Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Ancora sulla Eleonora de Fonseca Pimentel

Posted by on Ott 25, 2019

Ancora sulla Eleonora de Fonseca Pimentel

Riprendendo il discorso sulla de Fonseca, vorrei partire da un’affermazione fatta dalla Urgnani – estimatrice della marchesa – nell’introduzione del suo libro. L’autrice, muovendosi sempre nell’alveo della consolidata tradizione storiografica scritta prima dai giacobini e poi dai loro eredi spirituali, definisce il lavoro dei revisionisti “ambigue riletture” tendenti “a stravolgere il senso di quel passato che ha portato all’unità d’Italia”. Già l’uso dell’aggettivo “ambigue ” per definire le ricerche degli storici revisionisti può dare un’idea di come verranno affrontati e discussi sia il personaggio de Fonseca che il suo contributo alle vicende ed alla situazione storica e socio – politica di quella che diverrà, di nome e di fatto, Repubblica Italiana. Dato il taglio dell’opera, la sua pubblicazione non poteva non essere sponsorizzata che dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a cui va la riconoscenza dell’autrice, e “in particolare, a Gerardo Marotta, che stanziando una modesta ma significativa somma a titolo di borsa di studio, hanno permesso di portare a temine questo progetto, al quale altre fonti avevano già negato il necessario supporto istituzionale” . A riprova di come vengano rigorosamente seguite le direttive impartite agli storici allineati, salta subito agli occhi il ricorso ad una comune terminologia per definire lo stesso argomento. Nel 1998, infatti, la Urgnani , per l’azione di revisione, ricorse al verbo “stravolgere”, e la Presidente della Società Napoletana di Storia Patria, dottoressa Renata De Lorenzo , nel 1999, adopera proprio lo stesso verbo in occasione dell’ annunciata rimozione del busto di Cialdini dalla Camera di Commercio di Napoli: << … La Società Napoletana di Storia Patria, cui competono anche i pareri sulla toponomastica, si esprime contro una visione del passato che stravolge gli spazi e il loro portato simbolico …>> . Questa visione revisionista del passato che “stravolgerebbe” il portato simbolico si permette di ravvisare in Cialdini un criminale di guerra mentre, secondo la visione della storiografia di regime, essendo gli eccidi di Pontelandolfo e Casalduni solo “presunti” (sic), la responsabilità di Cialdini sarebbe tutta da dimostrare. Ma ritorniamo adesso al personaggio de Fonseca per vedere quale contributo essa ha potuto apportare o ha apportato alla storia ed alla situazione socio – politica dell’Italia. Ovviamente, parlando di “contributo” (derivante da cum + tribuere), non ci si può esimere dal prendere in considerazione il significato del termine, il quale sta a indicare la partecipazione di una persona, con opere, consigli o danaro, per rendere realizzabile un’idea o un’impresa. Della Pimentel analizziamo, quindi, gli eventuali influssi che la sua opera di letterata prima e di giornalista poi hanno avuto sugli avvenimenti di fine ‘700 nel Regno delle Due Sicilie. A seguito di una serie di disavventure personali, tra cui un matrimonio mal riuscito, che fu per la nostra non causa di gioia e felicità, quanto piuttosto di dolori e di tragedie (come la morte di un figlio, a seguito di un aborto generato presumibilmente dai maltrattamenti del marito), la “tirannica”, “oscurantista” e “retrograda” Corte borbonica le offrì non solo un impiego retribuito come curatrice della biblioteca della regina, ma anche un sussidio mensile, in considerazione del suo stato di indigenza seguito al fallimento del matrimonio ed alle spese del lungo processo di separazione intentato dal padre. Per opportuna conoscenza, l’assegno concessole in data 6 agosto 1785 non le fu sospeso neanche quando perdette il posto di curatrice della biblioteca della regina né perdette l’altro assegno, quando, sospettata di tramare