Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Il BRIGANTAGGIO,Francesco II, Franchini, Pietrarsa, la situazione e la questione meridionale, Mafia Gabelle e Gabellotti (V)

Posted by on Lug 6, 2021

Il BRIGANTAGGIO,Francesco II, Franchini, Pietrarsa, la situazione e la questione meridionale, Mafia Gabelle e Gabellotti (V)

L’AGGUATO DI PONTELANDOLFO

Come ogni tanto succede un navigatore mi scrive – Giorgio D’Auria, …. I morti forse superano il migliaio, considerato che solo Pontelandolfo aveva circa 5.000 abitanti (seguono “complimenti immaginabili di prammatica”) e mi contesta parte delle affermazioni fatte sopra, che per accessibilità alla rete anche ai più giovani non ho inteso sciorinare nella sua violenza e che ora mi trovo costretto ad accennare.

Non sono innamorato dello scoop alla Pansa che fa del singolo il generale (ma quella di Pansa oltre che una provocazione è una questione economica, scrive per mangiare). Nei capitoli già pubblicati ognuno ha avuto i suoi meriti e chi non li ha avuti, c’era a mio modesto avviso il motivo che non li avesse. A Pontelandolfo le cose si spinsero per entrambi gli schieramenti oltre i limiti dello scontro fisico allora imperante. Il “patriottismo” se cosi lo si vuol definire fatto da ex soldati, ufficiali legati alla causa monarchica di Francesco II e del Papa Re ci poteva anche stare, pur non avendo alcun piano politico predeterminato alle spalle. Qualcuno a volte parla di colonialismo da parte dei Piemontesi, ma il colonialismo c’è quando un paese conquistato non ha poi diritto al  voto e non fu questo il caso. Colonialismo c’è quando sono gli occupanti a conquistare i gangli vitali della amministrazione, ma anche questo non è vero perché fu il contrario, furono i meridionali ad impossessarsi dello stato burocratico, girare per credere. Ma torniamo all’episodio in se che ha corso dai primi giorni di agosto del 1861, con schermaglie violente fra le stesse forze locali contrapposte (reazionari e antireazionari a significati invertiti) che si affrontano aizzate dal clero, la cui funzione non venne mai disconosciuta dai vertici romani e dallo stesso pontefice che ora vorrebbero fare santo. Non ritengo di aggiungere nient’altro lasciando al lettore le conclusioni.

 E la strage ebbe inizio…… parole di Cosimo Giordano il bandito dal carcere al Presidente della Corte d’assise di Benevento il 23 aprile 1884 (Cosimo Giordano nato a Cerreto Sannita ex carabiniere a cavallo dell’esercito borbonico, combatté contro i piemontesi. Catturato nel 1882, morì in carcere nel 1887 ) 

