INCONTRO TRA FRANCESCO MALDONATO, ULDERICO PESCE ED ENNIO APUZZO DA UMBERTO DE ROSA
Da un po di tempo il giornalista e produttore ma soprattutto amico Umberto De Rosa, con cui qualche anno fa abbiamo organizzato a Scalea un convegno sul 1799 grazie all’amico comune Angelo Ciampi, ha dato vita nel lontano 2010 ad un canale video indipendente su youtube dal nome PiuSWebTv che si occupa di comunicazione e diffusione di svariati argomenti e, essendo Umberto un Insorgente Napolitano, si preoccupa anche di ripristinare verità storiche occultate che riguardano il nostro amato Regno, le vicende del 1799 e il Risorgimento.
Umberto nell’ultimo periodo ha dato vita ad un programma, che dura circa 1h, dove ospita di volta in volta personaggi che parlano di politica, di problematiche sociali legate al suo territorio e soprattutto di temi storici cari a tutti noi insorgenti e anche a chi non la vive come noi. Seguendo uno di questi programmi mi ha particolarmente colpito un dibattito su temi postunitari con ospiti in studio che apparentemente dovevano essere competenti di storia ma nei fatti mi hanno profondamente deluso fino a portarmi ad ascoltare, per ben due volte la puntata e credo che l’ascolterò ancora, perché mi hanno dato degli spunti di risposta.
La puntata inizia con una domanda ben precisa di Umberto sul perché nei primi 10 anni post unitari s’è assistito alla chiusura delle scuole nell’ex Regno delle Due Sicilie divenuto dopo il 17 marzo 1861 una colonia di una subnazione, ma tutti e tre gli ospiti hanno pensato di rispondere altro, forse perché erano troppi concentrati su se stessi, parlando delle differenze tra la scuola napolitana e quella italiana che era quella imposta dai savoia.
Prima di rispondere, secondo il mio modesto parere, alle esternazioni degli illustri ospiti voglio dare una mia risposta alla domanda di Umberto cercando di andare oltre alle diverse forme di finanziamento date alle diverse scuole e che con il neonato Regno d’Italia (l’Italia Peninsulare perse dopo 8 secoli di storia lo status di Stato e dopo 136 anni aveva visto sparire la nazione napolitana, “ITALICAM LIBERTATEM FUNDAVERIT“) l’ex nazione napolitana fu devastata da una guerra che iniziata come “di liberazione” si consolidò come guerra civile e terminò come fenomeno delinquenziale con un bagno di sangue che mai era stato visto prima nei nostri territori se non nelle guerre tra la lega italica contro i Romani e nelle invasioni barbariche postimpero.
Ci fu una feroce dittatura del neonato Stato d’Italia nei confronti delle popolazioni napolitane come di seguito ci ricorda il Prof. Emerito Domenico Scafoglio dell’Università di Salerno
Furono impegnati piu di 120 mila uomini dell’esercito, piu le varie guardie nazionali affiancate da truppe mercenarie pagati dagli stessi savoia e dai molti liberali a cui interessava solo difendere la propria “robba” e ad accrescerla attraverso l’accaparramento delle terre demaniali e della chiesa. Ci fu la famigerata legge Pica che tanti danni fece e che continua, con aspetti diversi, ad essere la colonna portante della giustizia italiana, vi invito a leggere il testo “La legge Pica” di Gaetano Marabello.
A questo punto come si puo pensare che in una situazione ambientale del genere, quella vista negli anni 90 nella disgregazione dell’ex Jugoslavia forse ci si puo avvicinare, si potesse riorganizzare la scuole nei territori napolitani, certamente in altri che erano stati più tranquilli qualcosa si cominciava a fare e certamente il nuovo legislatore di leggi ne ha scritte tante ma come accade oggi in Italia dove c’è una media di 200.000 leggi contro una media europea di 12.000, in poche vennero applicate come dovevano quindi mai conseguenti alla premessa.
C’è un altro aspetto che bisogna considerare che certamente gli ospiti non conoscono, tranne l’amico Ennio, e che con l’Unità d’Italia oltre alla fame e alla disperazione nasce un fenomeno agghiacciante e raccapricciante che arriverà fin al 1920 ed è la “tratta dei Fanciulli” che non interesserà solo il nostro ex Regno, la terra di lavoro e il molise furono i territori piu colpiti, ma anche altre regioni d’italia compresa la “civile” Toscana.
Le famiglie in preda alla disperazione e alla povertà più assoluta mai conosciuta prima in quelle forme prima dell’Unità speravano di racimolare qualche spicciolo affittando i propri figli più piccoli a persone, rivelatisi poi mercanti di schiavi, che li mandavano a lavorare nelle vetrerie francesi realizzando lauti guadagni come oggi succede con i bambini che lavorano abbigliamenti sportivi.
Vi invito a leggere di seguito due articoli che abbiamo pubblicato
e ad ascoltare le poche parole che Fernando Riccardi dedicate alla nostra amata Regina Maria Sofia che cercava di assisteri i disgraziati bambini in quel di Parigi.
