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DA “ARCHE”A “PICCOLA ORCHESTRA ECLETNICA” PASSANDO PER PAISIELLO

Posted by on Ago 16, 2023

DA “ARCHE”A “PICCOLA ORCHESTRA ECLETNICA” PASSANDO PER PAISIELLO

Da tempo concentro la mia attenzione sulla unicità, sulla inimitabilità e sulla universalità della musica popolare del Regno, gli “itagliani” dicono lo chiamano sud, che la fa essere musica colta a differenza di tutte le altre nel mondo nel suo genere e da non confondere con world music.

Questa caratteristica nasce dal fatto che per secoli essendo la musica la forma d’arte più importante del Regno di Napoli la comunicazione tra la musica del San Carlo e quella popolare era costante e continua che portava l’una a contaminarsi, nel senso nobile del termine, con l’altra e viceversa con Napoli che essendo al centro del Mediterraneo, raccoglieva tutte le espressioni artistiche del mondo che utilizzava per creare nuove forme d’arte musicali che a loro volta influenzavano tutte le province del Regno rendendo per l’appunto, la musica popolare napolitana non imitabile e colta anche quando i musicanti e cantori non erano in grado di leggere uno spartito. E’ vero che le basi sono state gettate qualche millennio fa con l’arrivo di popolazioni indoeurope, con i greci in testa che hanno creato le prime forme musicali sinfoniche, portando con se musiche e melodie molto raffinate, ma il palazzo della civiltà musicale è stato finito di costruire grazie alla aristocraticità e universalità della musica napoletana e napolitana. Una tesi che è difficilmente contestabile non soltanto scomodando il Mostro Sacro Roberto De Simone, gli NCCP o Carlo Faiello che comunque sono compositori e musicisti prettamente napoletani quindi “al di sopra del cielo”, ma anche osservando i tanti musicisti che operano nel Regno e specificatamente nella musica popolare che ti fa capire che la suddetta tesi e incontestabile. Il mondo della nostra musica popolare è composta da musicanti e cantori che “vanno ad orecchio” nel rispetto della propria origine, e da musicisti che, anche se di conservatorio, si cimentano in questa forma d’arte per liberarsi dai lacci ideologici e politici che le accademie e i suddetti conservatori impongono, per poter sprigionare tutta la propria creatività che guarda caso quando viene fuori ti riporta sempre alla scuola musicale napoletana.

Uno degli esempi più fulgidi e certamente Piero Ricci, Pietro quando insegna, che anche lui troviamo “al di sopra del cielo” nato a Campobasso in Molise e matesino di origine che, dopo molti anni di studi accademici studiando vari strumenti, decide di cimentarsi, suonando la zampogna, nella musica popolare identitaria trasformandola in tradizionale divenendo forse il più aristocratico zampognaro al mondo, credo di non esagerare, dando l’impressione di divagare e sperimentare ma nella realtà non aveva fatto altro che riportare a Corte lo strumento e la musica del figlio di Nostro Signore, Gesù facendo, però, storcere il naso alle masse della musica popolare e a molti zampognari, che da quando sono state inquinate dai radical chic progressisti sono diventate snob ed elitarie. Neanche Piero sapeva di essere quello che è e perché lo fosse ma siccome è un predestinato per non dire un prescelto, quando s’è imbattuto in Giovanni Paisiello, grazie a Riccardo Muti, Ernest Carracillo ci ha spiegato come è accaduto, che voleva riportare al teatro della provincia cispadana una composizione per zampogna scritta dal celebre compositore napolitano, aprendogli un nuovo orizzonte. La prima tappa di questo nuovo viaggio, che era certamente già scolpito nell’animo di Piero, dopo l’esperienza Paisiello è stata quella di Archè, un fenomenale trio composto dallo stesso Piero, Ernest Carracino e un altro grande musicante del popolare e figlio della grande scuola musicale napolitana che porta il nome di Gianni Perilli da Villa Latina, antica Agnone, che per anni hanno suonato in tutto il mondo incantando mietendo successi e onori. Con Archè si nota che la musica popolare comincia a contaminarsi con quella classica barocca e che nonostante suonassero con strumenti tradizionali quali zampogna, organetto e ciaramella la musica che componevano e suonavano, era molto aristocratica e colta senza che perdesse la freschezza dell’improvvisazione, caratteristica principale della musica popolare. Mi permetto di far passare una breve clip del Saltarello dal loro suonato che le mie orecchie mai hanno ascoltato suonato in questo modo

