettanto
lecito dubitare delle finalità con cui vengono erogati i fondi statali (o parte
di essi) a chi, invece, fa ricerche che vanno nella direzione che sostiene il
GW.
Pure quelli che governano uno Stato non sono dei santi e, anzi,
sono espressione di gruppi che hanno vari interessi, legittimi ma pur sempre
diversi e contrastanti con quelli di altri…
E’ di questi giorni, per esempio, la polemica, che tiene banco sui
media, circa il coinvolgimento di un politico (probabilmente inconsapevole) in
un rapporto, da altri mediato, con qualcuno che aveva forti interessi
nell’eolico.
Oltretutto, se uno nega legittimità alle idee di un altro,
quest’ultimo si irrigidisce nella sua posizione, fa quadrato e, anche se
inizialmente ben disposto al confronto (scientifico in questo caso), di fronte
alla pervicacia con cui il primo glissa sui suoi errori, nega le
superficialità, le strumentalizzazioni della sua parte, si chiude a guscio, si
ghettizza (ma, in questo caso, ce lo avevano già messo gli altri nel ghetto
dell’”ismo”) e diventa quasi settario (ma, si sa, una setta vale l’altra).
Questo a tutto danno del dialogo e del confronto vero.
Non sono stato mai manicheo.
Ma mi sembra che, in questo caso, si stia creando una suddivisione
di questo tipo.
Non mi piace.
Non capisco.
… e provo amarezza, un’emozione, uno stato d’animo non gradevole
che, certo, non ambisco avere con me: ergo, mi chiudo al confronto
(“soluzione” pessima, ma efficace, della dissonanza cognitiva che mi
hanno creato) e tratto gli altri come gli altri trattano me.
Anche senza il ricorso a ismi…
Ma la dissonanza cognitiva ce l’hanno pure coloro che, nella
massa, cresciuti a suon di <<CO2 che è aumentata, aumenta e aumenterà
causando aumento di T atmosferica etc>>, di fronte a chi afferma il
contrario, vanno in crisi. E’ di questi giorni un post che circola su facebook,
un post “Sponsorizzato
– finanziato da Greenpeace Italia” su “Emergenza clima”,
secondo il quale “ci restano 11 anni – ci risiamo, direbbe
qualcuno – per difendere il clima e il nostro futuro”
(dei fantomatici punti di non ritorno abbiamo parlato varie volte, per esempio QUI e QUI).
Ovviamente non parlo dell’autore dell’articolo da cui questa mia
riflessione ha preso spunto, che argomenta certo in modo scientifico, ma delle
posizioni di forza di chi mi ha detto prima che il riscaldamento era globale e
dovuto solo
alla CO2 (qui un interessante, pacato, intervento sui rapporti veri tra CO2 e
temperatura https://www.youtube.com/watch?v=eEMk6iOvpsE&t=1280s
), poi ha cambiato affermando che si trattava di cambiamento climatico dovuto
alla CO2, che si è accorto, qualcuno potrebbe pensare …al momento giusto, che
in precedenza ha misurato le temperature del mare peggio di come avrebbe fatto
la badante di mia nonna cioè portando l’acqua al termometro, dentro un secchio,
spesso dalle parti della sala macchine, e non il termometro all’acqua e, sui
valori così ottenuti sono state fatte previsioni mai avveratesi e mai
ritrattate (http://www.ambienteservizi.net/news/le-vere-temperature-del-pianeta
) e non ha battuto ciglio continuando a pontificare come se nulla fosse
stato… che non ha saputo prevedere né il passato né il futuro (come per
esempio il global
warming hiatushttp://www.climatemonitor.it/?p=37462),
che ha fatto qualche articolo che ha dovuto poi ritrattare etc etc.
Ci sarebbero sempre articoli sui due fronti opposti: fa parte, me
ne insegnate, della vitalità della Scienza; se Halton Arp
fosse ancora vivo, cercherebbe ancora di dimostrare che si crea materia non
virtuale nel nucleo delle galassie… e ci sta.
Ma non ci sta un approccio manicheo di tipo sacro/profano con il
profano (supposto tale, in questo caso) da esecrare o da guardare dall’alto in
basso.
In queste condizioni non ci può essere confronto (che deve essere
pacato sì, ma senza anatemi e demonizzazioni varie quando si è lontani dal “tavolo
tecnico”), ma si aprono ampi spazi alle tesi di chi sostiene che
esiste anche una pornoecologia, che si fa strumento di
un “neocolonialismo
ecologista dell’Occidente che pretende di
esportare modelli assoluti, decontestualizzati, di protezione ambientale, che
pretende di insegnare alle popolazioni native del ‘Terzo Mondo’ come fare la
loro rivoluzione ecologica” (https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=18626
) ovviamente… vendendogli i mezzi per farla e fornendogli i finanziamenti per
acquistarli.
Si potrebbe concludere, per quanto riguarda questo aspetto della
vicenda GW
sì/cambiamenti climatici e clima ancora da studiare, che le vie
della seta sono infinite e, certe volte, sembrano passare anche
dalle parti dei cambiamenti climatici.