Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

RIFLESSI DELLA SPEDIZIONE DI PISACANE NEL SORANO

Posted by on Mar 22, 2022

RIFLESSI DELLA SPEDIZIONE DI PISACANE NEL SORANO

Come ben noto Pisacane, sbarcato nell’isola di Ponza, assaltò il carcere e liberò circa 300 prigionieri con i quali si diresse alla volta di Sapri. Fra i galeotti liberati, e sopravvissuti, che si diedero alla fuga conquistando un’insperata libertà, c’erano alcuni forzati della Valle del Liri.

Un «Elenco degl’individui appartenenti alla Provincia di Terra di Lavoro i quali, trovandosi relegati in Ponza, evasero da quell’isola nella notte del 27 al 28 giugno 1857» riporta i nomi di Benedetto Fanelli di Casalvieri, Orazio Rosario Ferri di Brocco, Filippo Fraioli di Rocca d’Arce, Luigi Antonio Napoli di Isola, tutti incolumi e latitanti.

La caccia ai superstiti fu condotta in modo serrato. Il sottointendente Giuseppe Colucci, succeduto al Cornacchia, scri­veva da Sora il 7 luglio all’intendente di Caserta: «Dal zelantissimo sindaco di Casalvieri mi è stato riferito che un tal Benedetto Fanelli, della contrada Saravoglia in tenimento di quel Comune, il quale da condannato dalla Gran Corte Criminale dell’Aquila espiava la pena nell’isola di Ponza, sia stato visto nelle vicinanze della propria abitazione, ripatriando la sera del dì quattro corrente. Non avendo alcun dubbio che siffatto individuo sia uno degli sbandati, in occasione dell’ultimo scon­volgimento fatto in Sapri ed altri luoghi da una mano di rivoltosi, ho divulgato con circolare dei pressanti ordini per l’arresto di costui…». In altro rapporto, questa volta della Gendarmeria reale di Caserta, si diceva che «il brigante… spargeva voci allarmanti e sediziose» in Alvito, Atina, insieme con «altri fug­gitivi dal carcere di Sora, al numero di cinque».

Il fatto che il Fanelli non si fosse contentato di approfittare della inaspettata libertà standosene rimpiattato in qualche pa­gliaio, ma avesse preferito scorrere la Valle di Cornino sobillando politicamente i popolani che riusciva a contattare, comincia a fornire delle anticipazioni sul carattere di questo forzato che sarà tra i protagonisti delle vicende che andremo a raccontare. Per la sua cattura si mobilitarono forze notevoli e, al completo, la Gendarmeria reale di Caserta il cui comandante, cap. Carlo Ruiz, con una compagnia si trasferì dal capoluogo a Casalvieri per coordinare le operazioni di cattura.

In un lungo rapporto sui passaggi e gli avvistamenti del Fanelli, spedito il 18 agosto da Colucci all’intendente, si legge di un interrogatorio di Francesco Maciocia della Selva di Sora che, arrestato ed ascoltato dallo stesso sottointendente, fu rilasciato perché di fatto non aveva favorito il latitante.

Il Maciocia raccontò di aver ricevuto una sera la visita del Fanelli che non conosceva; costui gli aveva portato notizie e saluti del genero Giovanni Romani, compagno di pena a Ponza, e lo aveva così ragguagliato sulla sua presenza in quei luoghi: «…mi trovo qui perché ci vennero a prendere i Francesi o Inglesi e ci sbarcarono sulle montagne delle Calabrie, ove ebbimo grande attacco di fucilate e cannonate, ed io mi salvai colla fuga e mi trovo qui in latitanza». In un’altra lettera scritta lo stesso giorno da Colucci si dava notizia che Orazio Ferri era già stato ripreso e rinchiuso nel carcere di Salerno, mentre Pietro Fusco di Agnone (Villalatina), forse pure lui sfuggito all’eccidio di Sapri, non si era minimamente visto.

Dopo un mese e mezzo di appostamenti, di marce e per­lustrazioni, il 21 agosto 1857 il cap. Ruiz poteva gloriarsi, nel dispaccio spedito da Casalvieri all’intendente di Caserta, di aver ridotto a partito il pericoloso bandito: «Finalmente il latitante Benedetto Fanelli, non avendo altro scampo di continuare la latitanza, è stato costretto dalla dura necessità a me presentarsi questa mane».

Con la spontanea costituzione di Fanelli la caccia agli evasi non s’arrestò. Il 22 agosto il sottointendente riferiva che l’isolano Luigi Napoli e Filippo Fraioli non erano stati più avvistati e le perquisizioni avevano dato esito negativo. Solo il 15 settembre Colucci poteva annunciare all’intendente che il Fraioli era stato preso e rinchiuso nel carcere della Vicaria «per i fatti di Sapri e Padula». Da una relazione del direttore della Segreteria della Polizia Generale si apprendevano i particolari della cattura avvenuta «sul vapore di Cagliari» su cui il Fraioli si era imbarcato per prendere il largo. In poco tempo anche gli evasi dal carcere di Sora, che insieme agli scampati di Sapri avevano costituito l’oggetto di questa febbrile caccia all’uomo, furono ripresi e assicurati alla giustizia.

Ciò che abbiamo riassunto forse non dà la misura esatta dell’importante vicenda ma la consistenza documentaria della fonte archivistica o, almeno, le suppliche interessate per rico­noscimenti «al valore», che citiamo a conclusione di questo racconto, dovrebbero chiarire la rilevanza dell’episodio. In una lettera al superiore di Caserta, stilata all’indomani della presentazione del Fanelli, Colucci rivolgeva supplica perché don Beniamino Iacobelli, sindaco di Casalvieri, e don Gaetano Tuzi, possidente e capo della polizia urbana di Sora, ricevessero una «distinzione onorifica per lo zelo e l’operosità» dimostrata nella caccia agli evasi da Ponza. Il sottointendente di Sora faceva passare tre giorni e, in calce ad una riassuntiva relazione sui disagi e i molti rischi affrontati per catturare il Fanelli (ricordiamo che costui si costituì spontaneamente), supplicava: «Da questa rela­zione giudicherà l’autorità di Lei se possa io meritare alcuna considerazione dalla munificenza del nostro adorato e clementissimo Monarca pel cui servizio non ho risparmiato né risparmierò mai né sudori, né travagli di alcuna sorte». Il capo urbano Tuzi ebbe, molti giorni dopo, la più prestigiosa delle onorificenze borboniche, la medaglia d’oro di Francesco I.

tratto da “Il Brigante Chiavone” di Michele Ferri e Domenico Celestino

segnalato da Raimondo Rotondi

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