contro la Corte, fu rinchiusa nelle carceri della Vicaria, come attestato dalla stessa Urgnani . Questo per dimostrare quanto “insensibili” e “tirannici” fossero i Borbone! Nel periodo della frequentazione degli ambienti di corte, fra la “poetessa arcade” e i sovrani fu un ininterrotto idillio costellato da una lunga serie di sonetti, cantate e poemi in ottave per celebrare, da buona cortigiana, tutto quello che riguardava i sovrani, il loro modo di vivere, il loro rapporto con il popolo, il loro modo di governare, ecc. Fermiamoci qui per il momento e facciamo alcune considerazioni. Dal 1760, anno del trasferimento a Napoli, al 1799, chi era la “vera” de Fonseca : la poetessa di corte o quella del sonetto “Rediviva Poppea “? In entrambi i casi, a parte l’indiscutibile bagaglio culturale di cui la de Fonseca era portatrice, ci troveremo di fronte ad un soggetto la cui grandezza storica ha molti punti in comune con quella dell’”eroe dei due mondi”, del “re gentiluomo”, del “grande statista”, ecc. ai quali è stato assegnato un posto di rilievo nei libri di storia ed un’eco imperitura nella memoria collettiva. Se infatti i sentimenti e lo spirito con cui sono stati composti i numerosissimi versi scritti, come detto, per tutte le occasioni relative ai sovrani sono quelli della de Fonseca di “ Rediviva Poppea ”, ci troviamo di fronte ad una persona fondamentalmente ipocrita e falsa e quindi senza alcun titolo per poter aspirare ad essere inserita nel “Pantheon dei martiri” o nell’Albo d’oro degli eroi. Se invece, a parte le iperboli proprie della poesia encomiastica, i sentimenti espressi sono veri, allora ci troviamo di fronte ad una persona ingrata e incoerente per la quale un sovrano che le ha permesso di condurre una vita all’altezza del suo rango, prima è “Legislator dei Popoli suggetti” e “di Regal genio acceso”, “Vindice … e difensor del giusto”,e subito dopo diventa “imbecille tiranno”. Anche in questo secondo caso l’ ingratitudine e l’incoerenza non costituiscono, certo, titoli di merito, specialmente se , del personaggio, vogliamo analizzare l’aspetto giornalistico e i suoi eventuali influssi politici, in considerazione del ruolo di “opinion maker” connesso all’attività divulgativa esercitata attraverso un organo di stampa. Da quanto sappiamo dal Sacchinelli , proprio nella sua veste di maggiore responsabile del Monitore, la de Fonseca non brillò di coerenza, e, pur di non far affievolire o addirittura estinguere nell’animo dei colleghi repubblicani lo spirito rivoluzionario, inventava notizie di sana pianta, notizie che puntigliosamente il Sacchinelli si prende la briga di contestare, come quella relativa allo sbarco dei russi a Manfredonia, fatti diventare servi di pena vestiti con divise dell’esercito russo(pag. 199 par. 124 op. cit.), notizia smentita sul campo, quando – a proposito della battaglia di Resina – “… Allora gli uffiziali Russi ordinarono la carica alla baionetta, e lo stesso a loro imitazione fecero gli uffiziali di de Sectis; ma il conflitto finì prima di cominciare, perché i soldati del vecchio Regio esercito, che erano coi repubblicani, vedendo gli antichi loro compagni d’armi e i veri soldati russi e non già forzati, come aveva pubblicato il Monitore della Pimentel, posarono i fucili a terra e si dichiararono prigionieri”.(Ib. Pag. 227) Queste sono le persone che una storiografia ormai incallita si ostina a presentare come “eroi” e “martiri”, ricorrendo anche ad una prosa ricercata come un abito su misura, che definisce “aristocratiche patriote” le “donne di testa”, amiche dei salotti culturali, ancorché vestite da uomo, con i capelli corti e la camicia “alla ghigliottina”, mentre le donne dei “briganti” verranno spregevolmente definite dagli epigoni “drude”, come se non avessero combattuto anch’esse per riprendersi terre, averi, tradizioni, cultura e memoria proditoriamente sottratti.