Finito l’esperienza di Archè Piero Ricci da un impulso decisivo per terminare la costruzione un nuovo modello di Zampogna che gli permette di mettersi la corona di artista e artigiano geniale e, con lo strumento in spalla, decide di passare il Rubicone e andare verso la terza tappa del suo viaggio per “tornare a casa”, creando musica e sonorità che diventano di ispirazione “classico barocche” contaminate dalla musica popolare del Regno e che lo mettono definitivamente nell’olimpo della musica. Se con Archè il popolare è contaminato dal San Carlo, gli artisti sono solo tre perché comunque lo spirito del popolare bisogna proteggerlo “dall’ammuina”, ora per suonare quello che ha composto nell’ultima fase di artista aveva bisogno di creare un’Orchestra vera e propria inserendo musicisti di conservatorio che suonano strumenti impegnativi fondando la PICCOLA ORCHESTRA ECLETNICA formata da ottimi musicisti e musicanti che hanno compreso e abbracciato il nuovo corso di Piero regalando musica unica mai sentita prima in questa forma, classica barocca contaminato con il popolare e con la centralità della zampogna. Li ho sentiti molte volte da quando scoperti in quel di Coreno Ausonio, ma per un motivo e per un altro, tutti fanno altro nella vita perché con la musica non ci mangi se non ti adegui al sistema di potere, non sono mai riuscito ad ascoltarli nella formazione completa come è accaduto nell’antica città di Altilia in quel di Sepino dove in una notte di mezza estate a dir poco magica, si sono esibiti un concerto strepitoso di livello altissimo e reso ancora più emozionante dal fatto che è stato suonato in acustica esaltando l’orchestra in generale e i singoli musicisti che meritano di essere nominati uno per uno.

Piero Ricci (zampogna e fisarmonica)
Ernest Carracillo (organetto diatonico)
Marco Zampogna (corno)
Paolo Zampogna (fagotto)
Mariano Antonilli (contrabasso)
Emilia Aktianova (pianoforte)
Roberto Petrocelli (percussioni)

Prima di chiudere e invitarvi a vedere il concerto integralmente sempre ripreso con i miei miseri mezzi, voglio dirvi una cosa su Diego Armando Maradona quando nel 1990 alla vigilia della partita di Coppa dei Campioni contro gli ungheresi del Ujpest Dozsa per un brutto infortunio alla schiena non riusciva nemmeno a mettere i piedi per terra e doveva spostarsi in carrozzella ma il giorno dopo giocò e, davanti ai miei occhi, segno due reti di cui uno in semirovesciata. Qualcuno dirà ma mo che ci azzecca?, ebbene Piero Ricci prima del concerto era in condizioni fisiche “penose” con una lombosciatalgia che non gli permetteva di respirare, un viso pallido e bianco come la neve che si deposita su Capracotta e un reflusso che gli procurava singhiozzo ogni 10 secondi, condizione per uno zampognaro veramente critica, ma come Diego anche Piero è riuscito a scendere in campo suonando in maniera divina senza incertezze e sbavature, ragazzi è tutto dire e dopo aver divulgato l’esibizione del giovane allievo di Pietro Ricci, Daniele Romano oggi vi invito a vedere il concerto integrale e buona visione    

Claudio Saltarelli

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