Voglio ora rispondere alle risposte che hanno dato gli ospiti in studio sulla scuola e le differenze tra i due periodi storici, faccio mia quella data da Ennio Apuzzo che anche se fuori tema ha dato quella scientificamente più valida e non conformista, non partendo dai numeri, pure i bambini delle elementari sanno che negli archivi ci sono dati molto discutibili a cominciare, come ci ricorda spesso Pino Aprile, dal dato statistico post unitario in cui la regione sardegna fu annessa all’ex nazione napolitana spostando il dato statistico decisamente in un verso, e dal tasso di analfabetizzazione complessivo che non voglio commentare fino a quando la ricerca avrà fatto il suo dovere oggettivo.
Pubblico, altresì, il seguente documento sul Regno delle Sicilie preso dal portaledelsud.org.
Voglio invece parlare dei due diversi modi di insegnare e sul metodo scolastico dei due mondi, quello Savoiardo e quello Napolitano che sono anche differenti civiltà partendo proprio dalla seguente frase presa dal web
“Le Leggi Casati e Coppino: lotta all’analfabetismo e formazione dei cittadini italiani”
Come si puo notare il concetto e tipicamente Giacobino con la scusa di alfabetizzare le masse si vuole formare il cittadino italiano, bisogna formare l’uomo nuovo e bisogna cancellare il passato. Imposizione del Pensiero Unico tipico di tutti le strutture totalitarie.
Nel Regno, viceversa, c’era una formazione scolastica che si basava sulla logica e sulla dialettica di ispirazione Tomista, lo studente doveva ragionare su i concetti doveva imparare ad utilizzare il libero arbitrio attraverso il suddetto metodo di studio.
Gli studi era molto formativi ma duri e si basavano sul classicismo, quindi sul greco e sul latino a cui venivano affiancate le materie di studio come le arti e la matematica e dopo l’avvento delle prime forme di industrializzazione del XVIII, ci fu anche l’inserimento di materie legate al mestiere dei campi e artigiane. Come in tutti i luoghi d’Europa la scuola non aveva un alto tasso di frequentazione perché sia la società contadina che la nascente società industriale avevano bisogno di braccia per lavorare e sfamare la famiglia, ricordo che fino a qualche decennio fa i bisogni primari erano quelli più importanti e non semplici da soddisfare, ma era prassi consolidata che quando in una famiglia veniva individuato un talento speciale per gli studi, di solito era il prete che se ne accorgeva, con il consenso stesso della famiglia il giovine veniva prelevato e mandato a studiare presso collegi o istituti qualificati.
Nel Regno c’era una caratteristica particolare che mai nessun Re ha pensato di cancellare, per questo motivo i Re Napoletani sono sempre stati una cosa diversa rispetto ad altri perché prima dovevano essere dei sudditi del popolo e poi il contrario, è ed quello dell’accoglienza che non si limitava al sostentamento delle popolazioni immigrate, ricordo che noi l’emigrazione l’abbiamo conosciuta con l’unità e mai prima, ma al rispetto delle loro culture e delle loro identità che alla fine nei tempi e nei modi giusti arricchivano e si arrichivano con quelle presenti già.
Questo modo di fare tipicamente napolitano si trasferiva anche nella scuola infatti nel Regno c’erano scuole di varie etinie, un esempio per tutti i famosi collegi greco albanesi in calabria come gli istituti molisani ed abruzzesi dove c’erano comunità croate ed albanesi. In tutti gli istituti si pagava una retta annuale che non veniva richiesta a chi proveniva da famiglie meno agiate attraverso borse di studio di merito, per esempio nei collegi calabresi si pagavano 10 ducati l’anno ma i più bravi non pagano nulla ma.
Vorrei ricordare che il tasso d’istruzione era in linea con gli altri luoghi d’Italia, non è un punto in più o in meno che fa la differenza, ma il livello culturale medio dei napolitani, non voglio qui spiegare le differenze tra intelligenza ed intellettualità teorizzata da Gramsci, era il più alto non soltanto perché era basato sugli studi classici ma anche perché tutti i sudditi avevano una conoscenza musicale unica non riscontrabile in altre nazioni, fino a qualche tempo fa la musica insieme alla filosofia e alla matematica erano sul piedistallo della cultura.
Prima di invitarvi a vedere una bellissima lezione del Prof. Fioravanti sulla scuola nel Regno vi invito ad approfondire i lavori fatti sulla scuola dell’alta terra di lavoro del M.so Ottavio Cicchinelli scientificamente eccellente ed intellettualmente onesto che vi lascerà di stucco.
Qualcuno di voi, se ne è capace, può spiegarmi perché la scuola di oggi è ridotta in queste condizioni nonostante i famosi Progressisti la controllano da decenni?, è sempre colpa dei Borbone?
Dopo l’articolo di Fioravanti ci sarà un breve video che vede come protagonisti due “ardenti neoborbonici”, Eugenio Scalfari ed Umberto Eco e il dibattito completo.
https://www.altaterradilavoro.com/la-scuola-nel-regno-dei-borbone-di-giuseppe-fioravanti/
sul nostro blog di articoli sulle scuole nel Regno ce ne sono tanti come di seguito riportiamo
https://www.altaterradilavoro.com/?s=scuole
Claudio Saltarelli