Castrese Lucio Schiano

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LE DUE SICILIE – Borbone

Posted by on Apr 19, 2024

LE DUE SICILIE – Borbone

Dinastia sorta ne 1279, dal matrimonio tra Roberto di Clermont, sesto figlio di Luigi IX il santo,
e Beatrice di Borgogna-Dampierre, titolare del feudo di Bourbon-l’Archambault, portato in dote,
che vale al figlio della coppia il titolo ducale concesso da Re Carlo IV nel 1327.
La discendenza da Luigi IX ne determina l’appartenenza all’antica dinastia dei Capetigni.
Erede del trono di Francia, nel 1589, per estinzione degli altri rami.
Diversi rami della famiglia si stabilirono poi sui troni stranieri, a partire dal XVIII secolo.
I Borbone di Napoli – o delle Due Sicilie – è una delle diramazioni italiane della dinastia.

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“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” A CASSINO, UN LIBRO DI STORIA EPICA

Posted by on Mar 9, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” A CASSINO, UN LIBRO DI STORIA EPICA

Il 3 marzo 2024 s’è vissuta in quel di Cassino presso l’Aula Pacis, una giornata memorabile che è andata al di là di qualsiasi più rosea aspettativa per il successo di pubblico, per il consenso umanine e assoluto della critica e per l’impeccabile esibizione di tutti gli artisti che grazie al loro attento e scrupoloso impegno, hanno messo in scena lo spettacolo Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro come mai è accaduto prima. Lo scopo di poter divulgare la storia poco conosciuta che riguarda la Terra di Lavoro e del Regno di Napoli che poggia sul piedistallo dell’identità, utilizzando la recitazione, la musica, il canto e i balli popolari, è sempre stato lo scopo principale della rappresentazione teatrale ottenendo sempre ottimi risultati facendolo definire, ovunque è andato in scena, uno spettacolo colto e non dialettale, come più volte affermato. Con la novità del “Brigante Narratore” abbiamo preso per mano il pubblico per accompagnarlo nel viaggio storico che parte da Fra Diavolo e finisce alla Prima Guerra Mondiale senza fargli perdere la bussola o l’orientamento, dandogli la sensazione di leggere un piccolo saggio storico che grazie alla bravura di tutti gli artisti non risulta mai ostico ma piacevole da seguire. A Cassino la gente è stata attentissima dall’inizio alla fine e in tanti hanno chiesto se i fatti narrati sono documentati e realmente accaduti rimanendo sorpresi e accettati anche se con difficoltà, a questo punto cerco di spiegare i vari passaggi e perchè sono collocati in un certo modo.

Lo spettacolo inizia con l’assolo di zampogna per accogliere i presenti con il suono sacro di uno degli strumenti più carattestici della Terra di Lavoro e certamente quello principe nella zona alta della provincia più antica d’Europa, che anticipa la poesia di Pasolini “Terra di Lavoro” che oltre ad essere sublime, è importante per far comprendere che gli abitanti laborini non sono dei perdenti ma solo degli sconfitti. Si prosegue con gli eventi del 1799 mettendo a confronto l’eroismo e il mito di Fra Diavolo con la figura poco edificante di Eleonora Pimentel Fonseca che nella breve prosa da lei stessa scritta, appare per quello che realmente è stata: una reggicida, una femminicida, un’ infanticida, una liberticita, una napolicida e forse anche misogena mettendo con le spalle al muro i “briganti se more” che giocano a fare i briganti pur essendo degli ammiratori della Repubblica Napoletana ignorando che gli insorgenti postunitari si ispiravano ai loro nonni del 1799, non si può essere figli di due mamme. Il viaggio continua addentrandoci nel decennio di invasione francese cantando le gesta di Pit Panetta da Agnone, oggi Villa Latina, e discepolo di Fra Diavolo, dove la neonata borghesia italiana, che scaldò i muscoli dieci anni prima, certifica ufficialmente la sua reale natura che è quella dell’attaccamento “alla robba” con le vicende, poche narrate per non esercitare lesa maestà alla repubblica madre che è quella francese, dei briganti insorgenti che per il loro eroismo subirono opere di macellaria da parte di Giuseppe Bonaparte, di Murat e dal suo fedele Manhes che appiccava le teste dei nostri illustri antenati sui pali non lesinando crudeltà e ferocia nella repressione delle insorgenze disseminate in tutte il Regno.

Tralasciando i danni arrecati dalle Massonerie, il periodo della carboneria e i moti del “48”, facciamo un balzo di 40 anni narrando quattro fasi importanti che si legano di tra loro e fondamentali per il passaggio da un’epoca all’altra con protagonisti importanti che, citandoli, in pochi minuti ci fanno capire la causa che genera l’effetto che è la guerra postunitaria; morte di Ferdinando II, proclama di Francesco II fatto a Gaeta ai suoi sudditi che annuncia la fine della patria napolitana, esaltazione dell’ultima Regina di Napoli, Maria Sofia ed eroina di Gaeta e perchè s’è saliti sulle montagne per diventare briganti. Senza queste fondamentali letture la narrazione si spegnerebbe e si svuoterebbe di tutto il suo intento, come ben sa chi legge saggi storici, e lo spettacolo diventerebbe soltanto un “appiccicare” le varie esibizioni che vanno in competizione tra di loro.

Dopo questo passaggio si passa al neonato Regno d’Italia e si cominciano a narrare le storie di briganti e brigantesse più o meno conosciuti, che hanno scritto pagine epiche della resistenza napolitana compresa la testimonianza di chi è riuscito a sopravvivere alla morte.

Si passa a Matilde Serao, nata a Napoli ma di origine laborina per l’esattezza di Vernaroli, che grazie al suo necrologio su Francesco II, comprendiamo che con la sua morte muore un Regno dopo quasi otto secoli di vita portandosi dietro un mondo che non tornerà più e per dare spazio ad un altro che esordisce con l’emigrazione che le nostre terre non avevano mai conosciuto prima e la tragedia della tratta dei fanciulli citando, altresì, le vicende dei fasci siciliani e delle cannonate di Bava Beccaris dove il giacobinismo, vestito da liberale, dimostra tutta la sua miseria, il suo positivismo e razzismo alimentato dalle teorie lombrosiane. Si arriva tutto di un fiato alla prima guerra mondiale, considerata la IV guerra di Indipendenza e dove nasce realmente l’Italia fondata sul mito del soldato italiano, dove morirono 700 mila giovani di cui i 3/4 erano napolitani e dove l’unica nota felice è ancora una volta quella di S.A.R. Maria Sofia ultima Regina di Napoli che porta il suo conforto ai suoi antichi sudditi prigionieri di guerra.