“Ill.mo Sig. Presidente, il sottoscritto, nel momento dello esame, mi sono dimenticato di accennarli il caso strano della morte di quarantasei soldati(ndr: piemontesi), che furono trucidati in Pontelandolfo. Io le darò le spiegazioni di come fu successo il fatto. Io mi trovava sulla montagna di Morcone colla mia banda, quando le mie sentinelle mi chiamarono, dicendomi “vediamo venire due a tutta corsa e facendo segni con le mani”, e dicevano “sono arrivati quarantasei soldati al paese. “E che cosa l’avete fatto?” “Li siamo ligati, e siamo venuti per sapere cosa volete fare”. Io ho risposto: “Andate subito, e ditegli da parte mia che non gli facciate nessun oltraggio, che io sarò subito appresso di voi”. Così partirono essi avanti e noi appresso, quando, arrivato a Pontelandolfo, domandò: “Dove sono?”. Mi fu risposto che erano stati presi e portati in una grotta distante dal paese, e li hanno fucilati; ed io fu tanto dispiaciuto che li risposi: “Malvagi che site, perché avete fatto questa viltà a que’ poveri disgraziati, che quelli erano soldati che avevano preso il giuramento come noialtri, per cui devono servire il comando de’ loro superiori: ma è sicuro che un giorno vi pentirete di questo torto che avete fatto ad essi ed a me”. Ed io partii con la banda sulla montagna. Dopo qualche giorno fui chiamato che m’avessi portato in Pontelandolfo. Subito discesi con 250 della mia banda, e mi dissero che avevano avuto la spia che venivano 250 soldati da Solopaca. Io mi accampò al di fuori del paese presso le sentinelle, rimasto d’accordo, che quando venivano i soldati, di far suonare le campane all’arma, e così sarebbero accorsi tutti quelli della città e quelli della campagna. All’alba della mattina io feci battere la sveglia dalle mie trombe, perché subito scoprii quattro colonne di soldati, e subito capii che era la vendetta che facevano de’ quarantasei soldati, e io, per fare pentire gli uccisori del macello fatto a quei poveri infelici, feci sparare qualche colpo, ma poi feci battere ritirata. I soldati entrarono e cominciarono a bruciare le case, ed io non volli più saperne di quel paese. Poi dopo seppi che si facevano molti arresti di giorno e di notte, e li portavano a Cerreto Sannita, e che subito erano fucilati, e così pagavano la loro pena. Il suo subordinato detenuto Cosimo Giordano”
“Non tutti sono colpevoli”. 
Ed ecco farsi innanzi al Melegari un vecchio di 80 anni, dignitoso e fiero nell’aspetto. “Maggiore comandante, io ho cercato di distogliere il sindaco e i cittadini dai propositi reazionari, ma mi hanno trattato da vecchio rimbambito rispondendomi che Francesco II sarebbe presto ritornato alla conquista del Regno. Non ho paura per me, sono ad un piede dalla fossa; risparmiate le mie due sorelle”. Melegari, commosso acconsente. “Ditemi tuttavia dei 45 (uno si salvò) poveri soldati sopraffatti a tradimento e trucidati barbaramente”. Il vecchio racconta, senza nulla tacere. “I soldati opposero bensì una disperata difesa, ma sopraffatti, sfiniti, caddero in mano d’una turba selvaggia e sanguinaria che, non sazia di trucidarli, commetteva su di loro, fra i più atroci tormenti, le più oscene sevizie. I due ufficiali, legati nudi agli alberi, costretti prima ad assistere all’eccidio dei loro soldati, venivano poi torturati in tutti i modi: le donne, furibonde, conficcavano loro ferri negli occhi, e tutte le membra del corpo erano barbaramente flagellate e mozzate (ci furono atti di cannibalismo). Ad un sergente solo fu risparmiata la vita dai briganti, imponendogli il giuramento che egli avrebbe combattuto con loro per la santa causa, e quest’infelice deve ora trovarsi chiuso nella torre di Pontelandolfo”.

Truppa Italiana Colonna Mobile – Fragneto Monforte lì 14 Agosto 1861 ore 7 a.m. – stop- Oggetto: Operazione contro i Briganti: – stop – Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. – stop- Essi bruciano ancora. Il sergente del 36° Reggimento, il solo salvo dei 46, è con noi. – stop – Divido oggi le mie truppe in due colonne mobili; l’una da me diretta agirà nella parte Nord ed Est, – stop- l’altra sotto gli ordini del maggiore Gorini all’Ovest a Sud di questa Provincia. – stop-  Il Luogotenente Colonnello Comandante la Colonna; firmato Negri (probabilmente Pier Eleonoro).
Gaetano Negri*, futuro Sindaco di Milano ai genitori (*scrisse anche il libro “Caccia ai Briganti” e fù per molto tempo indicato come l’ufficiale Negri comandante la colonna)
Napoli, agosto 1861- Carissimo papà, Le notizie delle province continuano a non essere molto liete. Probabilmente anche i giornali nostri avranno parlato degli orrori di Pontelandolfo. Gli abitanti di questo villaggio commisero il piu’ nero tradimento e degli atti di mostruosa barbarie; ma la punizione che gli venne inflitta, quantunque meritata, non fu per questo meno barbara. Un battaglione di bersaglieri entrò nel paese, uccise quanti vi erano rimasti, saccheggiò tutte le case, e poi mise il fuoco al villaggio intero, che venne completamente distrutto. La stessa sorte toccò a Casalduni, i cui abitanti si erano uniti a quelli di Pontelandolfo. Sembra che gli aizzatori della insurrezione di questi due paesi fossero i preti; in tutte, le province, e specialmente nei villaggi della montagna, i preti ci odiano a morte, e, abusando infamemente della loro posizione, spingono gli abitanti al brigantaggio e alla rivolta. Se invece dei briganti che, per la massima parte, son mossi dalla miseria e dalla superstizione, si fucilassero tutti i curati (del Napoletano, ben inteso!), il castigo sarebbe piú giustamente inflitto, e i risultati piú sicuri e piú pronti. – Gaetano Negri

