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SANITÀ: LE EPIDEMIE AL TEMPO DEI BORBONE

Posted by on Mag 5, 2020

SANITÀ: LE EPIDEMIE AL TEMPO DEI BORBONE

I virus non erano ancora stati scoperti, ma il Regno delle Due Sicilie si difendeva bene dalle epidemie grazie ad un sistema sanitario organizzato per proteggere il proprio territorio dalle navi – allora il principale mezzo di trasporto – che provenivano da zone di contagio.

Un saggio di Andrea W. D’Agostino, diabetologo e studioso dell’organizzazione dei sistemi sanitari (“Contagio. Sudore, lacrime e sangue in tempi di pestilenze”, Musumeci EditoreAosta 1999, pp. 308) uscito nel 1999, riportava le norme dei Regolamenti sanitari per lo Regno delle Due Siciliedel 13 marzo 1820.

Per l’approdo delle navi nei porti era prevista obbligatoriamente la Patente di Sanità, un certificato che conteneva i dati sul luogo di partenza dei bastimenti e lo stato di salute di equipaggio e passeggeri. Tale documento, rilasciato dalla Deputazione di Sanità dello scalo marittimo, era riconosciuto come documento ufficiale in tutti i porti dove le navi si recavano.

«In tempi di epidemia – scrive lo studioso – l’approdo era permesso solo nelle ore diurne e solo negli scali meglio organizzati dal punto di vista della Sanità pubblica”, cioè solo in quelli in cui prestavano la propria opera i Deputati, i Commissari, i Direttori di Salute …».

Si temeva che il contagio potesse diffondersi anche attraverso le lettere ed i documenti, e per questo la Patente di Sanità, all’arrivo della nave in porto, veniva passata attraverso una lunga canna dal Capitano al Deputato di Salute e veniva subito “affumata” alla fiamma di un fuoco acceso sulla riva, una tecnica di disinfezione, prima di essere esaminata. Dopo l’esame dei documenti, il medico visitava i marinai uno alla volta a bordo di una barca. Se saliva a bordo della nave, si collocava sopra vento ed osservava i marinai dopo averli fatti denudare.

«Se l’imbarcazione proveniva da porti considerati sospetti – aggiunge Andrea W. D’Agostino – se durante la navigazione era stata attaccata da corsari, se per una qualunque ragione si potesse avanzare qualche dubbio sulla sua ‘sanità’, equipaggio, passeggeri e carico (anche animali eventualmente trasportati) erano messi in quarantena. Alla fine del periodo di contumacia il medico visitava nuovamente equipaggio e passeggeri; solo dopo il suo benestare, il suo certificato, era concessa la libera pratica».

La “libera pratica” – chiariva l’art. 100 dei Regolamenti Sanitari delle Due Sicilie – era l’autorizzazione alla libera circolazione dei bastimenti, con i loro carichi, quando non c’era la necessità di sottoporli a nessun tipo di trattamento sanitario.

Sul territorio del Regno erano attivi in caso di epidemia i lazzaretti, che erano di due tipi: quelli di osservazione, dove venivano trasferiti i soggetti in contumacia di osservazione, cioè in quarantena, e quelli detti sporchi, dove venivano ricoverati, isolati e curati gli ammalati.

I lazzaretti erano costruiti – secondo criteri uniformi che risalivano al ‘600 – fuori dalle città. L’esigenza dell’isolamento era ben presente . “Era inconcepibile, infatti – scrive Andrea W. D’Agostino – che persone anche semplicemente sospette (perché avevano avuto rapporti con i malati o perché provenivano da luoghi dove era presente o temuta la malattia) potessero avere contatti con altre.

A Napoli un grande lazzaretto era ubicato sull’isolotto di NisidaNel 1832, per ristrutturarlo, il re Ferdinando II emise un prestito obbligazionario di 25mila ducati con una rendita del 5%. Considerata la stabilità della moneta delle Due Sicilie, si trattava di un tasso molto vantaggioso.

Alle grandi strutture provvedeva lo Stato, ma il sistema sanitario borbonico era un sistema misto plurale dal punto di vista sociale. Alla salute (ed alla previdenza) provvedevano gli ospedali degli Ordini religiosi, le corporazioni delle arti e dei mestieri, le Confraternite. Niente di paragonabile al SSN, figlio dell’ideologia del cosiddetto Welfare State, che oggi – secondo dati della Fondazione GIMBE, una fondazione favorevole all’attuale sistema pubblico – arriva a consumare fino all’80% dei bilanci delle Regioni. Per fornire l’assistenza che conosciamo…(LN146/20)

fonte

http://www.editorialeilgiglio.it/sanita-le-epidemie-al-tempo-dei-borbone/

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