Il libro si chiude con l’analisi di Milan Kundera e l’appello di Jacques Crétineau-Joly per far comprendere il senso del viaggio e la genesi del mondo che oggi viviamo in occidente, e con “Il canto dei Sanfedisti“, in Terra di Lavoro c’erano nuclei molto importanti e numerosi che si riconoscevano nel sanfedismo, che è un manifesto politico del popolo unico e irripetibile che purtroppo è sempre più attuale.

Tutte le musiche, i canti e le ballate sono rigorosamente identitarie che rispecchiano i luoghi dove hanno agito gli insorgenti, come le varie sfumature della lingua laborina utilizzate nelle recitazione e nei suddetti canti che rafforzano il senso antropologico dello spettacolo. Tra i canti ce ne sono alcuni poco conosciuti che cantano le gesta di Briganti Insorgenti in Terra di Lavoro che sono molto conosciuti tra gli addetti ai lavori e non solo.

Questo modo di narrare la storia ogni volta che è andato in scena, è stato sempre apprezzato e compreso con la massima attenzione dal pubblico accorso nonostante non sapesse cosa avrebbe visto, rimanendo sorpreso ed esterefatto, come è accaduto domenica 3 marzo 2024 a Cassino, ma al contempo soddisfatto per aver saputo leggere il “libro” che gli è stato offerto che ci fa comprendere come ha catturato l’attenzione di tutti senza nessuno escluso.

Spero di aver fatto comprendere perchè lo spettacolo, che rientra nella categoria del Teatro narrativo drammatico, ha questa forma e struttura, che ha un suo filo logico in un arco temporale ben definito e che se viene cambiato o stravolto perde la sua fluidità e linearità. Molti personaggi e fatti siamo stati costretti a non inserirli per il nostro dispiacere, ma Raimondo ed io crediamo che di più non si potesse fare e chi vorrà potrà continuare a farlo in un altro spettacolo e siamo disposti a dare una consulenza storica.

Una riflessione va fatta per gli artisti, sono quattordici, che grazie al loro impegno, attenzione e bravura hanno permesso la lettura del “libro” entrando nello spirito della storia e dei singoli personaggi facendoli propri dando la sensazione di rappresentare se stessi soddisfando al massimo le aspettative che Raimondo ed io avevamo.

Ultima riflessione fa fatta sulla Terra di Lavoro che ci ha agevolato molto il lavoro perchè nessuna provincia al mondo ha un’identità antropologica così composita frutto della multietnicità che s’è sviluppata nel corso di 3000 di storia con la mescolanza delle genti del mare e delle montagne facilitato dalla posizione geografica che la pone al centro del Mediterraneo. Nessuna altra provincia ha, altresì, culture, arti, filosofie e teologie cosi variegate, Napoli è fuori concorso, da cui attingere per sviluppare nuove entità che ci permette di creare cultura dal basso senza scimmiottarne altre o farcene calare dall’alto, basta pensare che esistono cinque stili di musica popolare quali tarantella, ballarella, saltarello, tammurriata da ballo e da ascolto, farcendoci guidare, nella stesura dello spettacolo, da questa enorme ricchezza. Nel chiudere vi annuncio che a breve pubblicheremo su i nostri canali lo spettacolo integralmente

Claudio Saltarelli

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Anno 1799, la rivolta dei Lazzari

Posted by on Gen 13, 2024

Anno 1799, la rivolta dei Lazzari

La Repubblica Napoletana del 1799, ufficialmente Repubblica Napolitana, chiamata a volte impropriamente anche Repubblica Partenopea, fu una repubblica proclamata a Napoli nel 1799 ed esistita per alcuni mesi sull’onda della prima campagna d’Italia (1796-1797) delle truppe della prima repubblica
Il contesto storico e la nascita della Repubblica.

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FRIEDERICH MÜNTER NEI REGNI DI NAPOLI E DI SICILIA

Posted by on Gen 11, 2024

FRIEDERICH MÜNTER NEI REGNI DI NAPOLI E DI SICILIA

Nel mio precedente articolo “Una piramide nel cimitero – le memorie dell’ing. Filippo Giordano” ho parlato della “spedizione” del teologo luterano Friederich Münter nei Regni di Napoli e di Sicilia negli anni 1785-1786. Ho accennato anche alla sua appartenenza alla setta degli “Illuminati di Baviera”, dove militava con il nome di “Syrianus”.

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