Per non lasciare nulla di intentatoe per verificare al di là della ferocia gli effettivi numeri della strage mi rifaccio a un testo di parte, come direbbe Gaetano Negri, uscito dalle mani dei Preti. Brani tratti dalla ricerca di  Luisa Sangiuolo da: “Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880” De Martino, Benevento, 1975 http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio%5CStoria%5CCasalduni.htm  #allarme e Davide Fernando Panella da: “Brigante in terra nostra” a cura: Associazione Progetto Domani – Cassa Rurale ed Artigiana del Sannio Calvi (BN) – Stampa Borrelli, San Giorgio del Sannio (BN), 2000 http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Casalduni5.htm

  ….. Tra i documenti più importanti per conoscere i fatti del 14 agosto vi sono i libri dei morti degli archivi parrocchiali dei due paesi, e una memoria scritta dal parroco di Fragneto Monforte. Questi documenti furono redatti da sacerdoti, protagonisti e testimoni oculari di quanto accadde, contemporaneamente ai fatti narrati e sono, quindi, da ritenersi fonti primarie. Nei Registri dei morti di Pontelandolfo e di Casalduni, il 14 agosto 1861 è indicato come il giorno dell’incendio, in quello di Fragneto Monforte, il giorno dell’incendio e del saccheggio. Attraverso la loro lettura diretta cerchiamo di conoscere esattamente il numero delle vittime di quel giorno e quali furono le conseguenze dell’incendio e del saccheggio. Dal progressivo 99 al 110 con un 109 bis del giorno 14 agosto 1861… i morti .. sono 13 (civili), di cui 10 furono uccisi e 3 morirono bruciati. I morti bruciati sono due anziani: di 94 e 89 anni e uno di 55 anni, che morì dopo due giorni.

LA “VERSIONE” DEL CORRIERE  http://www.corriere.it/cultura/speciali/2010/visioni-d-italia/notizie/03-civitella-del-tronto-galasso-esercito-franceschiello_44ed8514-cfc9-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml e salto direttamente alle conclusioni:

Il parroco, infatti, stigmatizza tutte le azioni degne di biasimo. Per i fatti dell’11 agosto: ritiene inopportuna e poca saggia la decisione di mandare appena 45 soldati a sedare la rivolta non solo in questi due paesi: fu stupido, ed inetto comando di Superiore . . Furono mandati al macello, mandati ad essere uccisi. Il suo giudizio verso gli autori dell’eccidio è durissimo, soprattutto per le donne: Vergogna eterna di Casalduni! Mi si racconta che molte femmine macchiarono le loro mani di sangue umano! Che colpa eravi di sventurati infelici soldati di leva? Il suo grido di condanna è ancora più forte per le decisioni di Torino perché confondendosi il giusto col reo, con novella barbarie fu decretata la distruzione di due Comuni Pontelandolfo e Casalduni! Lapidario ed esemplare è sicuramente il suo giudizio nei riguardi del decreto di Torino che fu senza riflessione, umanità e giustizia. Questi tre passaggi sono veramente degni di nota, e descrivono molto bene l’agire governativo: fu istintivo, disumano e ingiusto. Quello che era necessario, cioè trovare i responsabili dell’eccidio dei soldati e processarli, non fu fatto. Fu scelta l’unica strada da evitare, la strage indiscriminata. La sua condanna continua perché sono da disprezzare anche gli abitanti di Fragneto Monforte, i quali, dopo che la fiera accozzaglia di soldati, e garibaldesi avidi di bottini ha istituito il mercato del bottino di Pontelandolfo e Casalduni, avidamente e per poco denaro hanno acquistato degli oggetti. Non poteva immaginare l’arciprete che l’avidità e la cattiveria umana non si arrestano neanche di fronte alle disgrazie più grandi, e perciò ne resta scandalizzato. Ma l’arciprete, però, non è solo testimone dei fatti; suo malgrado diventa protagonista, come abbiamo già visto. E’ da sottolineare, a questo punto, la facilità con cui in questo periodo si poteva essere considerati reazionari, cioè sostenitori dei Borbone, o rivoluzionari, cioè sostenitori dell’unità nazionale. Infatti, con raffinata ironia, don Mastrogiacomo ci fa sapere che il giorno 10 Agosto era un reazionario, il 15 era un rivoluzionario. Stupisce, inoltre, la sua speranza: altro non restasi che preghiere e pazienza; nella tragedia, il sangue versato da innocenti sarà seme di tempi nuovi!
La ricerca storiografica deve portare alla conoscenza dei fatti, e su di essi deve ergersi sovrana la verità. Per gli avvenimenti del 14 agosto 1861 si deve dire che oggi il clima di serenità e obiettività ci suggerisce innanzitutto di non giustificare nessun massacro o di fare delle vittime i colpevoli. Alle vittime conosciute del 14 agosto nei due paesi, si devono aggiungere quelle anonime, causate dall’incendio e dal saccheggio, come pure i soldati uccisi nel giorno 11 agosto.. E’ lezione storica la constatazione che nel passato sono stati raggiunti obiettivi positivi attraverso fasi dialettiche di contrapposizione, di lotte aspre e violente. Per questo motivo, a tutte le vittime dell’una e dall’altra parte in quegli anni di tragica incomprensione e del mancato e corretto modo di risolvere i difficili problemi politici e sociali, deve andare il nostro onore incondizionato, perché dal loro sacrificio è derivato il Bene dell’Unità Nazionale
.

LA “VERSIONE” DEL CORRIERE  http://www.corriere.it/cultura/speciali/2010/visioni-d-italia/notizie/03-civitella-del-tronto-galasso-esercito-franceschiello_44ed8514-cfc9-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml e salto direttamente alle conclusioni:

