LA CONFISCA DELLE PROPRIETA’ REGIE
Rispetto alla confisca delle private proprietà del Re e della famiglia reale, più sopra già mentovata, emanò da Gaeta la nota seguente.
” Dopo aver spogliato il Il Re N. S. dei suoi Stati, la rivoluzione trionfante lo spoglia pure della sua privata e legittima fortuna.
Con essa sono stati confiscati i maggiorati dei Principi, le doti delle Principesse, il prodotto delle loro particolari economie, tutte le proprietà in somma che, costituite dalle leggi civili, sono in tutti i paesi inciviliti, e dai più anarchici governi rispettate. Ma questo attentato non meriterebbe altro che lo sdegno di S. M. , che avrebbe creduto al di sotto di sua dignità farvi attenzione, se allo spoglio non si accompagnasse la calunnia “.
Il giornale di Napoli del 20 Settembre N.° 5, nel rendere conto di questo fatto al pubblico, procura raccomandarlo o scusarlo dicendo che, sapendo il Ministro di polizia di Garibaldi
«come grandi ricchezze avessero a scapito del popolo accumulato i Principi di casa Borbone, si diede a veder modo onde una parte almeno di esse fosse reintegrata al tesoro dello Stato».
Raccontando poi la trasmissione violenta di una somma di 184, 608 ducati di rendita, ed aggiungendola a un’altra di ducati 317, 186 prodotto annuo dei maggiorati ed economie private della Casa reale, calcola il capitale di questa doppia rendita in undici milioni, legittimamente, aggiunge, rivendicata alle Finanze dello Stato.
Mentre che negli inqualificabili atti, che hanno luogo nell’invasione del regno, s’invoca soltanto il dritto della rivoluzione, il Governo di S. M. lascia alla Provvidenza, all’opinione pubblica e alla giustizia dell’Europa il giudizio di uno stato di cose che opponendosi a tutti i principii sociali, non può essere né accettato né durevole.
Ma quando si parla di legge e di diritto, nello stesso tempo che si conculcano tutti i diritti e tutte le leggi, il Governo di S. M. non crede dover lasciare agli invasori e ai rivoluzionarii il beneficio dell’impunità e delle calunnie.
“…Le rendite occupate violentemente dal sig. Conforti e violentemente confiscate dal governo di Garibaldi si compongono di quelle due partite accennate nel suo giornale di Napoli. La prima, cioè, quella di 184,608 ducati rappresenta l’eredità lasciata ai suoi dieci figli ed ai poveri dal defunto Re Ferdinando II.
Questo è il frutto delle economie personali di 30 anni di regno; e dichiarare illegittima questa eredità vai tanto che attaccare la legittimità della lista civile e del patrimonio che hanno posseduto lutti i monarchi delle Due Sicilie. L’altra partita si compone, nella maggior parte, dei maggiorati dei reali Principi, e delle doti delle reali Principesse, costituiti in virtù di antiche e finora sempre rispettate leggi.
Là stanno pure piccole economie fatte in favore di orfani durante ia loro infanzia, come può ritevarsi dalla lista stessa pubblicata nel giornale della rivoluzione, trovandosi due sole partite appartenenti al Re N. S.), una di 41a ducati, economie della sua assegnazione di principe ereditario, e un’altra di 67,509, interessi composti ed accumulati durante ventitré anni, della dote ed eredità propria della sua illustre e venerabile madre Maria Cristina di Savoia.
La dote di questa Principessa piemontese è stata confiscata dal governo di Garibaldi, in nome del Re del Piemonte, e si contesta al figlio il diritto a questa santa e legittima eredità di sua madre, dovutagli in virtù di un trattato colla Sardegna!
“…«Nel permettermi, dopo le istanti mie preghiere, di trasmetterle queste necessarie spiegazioni, mi ha ordinato il Re (N. S.) di prendere per base la pubblicazione stessa fatta dal governo rivoluzionario che si è impadronito de’ suoi Stati in nome del Re di Sardegna.
Non è certo l’animo di S. M. di lagnarsi dello spoglio di tutta la sua fortuna particolare; S. M. ne aveva fatto il sacrifizio quando costantemente, anche nei giorni i più minaccianti della lotta e dell’invasione, si rifiutò ostinatamente a far vendere le sue rendite di Napoli per piazzarle con più sicurezza in fondi di altri e più fortunati paesi.
Potrebbe sì compiangere la sorte di nove fratelli e sorelle condannati, senz’altro delitto che il loro nome a vedere confiscati dalla rivoluzione tutti i loro mezzi di fortuna, ma qualunque sia il loro avvenire, sia la loro sorte vivere nell’esilio e nelle più dure privazioni, S. M. è sicura che sapranno sopportare l’avversità con costanza degna della loro stirpe e del rango in che, per esempio degli altri, li fece nascere la Provvidenza.
In mezzo a queste miserie della rivoluzione, splende più alta e più gloriosa la magnanimità del nostro augusto Sovrano.
I palazzi, i musei che ha lasciato, nel partire, pieni dei tesori dell’inestimabile eredità de’ suoi antenati, attestano al mondo il completo disinteresse e la generosità d’animo di Francesco lI.
Unita la sua causa a quella de’ suoi popoli, non ha voluto il Re trasportare fuori del paese neanche la sua particolare fortuna, come si sdegnasse salvare per sé una tavola nel naufragio generale del Regno.
La sua indifferenza pei beni materiali della vita è proverbiale; né pure i grandi dolorosi avvenimenti che hanno avuto luogo nel breve ma difficile periodo della sua ascensione al Trono avrebbero permesso queste cure ad uno spirito esclusivamente occupato della pace e della prosperità dei suoi sudditi.
“…Non sono necessarie queste spiegazioni per quelli che conoscono lo stato delle cose in Napoli; ma come potrebbe avvenire che trovasse eco in codesti paesi la calunnia, credo del mio dovere tenerla al corrente dei falli, perché sia in grado di smentirla.
Non sono tesori che la casa di Borbone portò seco nell’abbandonare la capitale; sono i suoi palazzi, i suoi musei e la santa eredità dei suoi antenati che lascia come monumento della sua generosità nel suo sempre amabile regno, senza curarsi dell’avvenire.
La dote della madre del Re, l’eredità particolare di suo padre, i maggiorati, le economie dei Principi e delle Principesse; lutto quanto costituisce la fortuna privata della famiglia Reale, quanto assicurano le leggi Civili, quanto rispetta il diritto comune de’ popoli, lutto è stato confiscato dal Governo rivoluzionario di Napoli, senza che il Re si degnasse neanche protestare contra questo scandaloso spoglio, trovando al di sotto della sua dignità occuparsi dei suoi interessi particolari, quando cadono in rovina i grandi interessi dello Stato.
Né avrebbe annuito alle rappresentazioni rispettose e ripetute del suo Governo, se non fosse dovere dei suoi Ministri respingere con indignazione le false imputazioni che possono agire sugli spiriti prevenuti od ignoranti.
«Ella è autorizzata a fare di questa comunicazione l’uso che stimerà nella sua prudenza convemente, e a rilasciarne copia a cotesto Ministro degli affari esteri».
segnalato da
Gianni Ciunfrini