Il parroco, infatti, stigmatizza tutte le azioni degne di biasimo. Per i fatti dell’11 agosto: ritiene inopportuna e poca saggia la decisione di mandare appena 45 soldati a sedare la rivolta non solo in questi due paesi: fu stupido, ed inetto comando di Superiore . . Furono mandati al macello, mandati ad essere uccisi. Il suo giudizio verso gli autori dell’eccidio è durissimo, soprattutto per le donne: Vergogna eterna di Casalduni! Mi si racconta che molte femmine macchiarono le loro mani di sangue umano! Che colpa eravi di sventurati infelici soldati di leva? Il suo grido di condanna è ancora più forte per le decisioni di Torino perché confondendosi il giusto col reo, con novella barbarie fu decretata la distruzione di due Comuni Pontelandolfo e Casalduni! Lapidario ed esemplare è sicuramente il suo giudizio nei riguardi del decreto di Torino che fu senza riflessione, umanità e giustizia. Questi tre passaggi sono veramente degni di nota, e descrivono molto bene l’agire governativo: fu istintivo, disumano e ingiusto. Quello che era necessario, cioè trovare i responsabili dell’eccidio dei soldati e processarli, non fu fatto. Fu scelta l’unica strada da evitare, la strage indiscriminata. La sua condanna continua perché sono da disprezzare anche gli abitanti di Fragneto Monforte, i quali, dopo che la fiera accozzaglia di soldati, e garibaldesi avidi di bottini ha istituito il mercato del bottino di Pontelandolfo e Casalduni, avidamente e per poco denaro hanno acquistato degli oggetti. Non poteva immaginare l’arciprete che l’avidità e la cattiveria umana non si arrestano neanche di fronte alle disgrazie più grandi, e perciò ne resta scandalizzato. Ma l’arciprete, però, non è solo testimone dei fatti; suo malgrado diventa protagonista, come abbiamo già visto. E’ da sottolineare, a questo punto, la facilità con cui in questo periodo si poteva essere considerati reazionari, cioè sostenitori dei Borbone, o rivoluzionari, cioè sostenitori dell’unità nazionale. Infatti, con raffinata ironia, don Mastrogiacomo ci fa sapere che il giorno 10 Agosto era un reazionario, il 15 era un rivoluzionario. Stupisce, inoltre, la sua speranza: altro non restasi che preghiere e pazienza; nella tragedia, il sangue versato da innocenti sarà seme di tempi nuovi!
La ricerca storiografica deve portare alla conoscenza dei fatti, e su di essi deve ergersi sovrana la verità. Per gli avvenimenti del 14 agosto 1861 si deve dire che oggi il clima di serenità e obiettività ci suggerisce innanzitutto di non giustificare nessun massacro o di fare delle vittime i colpevoli. Alle vittime conosciute del 14 agosto nei due paesi, si devono aggiungere quelle anonime, causate dall’incendio e dal saccheggio, come pure i soldati uccisi nel giorno 11 agosto.. E’ lezione storica la constatazione che nel passato sono stati raggiunti obiettivi positivi attraverso fasi dialettiche di contrapposizione, di lotte aspre e violente. Per questo motivo, a tutte le vittime dell’una e dall’altra parte in quegli anni di tragica incomprensione e del mancato e corretto modo di risolvere i difficili problemi politici e sociali, deve andare il nostro onore incondizionato, perché dal loro sacrificio è derivato il Bene dell’Unità Nazionale

Raffaele Vacca da InformaSaggi Carabinieri n.8 – ottobre 2012 …

Rapporto del Generale Amulfi al Min. della Guerra: “la distruzione del brigantaggio in Calabria deve essere considerata opera dei Carabinieri con il concorso delle Guardie Nazionali”
relazione su “Il Brigantaggio alla frontiera pontificia dal 1860 al 1863”, del conte Alessandro Bianco di S. Joroz (già nel Corpo Reale di S. M. Generale) il quale, dopo avere denunciato le carenze dello Stato, scrisse: “Ben diversamente debbo dire dei Reali Carabinieri. Ogni encomio sarebbe minore al merito di quest’ Arma benemerita e insigne; la sua condotta morale, il modo urbanissimo col quale disimpegna il suo servizio, il suo contegno sono superiori ad ogni elogio. Queste popolazioni ne sono in ammirazione e ben a ragione, perocché, avendo tuttora presente il modo vile, dispotico, burbero e brutale con cui erano trattate prima non le par vero che il servizio politico e t’ ordine pubblico si possano tutelare con tanta moderazione, prudenza e dignità di modi, come ora fanno i nostri Reali Carabinieri”
Le ricompense al Valor Militare assegnate durante la lotta al brigantaggio all’ Arma furono molte: 1 Medaglia d’Oro, 4 Croci dell’Ordine Militare di Savoia, 531 Medaglie d’Argento e 748 Menzioni Onorevoli.
In Calabria negli ultimi anni del secolo XIX, si segnalarono le gesta criminali del ben noto e pericolosissimo bandito Giuseppe Musolino che, evaso dal carcere di Gerace, durante una movimentata latitanza, si rese colpevole di numerosi delitti. La sua avventurosa cattura avvenne presso Urbino il 9 ottobre 1901 ad opera di Carabinieri, comandati dal Brigadiere Antonio Mattei, padre del presidente dell’ENI, Enrico.

fonte

https://digilander.libero.it/fiammecremisi/briganti.htm

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.